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Boom e
crisi economiche orchestrate dalle banche centrali
Pieraldo Frattini
I
problemi che gravano sull’economia mondiale si sono accumulati da
quando, con l'abolizione degli accordi di Bretton Woods del 1971, è stato sostituito il
sistema monetario basato sullo standard dell’oro in favore di quello
fondato sullo standard del dollaro. Gli Stati Uniti hanno
particolarmente beneficiato di questa operazione in quanto hanno potuto
“giocare” con carte truccate rispetto agli altri paesi potendo
distribuire dollari, prodotti a piacimento e non più in proporzione
alle loro riserve di oro, per acquistare beni dagli altri paesi. Oggi il
deficit Americano è di 60 milioni di dollari l’ora o, se preferite,
di un milione di dollari al minuto oppure di mezzo trilione di dollari
all’anno. Questa è la somma con la quale annualmente gli USA stanno
finanziando le economie del globo. Questo è anche l’incremento annuo
del debito statunitense verso i paesi esteri che coincide all’aumento
della massa monetaria globale (le riserve internazionali).
Con
lo standard aureo questa straordinario incremento globale di liquidità
sarebbe stato impossibile a causa della presenza di meccanismi di
regolazione automatici. Per esempio, se l’Inghilterra avesse avuto un
deficit commerciale persistente con
Questo
era il modo in cui, dall’inizio della formazione degli stati-nazione
fino al 1971, funzionavano gli scambi commerciali. Da questa data in poi
gli scompensi commerciali non dovettero più essere regolati in oro, ma
solo finanziati stampando titoli di debito. Di conseguenza i deficit
esplosero e con loro la più grande euforia finanziaria globale della
storia. Dal grafico soprastante si nota che fino al 1971 le riserve
internazionali sono cresciute correttamente in modo proporzionale
all’incremento del prodotto interno lordo in modo tale che
l’inflazione non costituisse una minaccia; dal 1971 la crescita delle
riserve è stata esponenziale e l’inflazione reale è diventata
incontrollabile sebbene quella ufficiale, abilmente manipolata, sia
molto bassa. Per gli USA sarebbe stato impossibile accumulare il deficit
commerciale attuale quando era in vigore lo standard aureo poiché
avrebbero esaurito le loro riserve d’oro causando una contrazione del
credito disponibile ed una inevitabile recessione. Secondo il Fondo
Monetario Internazionale il valore delle riserve auree statunitensi è
di 83,3 miliardi di dollari; nel solo 2001 il deficit commerciale con la
sola Cina era di 83 miliardi di dollari per cui, con lo standard aureo
in vigore tutto l’oro americano sarebbe andato nelle mani dei cinesi,
portando di conseguenza a zero la base monetaria americana. Grazie al
sistema attuale gli USA possono pagare i loro debiti commerciali
emettendo, al costo della stampa, strumenti di debito, per lo più
titoli di stato ed obbligazioni. Attualmente gli americani hanno un
debito netto con il resto del mondo di circa 3 trilioni di dollari,
circa il 30% del loro prodotto interno. Il problema creato
dall’aumento del debito è che i creditori ad un certo punto mettono
in dubbio la solvibilità del debitore ed iniziano a richiedere il
pagamento dei debiti. Gli stranieri possiedono oltre il 40% del debito
del Governo statunitense, quasi il 30% di quello delle aziende americane
ed oltre il 15% delle azioni quotate. I consumatori americani sono
indebitati come non è mai accaduto prima, le aziende pure; quale
settore dell’economia può pagare 500-600 miliardi di debiti ogni anno
fino a quando persiste l’attuale deficit commerciale? Gli americani
importano molto perchè il resto del mondo, grazie ad una mano d’opera
a basso costo, produce beni più economici di quelli americani.
Esiste una relazione
tra la nascita delle bolle speculative e la fine dello standard
dell’oro.
All’inizio degli anni ’80 gli USA iniziarono ad acquistare beni dai
paesi esteri in modo molto superiore di quanto facessero questi ultimi;
in questo modo le economie di questi paesi accumulando i dollari
derivanti dalle esportazioni iniziarono a crescere a ritmi sempre più
sostenuti. Le riserve in dollari del Giappone schizzarono da 3 ad 84
miliardi tra il 1968 ed il 1989, quelle della Tailandia da 2 a 38
miliardi tra il 1984 ed il 1996. In ogni paese in cui si espandevano le
riserve avveniva un “miracolo economico”, almeno per un po’ di
tempo. Queste economie esplosero per due ragioni: la prima e la più
ovvia era che le loro esportazioni procuravano alti profitti e
occupavano molti lavoratori. La seconda causa, quella responsabile del
“miracolo” e generalmente poco compresa era la seguente: quando i
paesi esportatori portavano nel loro paese i dollari, questi, entrando
nel sistema bancario aumentavano la massa monetaria circolante creando
un’esplosione di nuovo credito disponibile. In Tailandia ad esempio,
dal 1986 al 1996 la crescita annua dei prestiti fu del 30%. In una
economia chiusa ai capitali esteri tale crescita sarebbe stata
impossibile perché le banche avrebbero finito presto i soldi da
prestare e l’economia avrebbe rallentato in fretta. Grazie al flusso
inarrestabile di capitali esteri invece i prestiti divennero senza fine,
ogni impresa aveva facile accesso al credito; ciò portò ad un eccesso
di investimenti ed alla successiva crisi. L’effetto sull’economia
dell’arrivo di questi dollari era lo stesso di quello che avrebbe
procurato l’iniezione di nuova moneta nel sistema finanziario da parte
della banca centrale di quel paese, infatti i depositi entrando nel
sistema vengono poi prestati dalle banche più volte poiché ad esse
viene richiesto di tenere in cassaforte solo una frazione del credito
come riserva. E’ facile capire dunque perché nel 1990 in Tailandia si
era formata una enorme bolla speculativa sul mercato immobiliare tanto
che ogni porzione di terreno era aumentata dalle 4 alle 10 volte il suo
valore iniziale. Sorsero migliaia di nuovi edifici, le imprese di
costruzioni aumentarono i loro progetti, i profitti aziendali
schizzarono verso l’alto insieme al mercato azionario. Lo stesso
processo si ebbe in tutti i paesi che accumularono ampie riserve di
dollari: in Giappone negli anni ’80, nei paesi asiatici negli anni
’90. In Cina sta avvenendo ora.
Tutti
miracoli fondati sulla sabbia finiscono e le bolle si sgonfiano
lasciando dietro di loro due seri problemi: crisi bancarie che obbligano
i governi ad indebitarsi per saldare i creditori e un eccesso di
produzione di beni e/o insostenibili prezzi azionari. Le banche
falliscono perché la discesa dei prezzi degli assett finanziari e
quella dei beni rende impossibile il pagamento dei debiti contratti
nella fase di boom. Durante l’epoca dello standard aureo le crisi
bancarie erano inesistenti; dal 1971 invece avvengono sempre più
frequentemente. Il problema lasciato invece dall’eccesso di capacità
produttiva è la deflazione, la diminuzione cioè della massa monetaria
in circolazione. Il Giappone, Hong Kong e Taiwan stanno soffrendo questo
male. Il resto dei paesi asiatici l’ha evitato svalutando
drasticamente la moneta esportandolo all’estero. La bolla speculative
attualmente presente sui mercati americani è imputabile anch’essa
agli investimenti provenienti dall’estero. Alla fine degli anni ’90
infatti il surplus commerciale dei partner commerciali degli USA
raggiunse i 400 miliardi di dollari e, visto che questi dollari non
poterono più essere convogliati nell’acquisto di nuovi titoli di
stato americani ( in quanto gli Usa, grazie a due anni di surplus del
loro budget governativo poterono evitare di emettere nuovi debiti per
finanziare le spese) essi acquistarono obbligazioni societarie e
immobili dando il via alla nascita di una serie di bolle speculative
gigantesche: quella sul mercato immobiliare, obbligazionario ed
azionario. Non è una coincidenza il fatto che il picco massimo
raggiunto dai mercati USA nel 2000 avvenne in un momento in cui nessun
nuovo titolo di stato statunitense veniva emesso rendendo impossibile
l’assorbimento dei dollari facenti parte del surplus accumulato dai
partner commerciali degli Stati Uniti ed invece stimolando l’acquisto
sfrenato di altri strumenti di investimento. Attualmente gli americani
acquistano beni in Asia, gli asiatici usano i dollari ricevuti per
comprare azioni, obbligazioni e immobili statunitensi. E’ possibile
che questo scambio si protragga per molto tempo ancora? Gli USA non
possono aumentare i loro debiti al ritmo annuo del 5% del loro prodotto
interno lordo e neppure il governo può sostenere un deficit annuo di
500 miliardi di dollari all’infinito. La situazione può certo
protrarsi ma ad un prezzo alto: il deficit commerciale americano è il
responsabile dell’esplosione del credito a livello mondiale il quale
ha creato una serie di bolle e squilibri la cui fine sarà dolorosa ed
inevitabile. E’ solo questione di tempo prima dello scoppio di una
grave crisi. La discesa del dollaro sarà inevitabile fino a che il
deficit statunitense non raggiungerà un livello di equilibrio. Questa
correzione avrà un impatto devastante sull’economia globale perché
il motore dell’economia mondiale sono le sole esportazioni americane.
Questa crisi, causata dall’eccessiva quantità di liquidità non può
essere curata con la stessa causa che l’ha generata, cioè creando
nuova liquidità come i banchieri centrali stanno facendo. Essi hanno in
mano dal 1971 le leve del funzionamento dell’economia; possono
decidere in quale paese creare un boom in modo da arricchirsi sia
durante la fase di crescita sia durante quella delle successiva di
crisi. Questo meccanismo, tenuto abilmente sconosciuto alla gente, è la
causa di tutti i loro problemi economici.
*Pieraldo
Frattini: consulente indipendente in investimenti finanziari
Autore del sito di controinformazione finanziaria: www.demetrainvestimenti.com