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I
crimini NATO in Kosovo
di Antonella Randazzo per www.disinformazione.it
- 2 marzo 2007
Autrice del libro "DITTATURE: LA STORIA
OCCULTA"
Nel 1999,
Dalla fine del 1989,
I giornalisti occidentali ripetevano acriticamente le
notizie che arrivavano dalle agenzie. Il nuovo Hitler era Slobodan
Milosevic, e si doveva credere nell'umanità e nell'altruismo delle
autorità dei governi dei paesi della Nato, come fossero filantropi
disinteressati. Giornali come il Wall
Street Journal e il New York
Times scrivevano che "il regime di Milosevic stava tentando di
sradicare un intero popolo".[1]
In realtà, Milosevic, assediato dalle forze militari delle autorità
occidentali, aveva presentato due possibili piani di pace, per evitare
ulteriori distruzioni. Egli aveva comunicato che : (sebbene) "il
Parlamento serbo non avesse accettato la presenza di forze militari
straniere in Kosovo e Metohjia"[2]
intendeva discutere un accordo politico sull'autogoverno nella regione
del Kosovo. I tentativi di pace della Repubblica Federale Jugoslava
passarono sotto silenzio e venne propagandata la realtà opposta. I
giornali occidentali, come il New
York Times scrivevano: "il rifiuto di Milosevich di accettare o
addirittura discutere un piano di pace internazionale (l'accordo di
Rambouillet) è il fattore che ha fatto scattare i bombardamenti Nato
del 24 marzo".
Le autorità europee e statunitensi avevano imposto a
Milosevic i negoziati di Rambouillet, in cui si proponevano condizioni
inaccettabili, per scatenare la guerra. Si imponeva l'occupazione
militare della Nato sulla Federazione Serba. Lo stesso Henry Kissinger
dichiarò che: "Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia
di ammettere truppe Nato in tutta
Dal 24 marzo le forze aeree della Nato, comandate dagli Usa, iniziarono
a distruggere
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur)
ha dato notizia dei primi profughi recensiti fuori dal Kosovo
(quattromila) il 27 marzo, tre giorni dopo l'inizio dei bombardamenti.
Il loro numero non ha fatto che crescere fino al 4 giugno, raggiungendo
un totale valutato intorno alle 670 mila unità nei paesi confinanti
(Albania e Macedonia), a cui si aggiungono 70 mila profughi nel
Montenegro (all'interno della RFY) e 75 mila rifugiati in altri paesi.
Queste cifre, purtroppo ben note, non tengono conto delle migliaia di
persone disperse all'interno del Kosovo: due o trecento mila secondo
Per 78 giorni
I serbi subirono almeno 600 raid aerei al giorno. Il numero delle
vittime civili fu enorme. Morirono almeno 250.000 serbi e albanesi.
Si prometteva di colpire "esclusivamente obiettivi militari",
come affermavano rassicuranti il comandate in capo Nato Havier Solana e
il generale americano Wesley Clark. Ma la realtà era assai diversa.
Saranno bombardate le emittenti Tv e le centrali elettriche, oltre a
numerosi agglomerati civili.
Lo stesso presidente francese Jacques Chirac rivolgerà un messaggio
sarcastico al generale americano: "bisogna ringraziarlo (Clark) per
il fatto che sul Danubio c'è ancora un ponte integro".[5]
Le operazioni della Nato contro
Secondo Talbott, ci poteva essere uno scontro fra le truppe
russe e le forze Nato. Gli statunitensi furono molto innervositi per la
presa di controllo dei russi a Pristina, e le cose sarebbero potute
precipitare. Osserva Talbott: "Non vedo a chi avrebbe potuto
portare qualcosa di buono, con la possibile eccezione del presidente
Milosevic, che probabilmente ha riso di cuore guardando la scena da
Belgrado".[7]
Dopo l'occupazione del Kosovo, le divisioni fra paesi Nato riguardarono
il futuro assetto del paese. Gli Usa volevano l'indipendenza degli
albanesi, mentre
I generali americani faticarono ad imporre la loro linea di
azione, basata sui bombardamenti e le distruzioni indiscriminate. Per
questi contrasti, le autorità Usa, negli ultimi anni, hanno potenziato
l'esercito dell'Onu, che oltre ad avere il vantaggio di apparire come
"esercito di pace", permette agli americani di imporre la loro
linea di azione crudele e altamente distruttiva.
Il ministro degli esteri di Cuba, Felipe Perez Roque, aveva capito chi
davvero stava commettendo un genocidio. Il 2 giugno del 1999, dichiarò
che
I capi di governo dei paesi aggressori, Bill Clinton,
Gerhard Schroeder, Tony Blair e altri, utilizzarono i media per
convincere che si trattava di una guerra con finalità umanitarie,
nascondendo i propri crimini e mettendo in evidenza il presunto
genocidio serbo. Si gridava che i morti sarebbero stati 100.000, poi
salirono addirittura a 500.000. Ad alcune persone venne dato l'incarico
di trovare le fosse comuni, perché questi morti nessuno li aveva visti.
La propaganda occidentale riproponeva il mito della "guerra
giusta" contro il nemico malvagio. Le notizie erano martellanti e
al tempo incongruenti. Le stime della persone uccise dalla Nato non
venivano date (come accade anche oggi) e si rivendicava come giusta
un'aggressione brutale attuata in spregio al diritto internazionale.
La guerra era stata scatenata dai bombardamenti Nato e,
prima ancora, dalla formazione dell'Uck, un gruppo di combattenti
collegato alla Nato, che era stato assoldato per fare in modo che i
serbi entrassero in guerra. Occorreva che
Dagli anni Novanta, le politiche dei paesi della Nato avevano
provocato la disintegrazione della Jugoslavia e fomentato gli odi
etnici. Già alla fine degli anni Ottanta,
Le notizie che venivano date in Occidente provocavano stupore e
raccapriccio, e non si capiva perché, dopo tanti anni, le etnie della
Jugoslavia stessero lottando fra loro in maniera così feroce, e come
mai
Dopo l'aggressione, il Kosovo diventò di proprietà della
Nato, in particolare delle autorità americane, che avevano organizzato
e diretto l'intera operazione. Le gigantografie del ritratto di Clinton
sorridente erano state affisse praticamente ovunque, ad indicare chi
sarebbe stato la nuova autorità.
L'attacco al Kosovo era il capitolo finale della devastazione che
Il 5 novembre del 1990, il Congresso americano approvò la
legge 101/513, che decretava la dissoluzione della Jugoslavia mediante
il finanziamento diretto di diverse formazioni nazionaliste e
secessioniste.[9]
Nello stesso mese, venne redatto un rapporto della Cia che prevedeva la
dissoluzione della Jugoslavia nel giro di pochi mesi.
Le potenze occidentali assoldarono gruppi armati per seminare divisioni
e terrore. Iniziarono a risvegliare gli odi etnici e crearono situazioni
di scontro fra i diversi gruppi.
I media occidentali davano notizie false o esagerate sulle operazioni
serbe contro questi gruppi. Ad esempio nel giugno 1991, venne data la
falsa notizia del bombardamento di Ljubljana. Soltanto anni dopo,
l'allora Ministro degli Esteri italiano Gianni De Michelis confesserà
alla rivista Limes che
effettivamente c'era una campagna disinformativa, senza precisare da chi
partisse.
L'esercito serbo appariva nei media crudele e criminale.
Non si faceva menzione del progetto americano di distruzione della
Jugoslavia, e dei gruppi armati assoldati dall'Occidente.
Dal dicembre 1991, venne applicato alla Jugoslavia il vecchio principio
divide et impera. Dividere
L'8 luglio del 1991,
Il 7-8 aprile 1992, i serbi formarono
Per scatenare l'opinione pubblica contro i serbi, le autorità
occidentali organizzarono
diverse azioni terroristiche. Ad esempio, il 27 maggio del 1992, avvenne
una strage a Sarajevo. Alcune persone in fila per il pane vennero uccise
da un colpo di mortaio. Si trovavano già lì le telecamere pronte a
filmare il fatto e a trasmetterlo nei media occidentali, per dare ad
intendere che i serbi erano criminali senza pietà. Ciò sarebbe servito
a fare in modo che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approvasse una
risoluzione di condanna contro
Dopo qualche tempo si saprà che i responsabili della
strage di Sarajevo e di altri crimini erano i gruppi dell'estremismo
musulmano formati e finanziati da Washington.
Dal luglio del 1992, le autorità Usa iniziarono una serie di strategie
per rovesciare il governo della Repubblica Federale di Jugoslavia.
Tentarono di insediare Milan Panic, che prese soltanto il 34% dei voti,
mentre Slobodan Milosevic vinse con il 56%. Salito al potere Bill
Clinton, iniziarono le operazioni militari. Nel dicembre del 1992, il
"Defence and Foreign Affairs Strategic Policy" fece un elenco
delle armi leggere e pesanti (60 panzer) date alla Croazia da parte
tedesca.
Le autorità occidentali, attraverso i servizi segreti,
organizzarono altri attentati terroristici a Sarajevo. Il 5 febbraio
1994 organizzarono una prima strage a Markale, la piazza del mercato di
Sarajevo. La seconda avverrà il 28 agosto 1995.
Nel 1995, arrivarono in Jugoslavia 60.000 uomini delle truppe di terra
della Nato, con carri armati e artiglieria, che si aggiungevano agli
altri già impegnati nei paesi limitrofi, per un totale di 200.000
uomini. La propaganda diceva che si doveva "stabilizzare", ma
in realtà il motivo era l'opposto: "destabilizzare" e far
crollare
L'Italia dette l'autorizzazione alla Nato a far partire i
bombardieri da Aviano (Friuli-Venezia Giulia) e da altri basi. Il
governo D'Alema, pur sapendo che si trattava di un intervento militare
offensivo, autorizzò l'uso dello spazio aereo italiano, e partecipò
all'occupazione del Kosovo a partire dal 12 giugno 1999, con un
contingente di 2.287 uomini della Brigata "Garibaldi".
Daniele Scaglione, presidente della sezione italiana di Amnesty
International, in piena guerra, organizzò l'invio, all'allora
presidente del consiglio D'Alema, di 120.000 cartoline che denunciavano
i crimini contro i civili jugoslavi e chiedevano il ripristino del
rispetto dei diritti umani. D'Alema non rispose.[11]
I nostri militari fanno ancora parte delle truppe
d'occupazione del Kosovo. In qualità di Ministro degli Esteri, D'Alema,
ancora oggi, ritiene che l'aggressione Nato sia stata fatta "per
salvare i profughi e fermare la pulizia etnica di Milosevic".[12]
I gruppi terroristici assoldati dagli Usa in Kosovo furono
capeggiati dal saudita Abdul Aziz, già combattente in Afghanistan, e da
altri strani personaggi.[13]
Il 1° maggio del 1995, le truppe croate, armate dalle autorità
occidentali, invasero parte del territorio della Repubblica Serba di
Krajina. Nello stesso mese le truppe musulmane attaccarono su diversi
fronti. Le milizie musulmane avevano già distrutto almeno 30 villaggi
serbi. Nell'agosto del
Nel settembre del 1995,
Dal 1997 venne rafforzato il movimento separatista kosovaro-albanese,
per coinvolgere il Kosovo nel conflitto. Si preparò un
"caso", per ingannare l'opinione pubblica occidentale.
Nell'agosto del 1998, il giornalista tedesco Erich Rathfelder diffuse la
falsa notizia di una strage, a Orahovac, di 567 albanesi del Kosovo, dei
quali 430 erano bambini. Questa notizia doveva servire a convincere
della necessità di intervento in Kosovo, per bloccare i presunti
crimini serbi.
Le autorità occidentali armarono i secessionisti
panalbanesi e scatenarono centinaia di attacchi terroristici, che
uccisero almeno 141 persone e ne ferirono 305. Venne finanziato l'Uck (Ushtria
Çlirimtare e Kosovës o Kla, Kosovo Liberation Army), un gruppo formato
dai servizi segreti occidentali per innescare una guerra a bassa
intensità contro
William Walker, noto per il caso Iran-contras e per la creazione degli
squadroni della morte in Salvador, preparò uno spettacolo macabro di
cadaveri ammucchiati per far vedere i "civili inermi" uccisi
dai serbi. In realtà i cadaveri erano
guerriglieri dell'Uck.
Le autorità occidentali organizzarono persino un falso
negoziato con la delegazione albanese-kosovara, (che fu rappresentata
dall'Uck). L'accordo firmato prevedeva un referendum per l'indipendenza
e l'occupazione militare delle truppe Nato.
Alcuni mesi dopo la fine della guerra, diversi giornalisti
sollevarono la questione del presunto genocidio serbo in Kosovo. Il 20
ottobre del 1999, Paolo Soldini de L'Unità
si chiedeva "quanti Kosovari di etnia albanese siano stati
effettivamente uccisi dai Serbi durante la guerra" e riferiva la
stima di 11.000 vittime, fatta dall'esponente dell'Onu Bernard Kouchnner.
Quest'ultimo citava come fonte il Tribunale per i crimini nella ex
Jugoslavia. Il Tribunale però smentiva e Soldini osservava che in
Kosovo 62 agenti dell'Fbi stavano indagando e avevano trovato soltanto
alcune fosse comuni con 200 cadaveri. Conclude Soldini: "in nessuno
dei luoghi teatro delle presunte stragi di cui si era dato notizia
durante la guerra sono stati trovati cadaveri corrispondenti all'eccidio
denunciato. Il più delle volte, anzi, non è stato trovato alcun
corpo... A Pusto Selo dove i
Nelle zone in cui si ebbero combattimenti dell'Uck, dopo l'intervento della Nato, furono trovati molti corpi di civili. I 78 giorni di bombardamenti della Nato hanno sicuramente ucciso migliaia di persone, anche se le stime esatte non vengono date. Si è trattato di un crimine contro la popolazione, ma soltanto l'idea di sottoporre un'indagine al Tribunale internazionale dell'Aia ha suscitato una violenta reazione del Pentagono, che si oppone fermamente alla formazione di un Tribunale Permanente Indipendente che possa indagare su soldati e comandanti americani in paesi stranieri. Gli interventi americani, anche quando attuano genocidi, sono sempre spacciati per "umanitari", e non possono essere giudicati da nessun tribunale.
Gli Usa hanno creato il Tribunale dell'Aia, per indagare
soltanto sui crimini commessi dai loro nemici.
Oggi è emerso che in Jugoslavia
I bombardamenti ad alta quota hanno provocato molti eccidi, anche di
rifugiati civili durante il cammino. L'80% delle forze aeree della Nato
in Jugoslavia erano americane, e nei bombardamenti non rispettarono
nessuna regola di condotta militare, uccidendo indiscriminatamente molti
civili.
In seguito all'occupazione da parte dell'élite occidentale
(Amministrazione Onu e occupazione militare Kfor-Nato), il Kosovo è
diventato un luogo senza legge, in cui i traffici illegali di droga e di
esseri umani la fanno da padrone. L'eroina e la cocaina arrivano
dall'Asia e dall'America Latina, e vengono diffuse in Europa. Per tenere
sottomessa la popolazione sono state organizzate bande di terroristi
wahabiti, come racconta lo studioso Dusan Janjic: "Potete andare al
villaggio di Raskov, costruito con il denaro dell’Arabia Saudita, dove
potete vedere combattenti, mujaheddin, insegnanti… come se fossimo in
Afghanistan, ma di tutto questo la comunità internazionale non parla...
io temo che adesso si vada verso una fase che assomiglia molto alla
guerra in Afghanistan. Là hanno cacciato i russi con l’aiuto dei
mujaheddin, qui cacciano i serbi e i russi con l’aiuto di cose simili
e quando le cose vanno fuori controllo, poi ci si chiede dov’è Bin
Laden… in Kosovo adesso si crea un nuovo Bin Laden".[14]
Di tanto in tanto avvengono attentati terroristici. Gli albanesi vengono
aizzati contro i serbi, per mantenere lo stato di guerra a bassa
intensità e continuare l'occupazione e il saccheggio.
I governi fantoccio del Kosovo promettono lavoro, energia
elettrica (che viene fornita in modo intermittente) e benessere, ma i
cittadini rimangono prigionieri in un sistema criminale. I kosovari
sognano di entrare nell'Unione Europea, ma viene detto loro di non
essere ancora "pronti". I veri problemi, (l'economia
devastata, la criminalità e l'occupazione militare) vengono insabbiati
nel generico problema dell'"indipendenza" formale. Intanto
fiorisce la corruzione, il mercato nero e il contrabbando. Il paese
viene saccheggiato, come spiega Janjic: "L’Unione europea in
Kosovo si sta comportando come l’Impero ottomano, che quando arrivò
da noi prese il potere e iniziò a disporre delle proprietà della
popolazione locale. I funzionari dell’UE si comportano letteralmente
come occupatori che vendono le cose altrui. Non è certo un buon
ingresso in UE. Perché esistono i proprietari privati, esistono paesi
che hanno investito, c’è
Nel 2003, la situazione kosovara era diventata ancora più
drammatica. Scriveva il Guardian
del 9 settembre 2003: "A meno di trovare urgentemente come far
fuoriuscire in maniera controllata la pressione che è andata aumentando
in Kosovo fin dal 1999, vi è il pericolo che questo esploda ben
presto".
Nel 2006 si sono svolti a Vienna i nuovi negoziati tra il governo serbo
e quello kosovaro, per definire lo status della regione del Kosovo.
Nello scorso gennaio, i paesi Nato hanno approvato il piano dell'inviato
speciale dell'Onu, Marrti Ahtisaari su quello che dovrà essere lo
statuto del Kosovo. In base a questo piano, l'indipendenza del Kosovo
sarà soltanto formale, perché rimarrà la forza d'occupazione militare
della Nato. La bozza del piano dice: "La comunità internazionale
avrà un ruolo di supervisione e monitoraggio ed avrà tutti i poteri
necessari per garantire un'effettiva ed efficace implementazione di
quest'accordo...
In realtà in Kosovo non c'è alcuna condizione per una
vera indipendenza. Il paese è militarmente occupato e saccheggiato.
Se, come avverte lo storico John Keegan, la distruzione della Jugoslavia
è stata "una
vittoria non solo della guerra aerea ma del Nuovo ordine mondiale",
occorre diventare sempre più capaci di capire gli inganni dei media che
ci inducono a vedere realtà che non esistono per giustificare guerre e
massacri. Occorre saper capire la verità del sistema basato sul crimine
e sulla guerra, per evitare di scambiare le vittime per i colpevoli. Non
c'è un elemento che ci faccia sperare qualcosa di diverso per il
futuro, se rimangono al potere quelle stesse persone che ci hanno
ingannato in passato. Il loro metodo di inganno preferito è capovolgere
la realtà, mistificarla a tal punto che soltanto il paradosso potrà
rivelarla.
Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos
Edizioni, 2006);
[1]
New York Times, 23
settembre 1999.
[2]
Internazionale, anno 6, n.
288, 18/24 giugno 1999.
[3]
Daily Telegraph, 28 giugno
1999.
[4]
Internazionale, anno 6, n.
288, 18/24 giugno 1999.
[5]
http://www.ecn.org/est/balcani
[6]
http://www.ecn.org/est/balcani
[7]
http://www.ecn.org/est/balcani
[8]
http://coranet.radicalparty.org/pressreleases/press_release.php?func=detail&par=440
[9]
A.A.V.V., Nato in the Balkans, IAC, New York 1998.
[10]
Cit. Hochberger Hunno, "Sull'intervento della RFT nella guerra
civile jugoslava - Alcune riflessioni sull'espressione 'europa
tedesca'", in A. Meurer, H. Vollmer, H. Hochberger, Die
Intervention der BRD in den jugoslawischen Bürgerkrieg. Hintergründe,
Methoden, Ziele, GNN-Verlag, Colonia 1992, p. 31.
[11]
Il manifesto, 8 giugno
2000.
[12]
Il manifesto, 24 settembre
2006.
[13]
[14]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6329/1/45/
[15]
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6329/1/45/
[16]
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=7305