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IL RETAGGIO DI COLOMBO

Alla scoperta della più grande operazione commerciale spagnola
A cura di Alice Avallone

Ogni autunno a Genova si celebra Cristoforo Colombo. I libri di scuola continuano a riportare la scoperta dell’America al 12 ottobre 1492, ed anche in Università piace ricordare questa data. Questa storia fa dell’ammiraglio italiano un mito. Colombo viene finanziato dalla monarchia spagnola, dal re Ferdinando e dalla regina Isabella, attracca per caso con tre caravelle sull’isola di Guanahaní, poi a San Salvador, scopre un nuovo mondo, evangelizza la sua gente, e riporta in Europa patate, pomodori e cioccolata. Non si legge nulla di più.
Ed invece, la storia vera è in qualche modo addirittura più interessante. L’impresa venne sostenuta economicamente dal Vaticano, attraverso una compartecipazione tra Papa Innocenzo VIII e la dinastia di banchieri dei Medici, che avevano stretti rapporti commerciali e finanziari con la Santa Sede. Forse noi italiani abbiamo trovato solo ‘altro’ nel 1492, come i Greci scoprirono il loro ‘altro’ in Asia incontrando i Persiani, ed i Romani si scontrarono con il loro ‘altro’ nei barbari venuti dal nord e negli invasori venuti del sud. E forse la Spagna, più che scoprire, nascose l’America, e la scoperta di quelle terra è stata un’invasione, la conquista un genocidio, l’evangelizzazione un’oppressione culturale.

Ma Cristoforo Colombo non arrivò nemmeno per primo in America, anzi, aveva a disposizione mappe con confini e distanze approssimative. Nella Biblioteca Universitaria di Bologna, viene conservata una mappa realizzata da Grazioso Benincasa dieci anni prima che Colombo andasse in America e che traccia terre aldilà dell’Atlantico, Antilia e Saluaga. Tutto questo viene anche indicato nelle biblioteche Vaticane ed in alcuni appunti del diario del genovese, riguardanti merci che portava supponendo già cosa trovasse al suo arrivo. E’ inesatta anche il 1492. Su di una mappa ottomana la data della scoperta risulta l'890 dell'Era Araba, il nostro 1485. In realtà, il 1492 è semplicemente la data della morte di Papa Innocenzo VIII, al quale si attribuisce il merito della scoperta.
Non solo. Prima degli europei, in America arrivarono gli scandinavi. Numerose testimonianze ci arrivano dai racconti di questo popolo, in cui si narra dei viaggi intrapresi, delle difficoltà e delle popolazioni incontrate nell'altro mondo. Il fatto poi che venga celebrato il Leif Ericsson Day ne è la prova, e difatti sono stati trovati insediamenti precolombiani di fattura nord europea. Sicuramente una nave di vichinghi, di navigatori norvegesi, ha raggiunto le coste nord americane attorno al decimo secolo dC.

Un altro fatto singolare riguarda è il cartografo arabo Idrisi di Cordoba, grazie il quale si ha un’ulteriore testimonianza che quelle terre erano già conosciute dagli arabi in Spagna. Guarda caso nel 1492 vennero cacciati, e pochi mesi dopo Colombo, tenuto sulle spine da una decina di anni negandogli il permesso, partì. Le caravelle erano piene di perline, questo particolare non lo ricorda nessun libro. Chi avrebbe mai potuto apprezzare doni del genere? Altro mistero. Il suo luogotenente Pinzon, prima di salpare, si recò a Roma a consultare gli archivi segreti del Vaticano, e cosa poteva cercare se non mappe? E poi la tomba di Colombo, anzi, le tombe.  La prima a Siviglia, nella Cattedrale, strana e nemmeno tenuta molto in considerazione. La seconda a Santo Domingo, di cattivo gusto, una sorta di piramide azteca. Colombo snobbato, maltrattato ed imprigionato, e poi morto, recuperato ed osannato.
In Andalusia è ancora in vita la Duchessa Rossa, ultima discendente della famiglia dei Medina Simonia. Questa donna ha passato l’intera vita a studiare e catalogare ogni scritto conservato, in spagnolo antico e latino, conducendo approfondite ricerche. Il suo archivio racconta di patate e pomodori introdotti in Spagna all’inizio del ‘400,  di dame spagnole con pappagalli, di popolazioni nere dette Indios. E così risulta che l’America era già conosciuta prima di Colombo ed era il posto dove si andava a prendere l’oro, anche se ufficialmente proveniva dall’Africa. In questi documenti si parla di viaggi di venticinque giorni durante i quali le navi facevano la traversata e si recavano in quei luoghi dove c’erano fiumi con grandi pesci, uomini di colore e grandi distese di terra, che poi sono quelli intorno alle Antille, ai Carabi ed al Brasile. Era semplicemente vietato farne menzione, vietato da chi su di queste terre aveva un’ipoteca.

Forse è ora di cambiare qualche pagina di storia, ricordare meno date ma più avvenimenti veri, anche se decisamente meno suggestivi.


Mappa precolombiana con i confini americani

Bibliografia alternativa

- Mark Kurlansky: "Storia del pesce che ha cambiato il mondo"
-
Susy Bladi e Patrizio Roversi: "Quel poco che abbiamo capito facendo i Turisti per Caso "


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