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Le banche Ing, Dexia, Fortis, Axa e Kbc hanno investito 1,5 miliardi di dollari in imprese che producono bombe a grappolo, mine antiuomo e uranio impoverito.
Lo rivela uno studio dell’ONG belga Netwerk Vlaanderen. Che ha scioccato l’opinione pubblica.

Conto arancio. Conto armato?
Mauro Meggiolaro - «Valori» - anno 5 nr. 28 - aprile 2005  
www.valori.it

METTETEVELO NELLA ZUCCA. Se avete depositato i vostri risparmi nel conto arancio è possibile che i vostri soldi siano stati usati per finanziare l’industria delle armi. ING, la banca olandese che ha portato in Italia il conto delle meraviglie, è uno dei finanziatori di EADS, secondo produttore di armi europeo. Ha inoltre investito nelle azioni di imprese che producono mine antiuomo e anticarro, armi nucleari e uranio impoverito. È quello che si legge nel rapporto dell’ONG di Bruxelles Netwerk Vlaanderen pubblicato l’anno scorso nell’ambito della campagna “Mijn Geld. Goed Geweten?” (Il mio denaro. Coscienza pulita?) promossa da Netwerk in collaborazione con due movimenti pacifisti belgi.
Nel rapporto vengono messe sotto la lente le relazioni tra le cinque banche più importanti presenti in Belgio (AXA, DEXIA, FORTIS, ING e KBC) e 11 imprese produttrici di armi controverse. I risultati della ricerca parlano da soli: al momento della pubblicazione del rapporto (aprile 2004) tutte e cinque le banche erano coinvolte nel finanziamento della produzione di armamenti, con un investimento complessivo di 1,5 miliardi di dollari.
«Nessuno in Belgio aveva mai parlato dei rapporti tra le banche e la produzione di armi», spiega Karl Maeckelberghe di Netwerk. «Dopo un anno e mezzo di campagna la situazione è completamente cambiata». Ora fioccano le petizioni, i dibattiti, gli articoli sulla stampa, i servizi alla radio e in televisione. L’opinione pubblica è scioccata e chiede alle banche di fermare gli investimenti. Ottenendo anche importanti risultati: ING, KBC e FORTIS hanno già cominciato a fare marcia indietro.
Ma prima di parlare degli effetti della campagna vediamo più in dettaglio i contenuti del rapporto.

Grappoli di bombe
“Cluster bombs”, in italiano bombe a grappoli o a frammentazione.
Vengono lanciate da aerei, elicotteri o dall’artiglieria di terra. Poco dopo il lancio si aprono e rilasciano centinaia di submunizioni: bombe più piccole, granate, mine, agenti chimici che si disperdono in aree molto vaste.
Le munizioni dovrebbero esplodere una volta raggiunti gli obiettivi. In realtà molte rimangono inesplose (dal 5 al 30% del totale) creando veri e propri campi minati. Come se non bastasse, le sub-munizioni sono più difficili da disinnescare rispetto alle mine antiuomo e quando vengono calpestate non feriscono.
Uccidono direttamente. Le cluster sono state usate in almeno 16 Paesi, tra cui Afghanistan, Albania, Bosnia, Iraq, Cecenia e Kosovo. Secondo un rapporto di Human Rights Watch, durante la prima guerra del Golfo ne sarebbero cadute 61.000 solo sull’Iraq, liberando un totale di circa 20 milioni di sub-munizioni, molte delle quali non sono esplose. Dopo la guerra gli ordigni inesplosi hanno provocato la morte di 1.600 civili, il 60% dei quali aveva meno di quindici anni.

I principali produttori di bombe a frammentazione sono Forges de Zeebrugge, Raytheon, Lockheed Martin e EADS. Lo dice Jane’s Defence database, la banca dati più completa sull’industria degli armamenti, e lo confermano i siti internet delle imprese.
Nel marzo del 2004 tutte le banche analizzate da Netwerk stavano investendo in queste società.
Alla fine del 2002 KBC, DEXIA e FORTIS garantivano le operazioni di Forges per circa 2,6 milioni di euro.
Sempre nel 2002 ING ha partecipato a un finanziamento in pool assieme a una trentina di banche a favore di EADS, sborsando dai 50 ai 100 milioni di euro, mentre fino al luglio del 2003 AXA era uno degli azionisti di EADS attraverso la holding francese Désirade.
Ma anche tra le grandi banche c’è chi dice no. In seguito alle pressioni del partito di opposizione olandese SP (Socialistische Partij), ABN Amro, gruppo bancario internazionale con sede ad Amsterdam, ha deciso di chiudere tutti i suoi rapporti con la società inglese Insys, che testa le cluster per l’esercito britannico. ABN deteneva il 18% del capitale di Insys attraverso un fondo di investimento. È un precedente interessante, anche perché ABN si è formalmente impegnata ad evitare ogni ulteriore rapporto con i produttori di bombe a frammentazione.

Mine antiuomo
Le banche analizzate nel report di Netwerk non si tirano indietro nemmeno di fronte alle famigerate mine antiuomo. Dichiarate illegali negli oltre 150 Paesi che hanno sottoscritto il trattato di Ottawa, le mine uccidono ogni anno più di 26.000 civili e ne feriscono gravemente molti di più. Le peggiori sono quelle a frammentazione: se vengono calpestate esplodono in centinaia di piccoli pezzi in un raggio di 50 metri .
Alcune, prima di esplodere, si alzano fino a un metro e mezzo di altezza per colpire lo stomaco di una persona adulta o la testa di un bambino. Chi sopravvive all’esplosione di solito non sfugge all’amputazione di uno o più arti. Solo in Cambogia le persone che hanno subito mutilazioni sono 35.000. Secondo fonti militari nel corso della guerra del Golfo del 1991 gli Stati Uniti, che non hanno ancora sottoscritto il trattato di Ottawa, avrebbero lanciato in Iraq e Kuwait 117.634 mine antiuomo. Un rapporto di ICBL (Campagna Internazionale per la messa al bando delle mine antipersona) documenta invece il loro uso da parte della Russia in Cecenia e in Tagikistan e del Pakistan ai confini con l’India.
La produzione di mine antiuomo è un business di cui nessuno ama parlare ed è quindi molto difficile ottenere informazioni attendibili. Il rapporto di Netwerk fa riferimento ancora una volta
alle ricerche dell’ONG Human Rights Watch. I maggiori produttori si trovano nei Paesi che non hanno ancora firmato il trattato di Ottawa. A Singapore c’è la Singapore Technologies Engineering, controllata dallo Stato ma quotata in borsa e presente in molti indici azionari internazionali. Negli Stati Uniti i leader del settore sono tre: ATK (Alliant Techsystems, ) e i già citati Lockheed Martin e Raytheon.
Nel 2004 tutte le banche oggetto del report di Netwerk investivano in azioni di Singapore Technologies attraverso fondi comuni di investimento destinati alla clientela. ING era al primo posto, con 5 milioni e mezzo di dollari investiti dai fondi ING Invest Industrials e ING Invest Singapore & Malaysia. In ATK investiva invece in modo significativo AXA: circa 145 milioni di dollari, il 6,6% del capitale della società. Anche ING era della partita, con un investimento di 3,43 milioni di dollari (0,2% del capitale).

Uranio impoverito
Anche gli investimenti (diretti e indiretti) delle banche belghe e olandesi in imprese che producono uranio impoverito sono degni di nota. Ai primi posti troviamo ancora una volta AXA, con 380,77 milioni di dollari, e ING, con 201,74 milioni di dollari ripartiti tra le imprese ATK, BAE Systems e General Dynamics. L’uranio impoverito o uranio 238 è un prodotto di scarto ottenuto dalla raffinazione dell’uranio naturale nei reattori nucleari e nelle bombe atomiche.
In ambito militare è usato specialmente nelle munizioni anticarro degli USA. La sua grande densità lo rende molto efficace contro le corazzature. Quando esplode, l’uranio si polverizza in frammenti incandescenti che rimangono a lungo nell’atmosfera e possono quindi venire inalati dai soldati, dagli operatori di pace e dai civili provocando gravi malattie e malformazioni genetiche. I veterani della prima guerra del Golfo ne sanno qualcosa: una ricerca fatta su 251 famiglie di veterani nel Mississipi ha dimostrato che il 67% dei bambini concepiti e nati dopo la
guerra sono portatori di malattie rare e problemi genetici. Anche le truppe Nato e i caschi blu delle Nazioni Unite di stanza nei Balcani hanno subito gli effetti dell’uranio 238.
In Italia le morti documentate sono una ventina.
Più di 200 i casi di cancro. Di solito si tratta del linfoma di Hodgkin, un tumore maligno del sistema linfatico ormai tristemente noto come “sindrome dei Balcani”.

Quattro passi avanti e uno indietro
A un anno e mezzo dal suo lancio la campagna “Mijn Geld. Goed Geweten?” comincia a raccogliere i primi importanti frutti. «Ad oggi solo una delle cinque banche analizzate non ha fatto niente per modificare la sua posizione», spiega Maeckelberghe di Netwerk Vlaanderen. «Le altre si sono mostrate disponibili al dialogo e hanno fatto seguire alle dichiarazioni di intenti i primi fatti concreti». Il brutto anatroccolo è la francese AXA. «Sin dall’inizio della campagna AXA ha reagito in modo molto negativo alle nostre domande. E ora non ha intenzione di cambiare una virgola nella sua politica di investimento in armamenti». «Non adotteremo mai codici di condotta o criteri relativi all’investimento in armi», ha dichiarato Elly Bens, portavoce di AXA.

KBC, quando la pressione funziona
KBC è la banca che ha reagito meglio e in modo più rapido. Dopo la pubblicazione del rapporto ha smesso di investire in imprese che producono mine antiuomo e bombe cluster. Singapore Technologies Engineering (STE), Raytheon, Lockheed Martin, Thales, EADS e ATK rimarranno fuori anche dai fondi di investimento destinati alla clientela.
Il gruppo franco-belga Dexia ha deciso di escludere dai suoi fondi STE e ha promesso di adottare specifici codici di condotta, mentre Fortis è stata l’unica banca che ha avuto il coraggio di partecipare a un dibattito pubblico organizzato da Netwerk nel maggio del 2004, dove si è data un anno di tempo per sviluppare una politica di investimento seria e trasparente
sugli armamenti. Le linee guida di Fortis dovrebbero uscire prima dell’estate.
E infine ING, la banca che ha inventato il Conto Arancio, tanto amato dai risparmiatori italiani. Nell’aprile del 2004 il presidente del colosso olandese ha promesso di fermare ogni investimento in STE (produttore di mine antiuomo), mentre il Gruppo ING ha iniziato a collaborare con Netwerk nell’elaborazione di specifiche linee guida sugli armamenti. «Sono segnali positivi – spiega Karl Maeckelberghe – ma ING sembra aver dimenticato le sue promesse sull’uscita dagli investimenti in armi nucleari».
Dopo aver portato a casa ottimi risultati la campagna “Mijn Geld. Goed Geweten?” continua. E Maeckelberghe non può che essere ottimista: «se continuiamo a fare pressione sulle banche, in un futuro prossimo potremmo ottenere risultati ancora più importanti». Parola di Netwerk.

LOCKHEED  MARTIN
È il più grande produttore di armi del mondo e il più importante fornitore del Pentagono.
Attivo nella produzione di munizioni cluster e di testate nucleari per i sottomarini britannici e americani. I suoi missili ATACMS hanno una gittata di 165 Km e possono contenere fino a 950 sub-munizioni. Le bombe cluster di LM sono state usate nel 2003 nella guerra contro l’Iraq. Lanciate anche nelle aree urbane di Baghdad, al-Najaf e Karbala. sono la causa principale delle morti di civili nel conflitto. L’ex-vicepresidente di Lockheed Bruce Jakson è stato nominato presidente del Comitato per la Liberazione dell’Iraq, formato con il sostegno dell’amministrazione Bush. La moglie del vice-presidente Cheney è stata membro del Consiglio di Amministrazione di LM.

EADS
EADS è nata nel 2000 dalla fusione di tre industrie militari: la tedesca Deutsche Aerospace Agentur (DASA), la francese Aerospatiale Matra e la spagnola Construcciones Aeronauticas (CASA). EADS è il secondo produttore di armi europeo, anche se solo un quinto della sua produzione è destinato alla difesa. Produce bombe cluster del tipo AFDS con le quali vengono equipaggiati anche gli F16 americani. Le cluster possono contenere da 24 a 120 sub-munizioni.
Da una joint venture tra EADS, BAE Systems e Finmeccanica è stata creata MBDA, una società europea specializzata nella produzione di missili che possono montare anche testate nucleari.

ALLIANT TECHSYSTEMS (ATK)
È il più grande fornitore di mine antiuomo dell’esercito americano con i sistemi GATOR e VOLCANO. Le mine GATOR, usate durante l’operazione “Tempesta nel deserto” del 1991, sono “smart mines” (mine intelligenti) e contengono un meccanismo di autodistruzione.
Si trasformano facilmente in normali mine antiuomo perchè spesso il meccanismo di autodistruzione non funziona. ATK ha dichiarato a Human Rights Watch di aver chiuso la produzione di mine antiuomo GATOR nel 1996.
Ora si sarebbe specializzata nella produzione di mine anticarro VOLCANO

 
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