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Cancro:
quanto costa la terapia ufficiale?
Dal
libro: “Senza chemio, radiazioni o chirurgia. 30 e più cure non
distruttive di documentata efficacia”, Macro edizioni 2001
Intervento chirurgico |
Svariate decine di milioni di lire secondo il tipo di intervento* |
Chemioterapia |
Una fiala di chemioterapico, come il cisplatinum, costa 1.000.000 di lire. Un ciclo completo di cockatil chemioterapici può partire da alcuni milioni per arrivare anche a 100 milioni al mese per ogni paziente. Se si prende come cifra media a malato anche solo quella di 10 milioni e si moltiplica per i 200.000 malati di cancro in Italia, il servizio sanitario nazionale paga alle industrie farmaceutiche qualcosa come duemila miliardi di lire l’anno.* |
Acceleratore lineare |
Circa 2 miliardi di lire e costi di gestione di 100-120 milioni di lire annui* |
Stereotassi – Radioterapia |
Un’applicazione di radioterapia convenzionale costa 1.100.000 lire. La stereotassi arriva a 40-55 milioni per un trattamento. Un ciclo completo di radioterapia è sempre quindi dell’ordine di decine di milioni di lire* |
Nuovo Farmaco specialistico |
350 miliardi di lire* |
Visite, esami clinici e specialistici di un ammalato di cancro |
Circa 10 milioni di lire* |
Trattamento intensivo per la leucemia (negli USA) |
100.000 dollari (220 milioni di lire)* |
* Le cifre che riguardano le terapie ufficiali rappresentano somme a carico della struttura pubblica e non pagate direttamente dall’utente.
Legenda:
Acceleratore lineare: apparecchio per la radioterapia
Stereotassi: trattamento di radioterapia particolare
Cisplatinum: usando in associazione radioterapia e chemioterapia si
utilizzano schemi che contengono questo farmaco derivato del platino.
Ma
cosa s’intende per cancro curato?
Secondo
i protocolli della medicina convenzionale si intende guarito quel
paziente malato di cancro che sopravvive almeno cinque anni dal momento
della diagnosi. Questo è il fatto. Se non vengono raggiunti risultati
positivi effettivi, questi si possono conseguire modificando i canoni di
giudizio. In questo modo un malato che muore sei-sette anni dopo la
diagnosi può essere inserito nel numero dei "guariti" a tutto
favore delle statistiche filo-chemioterapiche.
Quando si afferma che nel 1930 solo un tumore su cinque era curabile
mentre oggi ne è curabile uno su due bisogna anche tener conto del
fatto che nel 1930 non esistevano tutti i sofisticati mezzi diagnostici
odierni e che quindi la diagnosi della malattia poteva essere fatta ad
uno stadio molto più avanzato della stessa per cui il tempo tra
diagnosi e decesso era breve. Oggi, oltre alla questione del giungere a
identificare la guarigione con il periodo di sopravvivenza di un lustro,
bisogna anche considerare la precocità delle diagnosi (per cui la morte
arriva naturalmente più tardi) che sicuramente concorre a fare la
differenza.
Che valore dunque possono avere le statistiche ufficiali? Se, come dice
A. Mondini, dell'Associazione per la Ricerca e la Prevenzione del Cancro
di Torino, si prova a chiedere al sistema medico le statistiche di
sopravvivenza a dieci o quindici anni si trova un muro impenetrabile.
Per fortuna alcuni ricercatori onesti hanno potuto elaborare e
pubblicare statistiche più obiettive e reali. Il primo caso è quello
del prof. Hardin B. Jones di cui si narra in "Dalla medicina per la
malattia alla medicina per la salute". Il secondo caso riguarda
invece uno studio inglese pubblicato sulla rivista The Lancet il 13
dicembre 1975 da quattro ricercatori. Secondo questo studio, effettuato
su 188 malati di carcinoma inoperabile ai bronchi, la sopravvivenza
media di coloro che optarono per la chemioterapia completa fu di 75
giorni mentre coloro che scelsero di non ricevere alcun trattamento
vissero in media 220 giorni.
Anche
se lo studio può apparire datato è un dato di fatto che le sostanze
chemioterapiche usate nei trattamenti non sono oggi molto diverse da
quelle usate allora. Anzi la statistica è oggi valida ancor più in
considerazione del fatto che i decessi per cancro sono aumentati.
Un
altro caso inerente statistiche obiettive è quello di John C. Bailar
III, professore di epidemiologia e biostatistica alla McGill University.
Durante una riunione per la valutazione ufficiale del programma
nazionale americano contro il cancro nel 1994 Bailar sostenne che «i
nostri vent'anni di guerra al cancro [a partire dal National Cancer
Act varato da Nixon nel 1971] sono stati un fallimento su tutta la
linea».
Le cifre del National Cancer Institute dicono che la mortalità per
cancro è aumentata negli Stati Uniti tra il 1975 e il 1990 del sette
per cento. I casi di cancro il polmone sono aumentati nelle donne fra il
1973 e il 1990 di oltre il 100 per cento. Anche il melanoma e il cancro
della prostata hanno registrato un aumento dell'80 per cento nello
stesso periodo. Altre neoplasie in aumento sono i carcinomi del seno,
del rene, del fegato e del cervello, il mieloma multiplo, il linfoma
nonHodgkin, la leucemia e i tumori del sistema nervoso.
Per
altri tipi di cancro per cui si sbandiera vittoria, data la diminuzione
della loro mortalità, Bailar sostiene che tali successi non sono da
attribuirsi alle terapie mediche ufficiali perché sono diminuzioni
iniziate un decennio fa e sono molto più probabilmente legate a fattori
diversi quali ad esempio i progressi dal punto di vista igienico nelle
preparazione alimentari per i cancri dello stomaco.
Ma non basta. Le statistiche americane e canadesi confermano che in
molti casi si è provveduto ad operare interventi chirurgici asportativi
dell'utero di donne alle quali era stata fatta una diagnosi di
"probabilità" di cancro. Anche queste guarigioni miracolose
attribuite poi alla medicina ufficiale rientrano nelle statistiche
ortodosse quando non vi è alcuna certezza che si trattasse proprio di
tumori.
Le dinamiche burocratiche che stanno dietro i ricoveri ospedalieri sono
un'altra fonte di inquinamento delle statistiche. Quando un paziente
viene dimesso si dice che è in remissione. Ogni qual volta il malato
ritorna all'ospedale e poi di nuovo dimesso le "remissioni"
aumentano.
Per
efficacia della chemioterapia, inoltre, si intende la scomparsa o la
riduzione della massa tumorale e la riduzione delle metastasi almeno del
50 per cento. Alcuni cicli di chemioterapia mirano proprio a questo. Se
dopo tali trattamenti il tumore è rimpicciolito o scomparso il paziente
è considerato guarito. Se dopo qualche mese il malato ritornerà a
ricoverarsi per una velocissima recidiva, sia nello stesso ospedale e
tanto più in un altro, esso risulterà un nuovo paziente perché quello
"precedente" è guarito.
Infine, le autorità, dopo aver diagnosticato un cancro spingono con
urgenza a sottoporsi alle terapie mutilanti della medicina
"scientifica". Ma è importante far rilevare che quando viene
appurata la presenza di un cancro è molto probabile che esso sia attivo
da almeno cinque anni per cui nel 95% dei casi anche se si prendono due
o tre settimane di tempo per riflettere non succederà nulla (4). Questo
tempo è importantissimo perché darà l'opportunità di documentarsi su
dati e statistiche concrete, di capire e smaltire lo shock psicologico
che una tale "condanna di morte" avrà sulla mente nonché la
possibilità di scegliere in autonomia la via di guarigione che si vorrà
percorrere.
4. Lagarde, P. Tout savoir sur le cancer, Favre, Lausanne, 1997.