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Dalla
Luna alla Terra
di Carlo Bertani
Cari
lettori, vi saluto dalla località di villeggiatura che ho scelto per le
vacanze. Quest’anno, per festeggiare la nascita del mio 38° criceto,
ho deciso di farla un po’ “grossa” e mi sono detto: ma sì, crepi
l’avarizia, e sono andato sulla Luna.
Come? Mi sono rivolto ai discendenti del barone di Munchausen, che hanno
organizzato tutto: comodo viaggio in dirigibile, orbita panoramica sul
satellite prima della discesa, infine la confortevole sistemazione in
camera singola con vista sulla Terra.
Da qui, ieri, ho osservato –
grazie al potente telescopio della struttura turistica – la grandiosa
manifestazione chiamata “NoCav”, con annesso audio ed effetti
speciali.
Devo confessare che la cosa, vista con il sottofondo degli spazi
siderali, più di tanto non mi ha stupito: ho ammirato l’eloquenza e
la fine satira di Travaglio, il “grido di dolore” di Moni Ovadia, le
esternazioni un po’ “osé” della Guzzanti e la constatazione –
ovvia – di Grillo, che Pertini non avrebbe mai firmato quell’atto.
Eh, lo credo bene che “U Sciandru” non l’avrebbe mai fatto: quando
abitavo a Stella (SV, paese natale di Pertini), ricordo che Pertini non
si recava nemmeno per un semplice saluto nella Federazione del PSI
dell’epoca, a Savona. Perché?
Poiché sapeva che – a riceverlo – ci sarebbe stato un certo Alberto
Teardo, tessera P2 in tasca, e “U Sciandru” non amava le società
segrete. Soprattutto quella. “U Sciandru”, nonostante le spesse
lenti, sapeva ben distinguere chi lavorava per
Se, invece, Napolitano accetta di firmare un decreto per salvare da un
giusto processo un altro piduista incallito, sta dall’altra parte
della barricata. Almeno, così si vedono le cose dalla Luna.
Il
resto non l’ho visto perché era ora di cena e qui, sulla Luna, si è
molto attenti all’etichetta. Mi hanno riferito che Di Pietro ha
ricordato
Oggi, invece, dopo una lauta colazione, sono ritornato al telescopio
e…insomma, non riuscivo a capire…tutto lo schermo era occupato da un
colossale ditone. Sulle prime, non ho compreso, poi è giunto l’audio.
Era
sempre Di Pietro, che indicava me…cioè,
«Guardare soltanto le sbavature e non
vedere il lago di immoralità e di illegalità che all'interno delle
istituzioni commettono coloro che devono governare, vuol dire ancora una
volta guardare il dito perché si ha vergogna di guardare la luna di cui
si fa parte[1].»
A
parte l’ingombrante ditone dipietrino, la dichiarazione mi sembrava un
pochino confusa, soprattutto perché, la sera stessa della
manifestazione, Di Pietro aveva detto:
«Italia dei Valori e io personalmente ci dissociamo del tutto,
considerandole fuori luogo e fuori tema nello spirito e nel significato,
dalle polemiche ingiustificate con il Papa. Quando il diavolo entra in
azione, bisogna prendersela con il diavolo e non con il Papa. Confermo
il doveroso rispetto di tutti noi per il Papa, per il presidente della
Repubblica e per coloro che hanno un modo differente dal nostro di fare
opposizione[2]».
Infine,
Di Pietro sembra decidere (con un occhio attento ai sondaggi
d’opinione):
“Noi gridiamo ad alta voce: non mi
dissocio. Lo grido io in via personale e poi come responsabile
dell'Italia dei Valori, dalla manifestazione di ieri, non mi dissocio
dal senso vero delle parole di Grillo, da quelle di Travaglio. Non mi
dissocio dalle parole delle persone di piazza Navona[3]".
Allora…mumble,
mumble…con il Papa o contro il Papa? Con Napolitano o con Pertini? Di
Pietro decida, e non per mera convenienza politica dell’ultima ora.
Fare politica con l’occhio attento ai sondaggi elettorali, genera la
pessima prassi denominata “politica reattiva”, ossia azzerare ogni
forma d’elaborazione per seguire le semplici richieste degli elettori.
Agli antipodi di questo percorso stanno, da una parte, Winston Churchill
– “sangue e lacrime, ma sconfiggeremo Hitler” – e dall’altra i
Taliban: la gente esulta se impicchiamo qualcuno con i carri-attrezzi? E
impicchiamoli…
La politica reattiva è la rinuncia a qualsiasi elaborazione politica
autonoma: è il puro cedimento ai desideri della piazza. Qualsiasi
piazza.
Può
affermare, Di Pietro, che il Papa e le gerarchie vaticane siano candide
come agnellini ed incolpevoli di tutte le nefandezze italiane? Vada a
rileggersi le molte pagine che parlano dello IOR, di mons. Marcinkus,
Roberto Calvi, Michele Sindona, il Banco Ambrosiano e, dulcis in fundo,
Licio Gelli.
Se ancora non basta, chieda a qualcuno del suo staff d’erudirlo su chi
fu Bernardino Nogara, che trattò – come presidente dello IOR – con
tutti: dai nazisti ai Rothschild, dagli ustascia croati alla Chase
Manhattan Bank. Gli italiani devono sapere cosa si è nascosto e si
nasconde dietro ai paramenti delle finanze vaticane: che ne dice,
Antonio? Facciamo ancora una volta una genuflessione? Oppure scegliamo
una parte e non ci voltiamo più dall’altra?
Non dimentichiamo che il buon Antonio – oggi sulla cresta dell’onda,
mentre cerca di cavalcare meriti non suoi – fino a qualche mese fa
sedeva su una poltrona ministeriale, dalla quale – ovviamente, per
puro caso – si guardò bene dal liquidare la società “Ponte sullo
Stretto”, creata a suo tempo da Berlusconi, che tuttora ringrazia per
il gentil regalo. Così, il Cavaliere – impalato metaforicamente a
Piazza Navona – potrà tranquillamente regalare ai suoi amici (leggi:
Lunardi) miliardi di euro per la costruzione di un inutile ponte, che
saranno pagati da noi, dai nostri figli e nipoti. Grazie, Antonio.
Non
vorrei che questa mia fosse considerata un attacco senza ragione a Di
Pietro. Purtroppo, conosciamo da decenni la tecnica che prevede – a
sinistra di una formazione riformista – quella più “radicale”
Insomma, PDS e Rifondazione.
La tecnica è nota. Serve ad acchiappare gli scontenti del partito
riformista affinché non “si perdano”, per ricondurli nell’alveo
dove tutti i politici di questo Parlamento finiscono per essere
conniventi. Non ci credete?
Proponiamo
a Di Pietro di presentare tre leggi:
Già che abbiamo scomodato il
Cavaliere, riflettiamo sulla sua risposta al “NoCav day”:
“Preferisco il clima del G8 ed occuparmi dei fatti”.
Ora,
sul “clima” del G8 sarebbe stato meglio sorvolare, vista la brutta
figura rimediata dopo le dichiarazioni statunitensi sull’Italia,
contenute nel “kit” consegnato alla stampa con tanto di cartellina
ufficiale dell'Amministrazione di Washington:
«…un uomo d'affari con massicce proprietà e grande influenza nei
media internazionali…è stato uno dei più controversi leader nella
storia di un paese conosciuto per corruzione governativa e vizio.»
Mica
male, dall’amico Bush per il quale stiamo rivoluzionando le regole
d’ingaggio in Afghanistan e, sotto mentite spoglie (“consiglieri”,
“addestratori”, ecc), il governo sta studiando come far tornare i
nostri soldati in Iraq. Balle?
Qui, sulla Luna, abbiamo a disposizione l’ADSL a 7 Gbyte il secondo:
provvede a tutto Telecom-Luna.
Grazie alla potenza della linea, sono andato a cercare i decreti legge
approvati dal Governo nei famosi “15 minuti”. Intercettazioni
telefoniche? Leggi ad personam? No: leggi “ad personas”, ovvero
dirette a noi, che ci balocchiamo con le boutade del Cavaliere – che
già conosciamo – con l’insipienza di Veltroni – per la quale non
è nemmeno necessario sprecare una parola – e con le
“intemperanze” dell’eroe del giorno, ovvero Antonio di Pietro.
Non
è cambiato niente nelle nostre missioni all’estero?
Guarda a caso, abbiamo già due feriti in zona d’operazione: è andata
bene perché – come recita il proverbio – “meglio due feriti che
un morto”. Non possiamo, però, sperare che vada sempre bene se
mandiamo i nostri soldati a dare la caccia ai Taliban sulle montagne
afgane. I russi ne sanno qualcosa.
E
chi paga? Carissimi: noi. Difatti:
Dove
prendere i 90 milioni per inviare più carne da macello a disposizione
di Bush?
Il decreto n. 112 è una vera e propria “miniera” di
“soluzioni”. Ad esempio (uno fra i tanti…):
Art.
71. Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle
pubbliche amministrazioni
1. Per i periodi di assenza per
malattia, di qualunque durata, ai dipendenti delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, nei primi dieci giorni di assenza e' corrisposto
il trattamento economico fondamentale con esclusione di ogni indennità
o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e
continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio…I risparmi
derivanti dall'applicazione del presente comma costituiscono economie di
bilancio per le amministrazioni dello Stato e concorrono per gli enti
diversi dalle amministrazioni statali al miglioramento dei saldi di
bilancio. Tali somme non possono essere utilizzate per incrementare i
fondi per la contrattazione integrativa.
Dopo
aver sbandierato l’importanza della contrattazione integrativa, si
rimangiano tutto e taglieggiano i malati “di qualunque durata” per
far cassa! L’essere malati, per lor signori, significa essere subito
accolti nelle strutture sanitarie riservate che hanno alla Camera ed al
Senato. Se non basta, godono di convenzioni ridicole (non per noi che le
paghiamo…) nelle più esclusive cliniche private.
Per noi – i paria del settore pubblico – non basta pagare ormai
tutto, i ticket e quant’altro, non è sufficiente sperare di trovare
qualcuno che ti curi sul serio, no: dobbiamo anche essere privati di
parti di salario per partecipare al “miglioramento
dei saldi di bilancio”!
A
parte l’evidente incostituzionalità di questo articolo – perché
solo i dipendenti pubblici? I quali, è bene ricordarlo, non hanno tassi
d’assenteismo molto diversi dai dipendenti privati[5]
– c’è qualcosa che indigna e sconcerta allo stesso tempo. Che
dovrebbe allarmare tutti, pubblici e privati.
Vi siete accorti che è sparito il Ministero della Sanità/Salute?
Il Ministero è stato “accorpato” a quelli del Lavoro e del Welfare,
sotto l’attenta regia di Sacconi. Ora: qualcuno può spiegarci cosa
c’entra la gestione il lavoro con la salute?
Se consideriamo i bisogni primari delle popolazioni, nulla.
L’autentica bestemmia, contenuta in questa scelta, è quella di
considerare la salute solo come un ostacolo alla produzione: non conta
più se hai mal di denti o mal di pancia – non ce ne frega proprio
niente dei tuoi malanni – l’importante è che tu produca lo stesso,
a qualsiasi costo. E, per farti passare la voglia (sic!) d’essere
malato, ti paghiamo di meno! Questa, signori miei, si chiama solo in un
modo: trattamento da schiavo.
Non
importa se gli studi epidemiologici[6]
narrano di malattie endemiche e fastidiose che colpiscono gran parte
degli italiani – che il 27,2% fa uso quotidiano di farmaci, che
effettuano più di 15 milioni d’accertamenti diagnostici il mese, che
quasi 300.000 persone facciano ogni mese un day hospital, che quasi il
25% soffra di malattie dell’apparato scheletrico, che una famiglia su
dieci ha un disabile del quale si deve occupare, ecc – per lor signori
la cosa non ha alcuna importanza. Sentiti i banchieri e Confindustria,
hanno decretato – de facto – che la malattia non esiste e, qualora
si faccia viva, come atto demoniaco va punita privando chi è malato di
parte del salario.
Il
“bestiario” del decreto n. 112 prosegue, e ne forniamo alcuni brevi
stralci:
Art.
44. Semplificazione e riordino delle procedure di erogazione dei
contributi all'editoria
a) semplificazione della documentazione
necessaria per accedere al contributo e dei criteri di calcolo dello
stesso, assicurando comunque la prova dell'effettiva distribuzione e
messa in vendita della testata, nonché l'adeguata valorizzazione
dell'occupazione professionale;
b) semplificazione delle fasi del procedimento di erogazione, che
garantisca, anche attraverso il ricorso a procedure informatizzate, che
il contributo sia effettivamente erogato entro e non oltre l'anno
successivo a quello di riferimento.
Non
bastava la vergognosa legge che mantiene con stipendi da nababbi i vari
Feltri, Ferrara, Padellaro & soci: bisogna “semplificare”, perché
i soldi arrivino loro subito! Una chicca, poi – considerando il
“basso stato” del giornalismo italiano – quel “l'adeguata
valorizzazione dell'occupazione professionale”, che suona come uno
sberleffo.
Art.
46/6. Per esigenze cui non possono
far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche
possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro
autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti
di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in
presenza dei seguenti presupposti di legittimità…
Ma…non
era stata promesso un vigoroso “taglio” alle consulenze? Leggendo il
decreto (anche nei successivi commi) sembra che non cambi nulla. Anzi.
Art.
36. Class action
1. Anche al fine di individuare e
coordinare specifici strumenti di tutela risarcitoria collettiva, anche
in forma specifica nei confronti delle pubbliche amministrazioni,
all'articolo 2, comma 447 della legge 4 dicembre 2007, n. 244, le parole
«decorsi centottanta giorni» sono sostituiti dalle seguenti: «decorso
un anno».
Così,
la legge sulla class action diventerà operativa nel 2009, quando ci sarà
stata un’altra Finanziaria di mezzo per toglierla definitivamente di
torno. I risparmiatori gabbati di Parmalat, genuflettendosi,
ringraziano.
Art.
58. Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni,
comuni ed altri enti locali
1. Per procedere al
riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di
Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera
dell'organo di Governo individua, sulla base e nei limiti della
documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli
beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali
all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di
valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il Piano delle
Alienazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione.
E
così, un’altra bella fetta del patrimonio pubblico passerà in mani
private. Di chi? Ah, saperlo…io, però, qualche idea l’avrei…dei
soliti “alienanti”?
Il
decreto n.
Uno dei vari “rebus” di questo governo riguarda le cosiddette
“competenze”, per le quali gli stessi ministri si sono divertiti a
duellare. Ad Umberto Bossi, che accusava
Ora, è evidente che non si può chiedere la competenza diretta dei
politici nei loro dicasteri: altrimenti – se sono vere le
intercettazioni citate da Sabina Guzzanti su Mara Carfagna –
Non vale neppure il paragone con Monica Lewinsky: ammettendo una parità
di prestazioni, la povera Monica è stata dimenticata, mica è diventata
ministra. Non c’è proprio giustizia.
Invece,
Mariastella Gelmini, al suo primo incontro con i sindacati svoltosi il
12 di Giugno, aveva accolto molti dei suggerimenti – almeno di metodo
– proposti dai sindacati per cercare di mettere fine all’insulso
tourbillon della scuola italiana.
Qui, ogni volta che cambia ministro, ne inventano una nuova, sempre
peggiore della precedente: ne sanno qualcosa i ragazzi che frequentano
la gran puparata dei corsi estivi di Fioroni.
I
sindacati erano rimasti sorpresi dalla disponibilità e dalla competenza
della Gelmini, al punto che il segretario della CGIL/scuola era
soddisfatto: «…apprezzando
l'approccio, la sobrietà e l'ascolto di un corpo sociale da più parti
malamente sollecitato…». Traduzione: ci possiamo capire.
Da parte sua,
Insomma, una bella fiera di buone
intenzioni. Tutti soddisfatti.
Passano
un paio di mesi, e il decreto n. 112 chiarisce chi tiene il bastone per
il manico:
Art.
64
3- il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze…
4- il Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze…
Cosa
dovranno fare “di concerto” i due ministri? Lo raccontano i commi
precedenti:
1. …a
decorrere dall'anno scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e
misure volti ad incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto
alunni/docente, da realizzare comunque entro l'anno scolastico
2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard
europei.
2. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e dei parametri
previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), in modo da conseguire, nel
triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del 17 per cento della
consistenza numerica della dotazione organica determinata per l'anno
scolastico 2007/2008…
Gli
“standard europei”, ovviamente, riguardano l’innalzamento degli
alunni per classe, non gli stipendi.
I due commi, significano la perdita – in un triennio circa – di
100.000 docenti e 43.000 ATA: una scure pesantissima, mai vista di tali
proporzioni. Il compito della povera Gelmini sarà – “di concerto”
– quella di garantire i diktat di Tremonti (e Brunetta).
E i “risparmi”? Saranno re-investiti nella scuola?
6-
…devono derivare per il bilancio
dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro
per l'anno
In
tutto, quasi 8 miliardi di euro. E cosa ne faranno?
9.
…parte delle economie di spesa
di cui al comma 6 e' destinata, nella misura del 30 per cento, ad
incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette
alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del
personale della Scuola a decorrere dall'anno 2010…
E
il restante 70%?
…saranno resi disponibili in gestione con decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca…
Ecco
da dove andranno: da Tremonti. Di concerto.
E la scuola? A cosa serve oramai? Per laureare ingegneri e mandarli a
lavorare nei call centre? Il ricorso alla cassa integrazione è
aumentato del 22% negli ultimi quattro mesi, e si teme per 300.000 posti
di lavoro nell’industria.
Giustamente, se l’industria italiana decide di estinguersi, a cosa
serve investire – come fanno in Europa – sull’istruzione? Meglio
risparmiare, così avremo quattro soldi per le “tessere” alimentari
dei pensionati. In un’ottica di guerra, non farebbe una grinza.
Ma, non c’erano roboanti promesse di risparmi?
Raggiante,
Silvio Berlusconi – il 15 Aprile 2008 – dichiarava al Sole 24 Ore:
«Dobbiamo modificare la nostra
architettura istituzionale: più poteri al premier, una sola camera
legislativa, dimezzamento dei parlamentari e anche dei consiglieri
regionali e comunali, eliminazione delle province».
Detto
fatto: il 17 giugno del 2008 è in dirittura d’arrivo il provvedimento
che sancisce la fine delle province di Torino, Milano, Venezia, Genova,
Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli. Tutte province governate dal
centro sinistra, ovviamente. La provincia di Palermo – chissà perché
– manca.
Poi, intervengono “nuovi fattori” ed il governo medita di
“rinviare” a dopo
Insomma, se non fosse vero, il decreto n. 112 sembrerebbe
un’accozzaglia d’appunti gettati lì senza ragione, senza senso,
senza nessun obiettivo. Una specie di “lista” della spesa incongrua,
che squalifica chi l’ha scritta. Non parliamo, però, sempre male dei
nostri governi: qualcosa di buono fanno.
Molto interessante, invece, il
Decreto “Provvedimenti Energia” del 30 Maggio 2008 dove, finalmente,
si liberalizza la produzione d’energia elettrica con gli
aerogeneratori. Liberi tutti. Potrete far quello che vorrete e produrre
tutta l’energia che desiderate. Rivolgersi all’ENEL.
Art.
11
3) …gli interventi di incremento
dell’efficienza energetica che prevedano l’installazione di singoli
generatori eolici con altezza complessiva non superiore a
No,
non avete letto male. Si parla proprio – in un decreto ufficiale
dell’attuale governo in carica! – di “liberalizzare” gli
aerogeneratori alti un metro e mezzo e larghi un metro! Ma, ci hanno
preso per il paese dei nanetti? Oppure la “statura” – in tutti i
sensi – del premier c’entra qualcosa? Similis
similia…mah…
Con alcune modifiche tecniche, a questo punto, ciascuno di noi che
possiede un ventilatore di buon diametro (attenti a non superare il
metro!) potrebbe diventare produttore in più modi:
Dopo
questa – che sembrerebbe una storia pazzesca raccontata dalla Luna, ed
invece è il vero testo di un Decreto Ministeriale! – devo
ritirarmi per iniziare ad organizzare il ritorno sulla Terra. Devo
tornare nel Paese dei mulini da un metro e mezzo, dei nanetti politici e
dell’energia.
C’è un dirigibile della società Munchausen in partenza per
Saturno…mo’ ci penso…
Carlo
Bertani articoli@carlobertani.it
www.carlobertani.it
http://carlobertani.blogspot.com/
[1]
[2]
Corriere della Sera, 8 Luglio 2008.
[3]
Repubblica, 9 Luglio 2008.
[4]
Fonte: Altalex.com.
[5]
11,5 giorni/anno nel settore pubblico contro 9,6 dei metalmeccanici
privati. Fonte: CGIA di Mestre su elaborazione dei dati forniti
dalla Ragioneria Generale dello Stato.
[6]
Fonte: ISTAT, Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari,
2005.