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Criminali e giornalisti
Di
Udo Gümpel* - «Internazionale» nr.515, 21 novembre 2003
Alcuni ufficiali delle SS ricercati per crimini di guerra compiuti in Italia si sono rifatti una vita in Germania. Grazie anche ai media italiani.
Era
l’ultimo giorno di ottobre. Insieme con alcuni giornalisti italiani mi
trovavo di fronte al tribunale militare di La Spezia. Aspettavamo la
notizia liberatoria, e cioè che i giudici militari avrebbero processato
un tedesco di 95 anni: un ex capitano delle Ss sospettato di aver
ucciso, 59 anni prima, 12 cittadini italiani a Castelfranco Emilia e a
San Cesario sul Panaro. L’udienza dell’anziano imputato, che oggi
vive in un ospizio vicino Hannover, è durata tutta la mattina, Alla
fine si è deciso di aprire il processo. Notizia liberatoria per i
familiari delle vittime, dicevo, ma anche amara: dover attendere un
processo per 59 anni è un record mondiale.
L’accusa si basava sui documenti provenienti dal famoso «armadio
della vergogna», scoperto nel 1994 nei locali del Consiglio superiore
della magistratura. Un
armadio che fa vergogna alla giustizia ma anche ai mass media. Ed è di
questo che voglio parlare.
Dal
1944 al 1946 sono piovute le denunce su oltre duemila casi di crimini di
guerra compiuti in Italia. Non pochi dei criminali, tedeschi ma anche
italiani, sono stati indagati già all’epoca. Persino i mandati di
cattura per omicidio in molti casi erano pronti. Ma poi sono stati
lasciati cadere. Giustizia e politica avranno pure avuto le loro ragioni
(di convenienza): ma il mondo libero dell’informazione? Chi si è
interessato a quelle vicende? I procedimenti sono stati archiviati a
partire dal 1960. Tutto è molto strano. Di solito i giornalisti hanno
delle fonti all’interno della magistratura: possibile che nessuno si
sia accorto di niente? Eppure il numero dei casi sottoposti ai
magistrati era enorme. Peccato, perché a quel tempo le ricerche erano
facili: i testimoni erano quasi tutti ancora in vita, e anche i
colpevoli.
Nel 1994 viene scoperto il famoso armadio. I media cavalcano l’onda.
Grande scandalo. Approfondimenti? Pochi. Indignazione senza
approfondimenti né indagini sulle cause degli insabbiamenti. Un
reporter statunitense trova Erich Priebke, che viene processato. Poi il
clamore torna a placarsi. Eppure gli assassini, migliaia di persone
ancora in vita nel 1994, aspettano solo di essere scoperti. Come il boia
di Genova, Friedrich Engel. Per trovarlo, noi abbiamo usato l’elenco
telefonico di Amburgo. Nel 1999 viene processato a Torino. E la stampa
italiana? Pubblica la notizia e lascia Engel tranquillo a casa sua.
Torna sul caso solo a Pasqua del 2001, dopo che nella trasmissione Kontraste
della tv tedesca Ard l’abbiamo mostrato mentre zappava il
giardino. Un caso simile si ripete l’anno dopo, con Gerhard Sommer, ec
capocompagnia Ss, fra i presunti responsabili del massacro di
Sant’Anna di Stazzema, filmato mentre spala la neve nel suo giardino
di Amburgo. E con Albert Meier delle Ss, sospettato per la strage di
Marzabotto e morto alcuni mesi fa.
La soppressione del giornalista
Come abbiamo fatto? Trovare
queste persone non era certo impossibile. Gli archivi sono noti. E
allora perché i mass media italiani non hanno fatto (tranne rare
eccezioni) il loro dovere, sguinzagliando i propri giornalisti sulle
tracce delle Ss?
Quella mattina, davanti al tribunale di La Spezia, non della tv tedesca
e i colleghi italiani abbiamo riflettuto su questo interrogativo. E
abbiamo trovato presto la risposta: ormai in una normale redazione
italiana, le ricerche che richiedono più di un’ora sono vietate. Sono
antieconomiche e pericolose!
Dove può condurre tutto questo? Basta guardare la Rai: non di rado c’è
solo un cameraman che registra «l’intervista», mentre chi fa le
domande al politico di turno è il suo addetto stampa. Il giornalista è
soppresso. Insomma, prima si fa a meno delle indagini, poi si fa a meno
dei giornalisti. Nel caso dei massacratori delle Ss non si può più
rimediare: sono morti o non sono in condizione di essere processati.
Complimenti.
*
Udo Gümpel è corrispondente di N-tv e dei canali televisivi pubblici
tedeschi Wdr e Rbb.