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Il commercio senz’anima
di Pierluigi Paoletti www.centrofondi.it

Probabilmente Ford non si rendeva conto di quello che avrebbe scatenato cominciando a produrre auto a buon mercato per venderle ai suoi operai.
Da che mondo e mondo, infatti, c’è sempre stata una piccola cerchia di fortunati che godevano delle fatiche dei molti: dai Faraoni egiziani che si costruivano le tombe con il lavoro degli schiavi, ai Romani che gozzovigliavano mentre una moltitudine di lavoratori a costo zero costruivano per loro l’impero, fino ad arrivare all’ottocento dove lavoratori sottopagati permettevano alla nuova borghesia di godere un alto tenore di vita.
   
Con la depressione degli anni ’30 la classe industriale americana si trovò in grave difficoltà per carenza di clienti e allora…il colpo di genio: fare prodotti meno costosi per venderli alle classi medio basse. Si iniziò a migliorare le retribuzioni della classe operaia e dei colletti bianchi per permettergli di poter comprare sempre di più – con una mano si dava con l’altra si riprendeva - le lotte sindacali furono usate per far passare come conquiste del proletariato quello che era stato stabilito a tavolino dalla classe industriale.

L’esperimento cominciò a funzionare e dopo la vittoria della Seconda Guerra Mondiale questa formula venne esportata (gli americani esportano sempre tutto) anche nel vecchio continente e nel Giappone devastato dalla guerra.
   
Le materie prime a basso costo furono reperite, specialmente in America del sud e Africa con l’aiuto di due organismi nati nel dopoguerra la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale attraverso il meccanismo dell’indebitamento dei paesi e dell’appoggio a “dittatori” compiacenti.
L’americanizzazione dell’Europa e del Giappone dette luogo a quello che tutti chiamarono il boom economico, le condizioni di vita migliorarono per tutti e ci fu l’accesso delle classi più basse all’istruzione.
    In questa fase le Corporations americane diventarono i maggiori esportatori mondiali allargando ancora di più
il parco consumatori ed i profitti andavano a gonfie vele.

Dagli anni ’70 agli anni ’90 ci fu una stabilizzazione dei profitti: il costo del lavoro era aumentato notevolmente ed era necessario dare un’ ulteriore accelerazione.
Il mondo industriale, decise di spostare alcune lavorazioni nei paesi dove la manodopera costava ancora pochissimo e le grandi multinazionali si spostarono in Messico e nei paesi  asiatici come Taiwan, Malesia, Indonesia ecc. seguite poi dalle industrie europee che “delocalizzarono” nei paesi dell’est europa.
   
Nel 1992 con la nascita del Mercato Unico Europeo e nel 1995 con la nascita del World Trade Organization si è dato vita alla fase attuale. Un mercato globale (la famosa globalizzazione) senza regole fastidiose come dazi e contingentamenti.
    Le imprese italiane vengono “svendute” con vistose complicità politiche, a vantaggio delle grandi multinazionali, lo sanno bene la Locatelli , l’Invernizzi, la Buitoni , la Galbani , la Negroni , la Ferrarelle , la Peroni , la Moretti , la Fini , la Perugina , la Mira Lanza finite in mani anglo-americane nei primi anni ’90 e molte altre aziende della grande distribuzione, acque minerali e moda finite in mani francesi alla fine degli anni ’90;
le piccole (tessile, pellami, calzature) soccombono sotto i colpi della concorrenza “sleale” di chi non ha regole sindacali e festività da rispettare.

Si parla che gran parte del deficit commerciale che gli americani hanno con la Cina finisce nelle tasche delle multinazionali. Si aprono le fabbriche in Cina e si rivende in occidente con profitti aumentati a dismisura perché i prezzi salgono invece che diminuire.
Questa secondo noi è l’ultima fase, senza regole, la più cruenta perché chi ha messo in piedi questo meccanismo con lucidità diabolica, sa benissimo che la fine è vicina.
   
Negli ultimi anni molte aziende hanno chiuso e molte altre lo faranno tra breve, o perché delocalizzano in Cina o perché chiudono punto e basta; nel frattempo l’indebitamento di coloro che devono consumare è arrivato al limite fisiologico e siamo sempre più vicini al momento in cui la discesa dei consumi in occidente, per troppo tempo rimandata, si farà sentire.
Perché altri bacini di consumatori si creino passeranno degli anni, la Cina ha un potenziale enorme, ma per portare i lavoratori cinesi al livello del consumismo occidentale devono passare ancora degli anni ed il tempo non c’è.
Quale sarà la prossima mossa delle Corporations made in Usa?
La cosa è superfluo dirlo ci preoccupa e non poco.


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