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Crac
in sordina...
Movisol: Movimento Internazionale per i diritti – Solidarietà
www.movisol.org/znews198.htm
18 ottobre 2006 – Sebbene la scadenza elettorale USA
del prossimo 7 novembre imponga l'euforia del “boom in borsa”, i
sintomi del crac finanziario globale continuano a dilagare
“sottotono”:
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Al Sole24ore
del 17 ottobre il megaspeculatore George Soros ha dato
un'intervista intitolata: "Hedge fuori controllo/Rischi sistemici
in aumento, le autorità vigilino".
"Io sono ovviamente un sostenitore degli hedge funds (...) ma
quando diventano troppo numerosi e assumono un ruolo di fattore
importante sul mercato, sorgono pericoli. E il pericolo consiste
principalmente nel leverage". (...) "Un uso improprio della
leva finanziaria può provocare 'dislocations'. Di qui le paure di
default, specie legate a strumenti assicurativi ed esotici con cui non
sono nemmeno in familiarità perché sono nati solo recentemente. Sì,
io penso che c'e' un rischio di 'sistemic dislocations'."
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Il Financial
Times ha pubblicato il 17 ottobre ben quattro articoli sui guai del
settore degli hedge funds. Due di essi sono firmati dal corrispondente
di Washington Jeremy Grant, che cita fonti anonime del gruppo dei
consiglieri finanziari del presidente Bush. “Gli USA ripensano le
regole degli hedge funds; i politici considerano nuovi regolamenti per
evitare la crisi finanziaria”, è il titolo di uno di questi articoli,
in cui Grant scrive: “I 6 miliardi di dollari persi dall'hedge fund
Amaranth hanno puntato i fari sui rischi sistemici dovuti a questa
industria da 1500 miliardi di dollari”. Una delle sue fonti ha detto:
“Considerare nella sua complessità il funzionamento di questa
struttura diventa una necessità inevitabile ... la gestione del rischio
controparte è ancora l'approccio giusto?”. I rischi cioè non possono
essere gestiti “contratto per contratto”, o neanche “fase per
fase”, ma occorre una ridefinizione del contesto.
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Il Financial
Times dedica l'editoriale dello stesso giorno alle indagini condotte
in Inghilterra, Germania e USA sugli sporchi trucchi e irregolarità che
dominano tra le “private equity”, le finanziarie che danno la
scalata alle imprese caricandole poi di debiti.
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Sullo stesso
tema scrive Ambrose Evans-Pritchard sul Daily Telegraph
del 16 ottobre. “In Europa monta la rivolta mentre cresce il
capitalismo dello sfruttamento paraschiavistico”.
Passa in rassegna i sintomi della ribellione che monta nei diversi paesi
europei contro gli hedge funds, responsabili di provocare la caduta dei
salari e la perdita dei posti di lavoro.
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In un articolo
di prima pagina, l'edizione del 17 ottobre il New York Times
spiega che mentre in passato le imprese avevano un rapporto privato,
privilegiato e confidenziale con le banche, oggi se esse si azzardano a
parlare con gli hedge fund che le finanziano provocano speculazioni
folli di borsa. Le confidenze sulla situazione finanziaria sono
sfruttate per “insider trading”, in barba all'illegalità.
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Il Frankfurter
Allgemeine Zeitung del 16 ottobre ha pubblicato un articolo di mezza
pagina contro l'offensiva dei fondi locuste contro le imprese tedesche.
L'assalto è appena cominciato, ma “il mercato surriscaldato mostra i
primi eccessi”.
Cita il primo tentativo alla grande della Bain Capital di dare la
scalata a Continental Tires, che è stata però respinta. Il giornale di
Francoforte calcola che gli equity funds dispongano di fondi freschi per
300 miliardi di dollari, riferisce che stanno affilando le armi legali
per effettuare scalate ostili, mette in guardia dal pericolo che, una
volta effettuata la scalata, il debito contratto nell'acquisizione verrà
scaricato sull'impresa stessa. A correre un rischio elevato è anche lo
stesso fondo conquistatore: se ad esempio i tassi d'interesse aumentano
il debito travolgerà sia il fondo assalitore che l'impresa assalita.
Secondo le agenzie di rating, le imprese eccessivamente indebitate (B+)
sono passate dal 20 al 40 percento dal 2000 ad oggi. Secondo dei metodi
statistici che il giornale non identifica, questo comporta un rischio
insolvenza per il 18% delle imprese.
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Il
commentatore del Financial Times John Plender ha scritto
il 13 ottobre che mentre gli hedge funds sono visti sempre più come un
pericolo per il sistema finanziario, in realtà la minaccia sistemica è
più profonda: “Se una vera preoccupazione è data dal rischio
sistemico, una minaccia più fondamentale è quella proveniente dal
cambiamento del modo di fare banca, per cui i rischi di credito sono
raccolti in vaglia cambiari (pagherò) scambiabili, "spalmati"
attraverso i derivati sul credito o tenuti fuori dal bilancio della
banca ... C'è da chiedersi se a quel punto sarà ancora possibile un
rifinanziamento coordinato come quello dell'hedge fund Long Term Capital
Management nel 1998, o un salvataggio come quello del settore bancario
inglese negli anni Settanta”. Plender conclude: “La risposta, forse,
è no...”