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commercio di organi
Perché
scrivere un libro sul commercio degli organi destinati ai trapianti?
di Carlo Bertani per
Disinformazione.it
Libro "Ladri di organi"
Quando –
nell’aprile del 2005 – proposi al mio editore di scrivere un libro
sull’argomento l’accoglienza fu fredda, contrariamente a quanto era
avvenuto per i precedenti che avevo pubblicato sulla questione medio
orientale, sugli equilibri strategici dell’area, su Al-Qaeda e sul
petrolio.
La ragione – per un editore – era sensata:
l’argomento “non era sul mediatico”, vale a dire che nessuno si
stava interessando alla faccenda, e scrivere un libro in materia
rischiava di rivelarsi il classico buco nell’acqua, oppure poteva
scivolare via leggero – come una goccia su una foglia – senza che
nessuno se n’accorgesse.
E poi, perché mai uno scrittore di politica estera voleva affrontare un
argomento così lontano dai suoi consueti ambiti?
La risposta – altrettanto speculare – era proprio
perché l’argomento “non era sul mediatico”, ossia perché nessuno
ne parlava.
Mi sono imbattuto nel traffico internazionale di organi per caso, mentre
stavo mostrando come si esegue la ricerca su Internet ai miei allievi,
quindicenni di un Liceo Scientifico. Un link sulla Homepage del
quotidiano “Il Giorno” indicava un traffico di bambini in Mozambico:
a volte un clic spalanca un mondo.
I primi a rimanere
sorpresi furono i ragazzi: «Ma, davvero prof c’è qualcuno che
ammazza dei bambini per rubare gli organi?» I quindicenni –
nonostante telefonini e motorini – sono ancora molto vicini
all’infanzia, ed avvertono un attacco all’infanzia come una violenza
all’universale categoria dei giovani.
Non avere risposte – per un insegnante – è la
peggior situazione: anni di studio e d’esperienza ti preparano ad
affrontare quasi ogni frangente, ma quando non sai una cosa ti senti
nudo di fronte ad una marea d’occhi che t’osservano in silenzio,
come fanno pesciolini della barriera corallina. Anche in quel caso sei
quasi nudo, ma i pesciolini non attendono risposte.
Decisi d’approfondire l’argomento. Da ogni link partiva un filo, ed
ogni filo aveva una sua storia: alcuni portavano ad ingarbugliate
matasse, altri si recidevano improvvisamente, come per un tardivo
ripensamento.
Il leitmotiv che
aleggiava su tutta la vicenda – però – era la “leggenda
metropolitana”. Tutto era “leggenda metropolitana”, ogni sospetto,
ogni e-mail, ogni dichiarazione.
Quel bollare ripetutamente l’argomento con l’epitaffio della
“leggenda metropolitana” – invece d’acquietare la mia curiosità
– la fece crescere, giacché quando un crimine è troppo aspro per
essere dibattuto pubblicamente non si ha il coraggio di lasciarlo
emergere: viene lasciato sedimentare in silenzio, nell’attesa che si
sgonfi da solo.
Mi tornarono alla mente i ricordi della popolazione
tedesca riguardo alla Shoà: i
racconti della popolazione, non le ammissioni ufficiali dei nazisti od i
rapporti delle truppe alleate. Raccontavano d’essersi insospettiti per
quegli anomali convogli con le porte sprangate che circolavano – la
notte – sulla rete ferroviaria, oppure per le strane “installazioni
militari” dov’era impossibile avvicinarsi, giacché le SS di guardia
avevano l’ordine di sparare a vista, anche sulla popolazione locale
che non avesse rispettato l’inviolabilità di quelle aree.
Anche allora la vicenda – fino alla caduta del
nazismo – rimase sospesa per l’aria, una sorta di “leggenda
metropolitana” dell’epoca. I tedeschi erano stati abilmente
addestrati all’odio razziale, sapevano dell’ostracismo verso gli
ebrei, ma non avevano prove per capire chiaramente ciò che stava
avvenendo, giacché la censura militare del regime impediva alla minima
informazione di filtrare.
Anche la stagione
dello stragismo – in Italia – ha lasciato poche certezze: saltarono
per aria treni e stazioni, eppure si conosce, ancora oggi, assai poco di
quegli eventi. Possiamo affermare che la P2, Gladio, la Rosa dei Venti,
Ordine Nero e tutti gli interventi dei servizi segreti stranieri (CIA e
Mossad in testa) siano stati soltanto una “leggenda metropolitana”?
Video, ergo sum: così
potrebbe essere rivisitato il celebre assioma cartesiano nel terzo
millennio. Solo ciò che assume visibilità mediatica ha valore di
prova, ancor più delle sentenze della magistratura: ciò che a molti
sfugge è che non è vero il contrario, ovvero che ciò che non ha
visibilità mediatica sia inesistente.
Non vorremmo tediare il lettore con i miti di Orwell
che ormai tutti conosciamo: solo proporre una meditazione più
approfondita sugli eventi, giacché anche lo sterminio nazista sfuggì
(o fu lasciato sfuggire) al grande fratello dell’epoca, ovvero ai
giornali ed alla radio.
Per spiegare compiutamente il fenomeno del traffico internazionale di
organi destinati ai trapianti non bastano poche righe, e rimando quindi
il lettore al testo (Carlo Bertani – Ladri
di Organi – Malatempora – Roma – 2005 – euro 8) giacché
l’intreccio perverso d’interessi economici, imprinting culturali,
spregio del valore della vita umana, corruzione, ignoranza, controllo
mediatico, neocolonialismo e povertà endemica di vaste aree del pianeta
costituisce il mix esplosivo della vicenda, l’humus
dal quale nasce il turpe commercio, l’omicidio per rapina di un cuore
o di un rene.
All’esterno delle
mura del castello poteva avvenire qualsiasi nefandezza, ed il feudatario
non se ne interessava molto: dedicava maggiori attenzioni alla
tassazione della popolazione od all’arruolamento di carne umana per
alimentare la fornace della guerra.
Allo stesso modo, sappiamo assai poco di quanto
avviene all’esterno del castello-Europa o – più correttamente –
della fortezza-Occidente. Ciò che c’interessa è che i flussi delle
materie prime per gli apparati industriali siano costanti, che petrolio
e rame, gas e diamanti giungano regolarmente all’interno delle mura.
Sono ammessi anche i nuovi schiavi – quelli che chiamiamo
“clandestini” od “immigrati” – giacché, per un tozzo di pane,
raccolgono pomodori o si arrampicano sulle impalcature al nostro posto.
Se poi, in qualche landa disperata e lontana dalle
mura, qualche brigante uccide per trovare un rene od un cuore che può
salvare la vita al figlio del barone…beh…allora si può chiudere un
occhio, come li hanno chiusi entrambi – nel novembre del 2004 – i
componenti della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei
Deputati, chiamati ad esprimersi sulla vicenda del Mozambico.
Attenzione: non hanno affermato l’inesistenza del fenomeno, ne hanno
semplicemente depotenziato la deflagrante criminalità, circoscrivendo
il fenomeno in un sapiente (sic!) verbale (commentato nel testo) condito
con molto Valium e tanto “politichese”.
Purtroppo, il commercio internazionale d’organi
destinati ai trapianti è un cancro che ha metastasi nella pedofilia,
nella guerra, nel traffico d’esseri umani. Proprio il traffico di
carne umana ci può aiutare a comprendere perché il fenomeno viene
bollato come “leggenda metropolitana”, giacché trae origine dal suo
antenato ed archetipo: lo schiavismo.
Sapevano, i raffinati
nobili europei che acquistavano uno schiavo per reggere l’ombrellino
parasole alla signora, che la prassi dei negrieri arabi – quando
assalivano un villaggio – era quella di catturare quasi solamente
donne e bambini? E gli uomini? Per cautelarsi da possibili ritorsioni,
li uccidevano tagliando loro una gamba e li lasciavano morire
dissanguati. Crimini avvenuti nella notte dei tempi? No, accaduti poco
più di un secolo or sono nell’area Sahariana.
La contraddizione sulla mercificazione dell’essere
umano è e fu stridente: mentre a Parigi s’osannavano i nuovi principi
di libertà dell’Illuminismo, i negrieri francesi facevano affari in
Africa e nelle Americhe.
Mentre dichiariamo di voler “esportare” la democrazia ovunque –
anche a rischio d’uccidere i destinatari di tanta giustizia – non
sappiamo che, già nel 1984, Al-Gore redasse un preciso verbale di
fronte alla Camera dei Rappresentanti che inchiodava un trafficante
d’organi, un medico americano.
Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro ha
dovuto ammettere – nel luglio del 2005 – che alcune intercettazioni
telefoniche ed ambientali indicavano chiaramente che “fra le attività
criminali degli organizzatori dell’immigrazione clandestina c’era
sicuramente la tratta d’esseri umani destinati ai trapianti
d’organi, senza alcun dubbio”. Il magistrato fece l’ammissione –
inequivocabile – quasi ad occhi bassi, come se si vergognasse di ciò
che stava dicendo.
Possiamo comprendere il ribrezzo del magistrato nell’aver scoperto
tanto orrore: non per questo, però, sarà necessario prevedere un
processo “a porte chiuse”. D’altro canto, non è la prima volta
che accade: due medici turchi sono stati sospesi dall’attività dalla
Sanità Pubblica turca per traffico d’organi.
Nel mezzo della
tempesta ci sono l’AIDO, il Centro Trapianti e le Commissioni
Parlamentari che ci assordano con tanto silenzio. Sulle nuove razzie
schiaviste in Mozambico, sul turpe commercio in Afghanistan, sulla
rapina dei reni in Moldavia e sul commercio d’organi su Internet mai
una parola, anzi, un coro di disapprovazione per chi tenta di portare a
galla il problema.
Se molti sanno – come l’ex ministro per la
famiglia del primo governo Berlusconi (1994), Antonio Guidi – il quale
dichiarò pubblicamente che “L’Italia è terra di passaggio: quei
bambini attraversano il nostro paese come uccelli migratori, ed il loro
destino è d’essere abbattuti”, perché nessuno cerca di squarciare
il velo omertoso?
Non basta affermare che le indagini sono difficili, che le mafie
internazionali “coprono” i loro traffici con astuzia, veleggiando
ora in un “paradiso fiscale” e domani in un sito Internet: c’è
dell’altro.
Il traffico d’organi è il più turpe mercato che
si possa immaginare, ma è un mercato che segue anch’esso le regole
del liberismo: si compra dove le materie prime costano poco, e si opera
sapientemente affinché le condizioni di povertà mantengano quelle aree
come serbatoi di materie prime a basso costo.
Quanto vale la vita di un africano che vive con gli aiuti
internazionali? E quella di un bambino abbandonato in una metropoli
brasiliana? Chi li protegge? Chi s’accorge se spariscono?
Ecco da dove inizia il cammino della nuova schiavitù, interi od a
pezzi: oggi sei utile per raccogliere pomodori, domani potresti fornire
un cuore a chi ne ha bisogno. E’ una novità?
Assolutamente no: dal punto di vista giuridico, abbiamo soltanto
restaurato – di fatto – il diritto di vita e di morte sugli schiavi,
come avveniva nel mondo antico e nelle piantagioni americane.
Le nostre analisi sono estreme, poco credibili, fastidiose?
Chiedetelo ai bambini del Mozambico od a quelli afgani: chiedete loro se
si sentono una “leggenda metropolitana”, oppure se hanno letto
“Hansel e Gretel”. Non l’hanno letto, l’hanno vissuto.
Carlo Bertani
bertani137@libero.it
www.carlobertani.it