Il veleno nel piatto
I rischi
mortali nascosti in quello che mangiamo
Marcello
Pamio – tratto dal libro “Il veleno nel piatto” di Marie Monique Robin,
ed. Feltrinelli
Non era mai
successo prima.
Nella lunghissima storia plurimillenaria l’uomo è sempre stato immerso
nella natura cercando con tutti i limiti del caso, di rispettarne il
ruolo basilare per la vita stessa.
Oggi invece, ci siamo così allontanati dalla Natura che viviamo
completamente immersi nella chimica di sintesi, cioè nell’anti-natura
per antonomasia.
Nel giro di poco più di un secolo, oltre 105.000 sostanze chimiche
diverse sono state immesse nell’ambiente dalle industrie. Moltissime di
queste sono cancerogene, creano malformazioni nei feti e danni al DNA.
Le respiriamo, beviamo, mangiamo ogni giorno, e come se non bastasse, ce
le fumiamo e spalmiamo sulla pelle.
Qual è il
risultato di questa pazzia?
Crescita esponenziale di tutte le patologie cronico-degenenerative,
tumorali e autoimmunitarie.
La spesa sanitaria nazionale, cioè il mercato dei farmaci, cresce ogni
anno a vista d’occhio: nel 2011 ha raggiunto la ragguardevole cifra di
26,3 miliardi di euro (1), oltre 50.000 miliardi delle vecchie lire.
Ogni cittadino italiano quindi, spende all’anno di media, 434 euro, per
avvelenarsi.
Idem per i tumori:
nel 2011 nel nostro paese sono stati diagnosticati 360.000 nuovi casi di
tumori maligni, cioè 1000 nuovi tumori al giorno (2), senza contare
quelli epiteliali.
Escludendo infatti questi ultimi, il tumore più frequente tra uomo e
donna, risulta essere quello del colon-retto con quasi 50.000 nuove
diagnosi all’anno.
Pelle e intestino, sono gli organi più colpiti dal tumore.
La pelle è il primo organo a diretto contatto con l’ambiente esterno e
quindi con i veleni del mondo; il colon-retto è l’organo che accumula e
dovrebbe espellere verso il mondo esterno, i veleni e le tossine
autoprodotte con il nostro stile di vita.
Secondo l’ISTAT, i
decessi per tumore nel 2007 sono stati 172.000 (il 30%) degli oltre
572.000 decessi totali verificatisi quell’anno.
I morti per cause cardiovascolari sono stati invece 223.000 (il 39%).
Questi dati confermerebbero che la prima causa di morte sono i problemi
cardiocircolatori.
Ma non è così.
Quando una persona, magari di una certa età, muore in ospedale, si
certifica il decesso per arresto cardiocircolatorio e/o
cardiorespiratorio, e questo fa gonfiare le statistiche.
Se teniamo conto di questo artifizio matematico, oggi il cancro è
la prima causa di morte almeno nel mondo occidentale!
E’ chiaro come la luce del sole che la chimica in tutto questo gioca un
ruolo fondamentale.
Diossine nel
piatto
Nel
2006 è stata eseguita un’analisi chimica su campioni di alimenti,
provenienti da Gran Bretagna, Polonia, Svezia, Italia, Spagna, Grecia e
Finlandia, ha rinvenuto in tutti i prodotti - chi più, chi meno -
inquinanti vecchi e nuovi, comprese sostanze chimiche di tipo
persistente e bioaccumulabile come il DDT e i PCB banditi da decenni
perché riconosciuti cancerogeni.
La ricerca, durata 10 anni, ha preso in esame 27 campioni di alimenti
(tra cui latte, carne, pesce, pane, olio d'oliva e succhi d'arancia), di
marche comuni e presenti normalmente nei supermercati e ha riscontrato
la presenza di ben 119 contaminanti, tra cui le cancerogene diossine.
Questa è solo una delle tante indagini che dimostrano, dati alla mano,
come oggi, grazie alla mortifera industrializzazione della vita,
mangiamo chili di sostanze chimiche deleterie e cancerogene ogni anno.
Storia dei
pesticidi
I
pesticidi sono i soli prodotti chimici concepiti dall’uomo e
intenzionalmente liberati nell’ambiente per uccidere o danneggiare altri
organismi viventi.
Tutta la grande famiglia dei pesticidi, è identificabile dal suffisso “cida”
(erbicida, fungicida, ecc.), che deriva dal latino
cœdere, che significa “uccidere” o “abbattere”.
Quindi pesticidi, secondo l’etimologia sono dei sterminatori
di “pesti” (dall’inglese pest: animale, insetto o pianta
nociva e dal latino pestis che indica un flagello o una malattia
contagiosa).
Ecco perché nel mondo industriale, si evita accuratamente di parlare di
pesticidi, preferendo la dicitura prodotti fitosanitari, o
l’ancor più edulcorato, prodotti fitofarmaceutici.
Sostituire il termine corretto e reale pesticidi con
fitofarmaceutico non è solo un gioco di prestigio semantico che
rassicura tutti, ma mira proprio ad ingannare prima i coltivatori e poi
noi consumatori.
L’impiego di
pesticidi risale all’antichità, ma fino al Ventesimo secolo gli
sterminatori di pesti, erano derivati di composti minerali o
vegetali, di origine naturale (piombo, zolfo, tabacco o foglie di neem).
Oggi invece usiamo derivati cancerogeni del petrolio…
I pesticidi conobbero un primo balzo in avanti grazie alla chimica
inorganica del XIX secolo, ma bisognerà attendere la Grande Guerra
perché siano gettate le basi della loro produzione di massa, e questo
grazie allo sviluppo della chimica organica e della ricerca sui gas
bellici.
Pesticidi,
chemio e guerra chimica hanno un unico padre: Fritz Haber
L’origine storica dei pesticidi e dei chemioterapici, è intimamente
legata alla guerra chimica, la cui paternità è attribuibile al chimico
tedesco Fritz Haber, i cui lavori sul processo di fissazione dell’azoto
atmosferico, serviranno per la produzione dei famosissimi concimi
chimici azotati, ma anche degli esplosivi.
Allo scoppio della Guerra, Haber è alla direzione del prestigioso
Kaiser Wilhelm Institute a Berlino, e il suo laboratorio viene
sollecitato a partecipare allo sforzo bellico. La sua missione sarà
quella di sviluppare gas irritanti per stanare dalle trincee i soldati
nemici, e questo alla faccia della Dichiarazione dell’Aia del 1899 che
vieta l’uso di armi chimiche.
Tra tutti i gas
studiati uno solo emerge per caratteristiche utili allo scopo: il cloro.
Il cloro è un gas gialloverde (da cui il nome greco chloros che
significa appunto verde chiaro), estremamente tossico, caratterizzato da
un odore soffocante che penetra violentemente le vie respiratorie.
Il 22 aprile 1915
l’esercito tedesco scarica 146 tonnellate di gas di cloro (detto
dicloro o diossido di cloro) a Ypres in Belgio: le truppe
francesi, britanniche e canadesi, prese alla sprovvista caddero come
mosche, cercando di proteggersi le vie aeree con banali fazzoletti.
Fritz Haber pagherà molto cara questa vittoria, perché qualche giorno
dopo aver usato il gas, la moglie Clara Immerwahr, chimico pure lei, si
suicida con un colpo di pistola direttamente nel cuore, usando l’arma di
servizio del marito, promosso al grado di capitano.
Ma come si sa: business is business, e il lavoro è lavoro, per cui Haber
continua nella sua ricerca come se niente fosse successo.
Per gli Alleati,
che nel frattempo si erano dotati di maschere antigas, il cloro non fu
più un problema, per cui Haber mise a punto il fosgene, costituto
da una miscela di dicloro e monossido di carbonio. Meno irritante per
naso e gola del cloro stesso, ma rappresenta la più letale arma chimica
preparata a Berlino, poiché attacca violentemente i polmoni riempiendoli
di acido cloridrico.
Questa arma chimica, il fosgene, continua ad essere largamente
utilizzato come composto dei pesticidi, ed è uno dei componenti del
sevin, l’insetticida all’origine della catastrofe ambientale e
umanitaria di Bhopal nel dicembre 1984.
Verso al fine
della Guerra, quando le vittime dei gas si contano a decine di migliaia,
il Nostro lancia l’ultimo ritrovato, il gas mostarda, detto anche
iprite, che prende il nome dalla località in cui è stato
sperimentato, come il gas cloro: le trincee di Ypres in Belgio.
Gli effetti del gas mostarda sono terribili: provoca vastissime vesciche
sulla pelle, brucia la cornea causando cecità permanente e attacca il
midollo osseo inducendo la leucemia. Proprio la distruzione del midollo,
darà lo spunto di partenza alla grande ricerca medica per sviluppare il
prodotto principe dell’oncologia: la chemioterapia.
I lavori di Fritz
Haber, dopo l’armistizio, gli costarono l’iscrizione nella lista dei
criminali di guerra e per questo si rifugiò in Svizzera fino a quando
nel 1920 ricevette addirittura il Premio Nobel per la chimica.
L’ironia della sorte è che Fritz Haber era ebreo, ed è stato pure
l’inventore del Zyclon-B, il gas usato nei campi di concentramento.
Muore il 29 gennaio 1934 e non saprà mai che una parte della sua
famiglia morirà asfissiata dal gas che lui stesso ha inventato.
La
legge di Haber
Mentre sviluppava queste terribili armi, si dedicava anche a confrontare
la tossicità dei gas formulando una legge che permettesse di valutarne
l’efficacia, ossia la loro potenza letale.
Questa legge, usata ancor oggi, ha preso il suo nome: “legge di Haber”,
ed esprime la relazione tra la concentrazione di un gas e il tempo di
esposizione necessario a provocare la morte di un essere vivente.
La “legge Haber”, ha anche ispirato direttamente la creazione di uno
degli strumenti più crudeli, dal punto di vista morale, e più assurdi da
quello scientifico, per la valutazione e la gestione dei rischi chimici:
la “Dose Letale-50” o semplicemente DL-50.
Questo paradossale indicatore di tossicità, misura la dose di sostanza
chimica necessaria per sterminare la metà degli animali usati nei
laboratori.
Organoclorati e
il DDT
I
lavori del chimico tedesco spianarono la strada alla produzione
industriale degli insetticidi di sintesi, il più celebre dei quali è il
DDT (diclorodifeniltricloroetano) che fa parte della famiglia degli
organoclorati.
Gli organoclorati, sono composti chimici in cui uno o più atomi di
idrogeno sono stati sostituiti da atomi di cloro, formando una struttura
stabile.
Sintetizzato nel 1874 dal chimico austriaco Othmar Zeidler il DDT è
rimasto a dormire in un cassetto fino al 1939 quando il chimico svizzero
Paul Muller, stipendiato dalla Geigy (oggi Syngenta) individua le sue
proprietà insetticide. A tempo di record, nove anni dopo, per questa
grande scoperta ricevette il Premio Nobel per la medicina.
All’indomani della Seconda guerra mondiale il DDT è celebre in tutto il
globo come l’insetticida miracoloso. Questo sarà la manna per
l’industria chimica, in testa Monsanto e Dow Chemical che dal 1950 al
1980 riverseranno nel mondo 40.000 tonnellate. Solo nel 1963 la
produzione tocca le 82.000 tonnellate.
Prima del suo divieto, avvenuto nel 1972, gli USA saranno irrorati con
675.000 tonnellate di DDT.
Nonostante sia classificato dall’OMS come “moderatamente pericoloso” i
suoi effetti a lungo termine sono disastrosi: perturbatore endocrino,
tumori, malformazioni congenite, disturbi della riproduzione, ecc.
Organofosforati
Una
seconda categoria di insetticidi fa la sua comparsa dopo la Seconda
Guerra Mondiale: gli organofosforati, il cui sviluppo è legato sempre
alla ricerca militare di nuovi gas bellici.
Queste molecole sono concepite per attaccare il sistema nervoso degli
insetti e presentano una tossicità molto più elevata degli
organoclorati. In questa pericolosissima famiglia troviamo:
parathion, malathion, diclorvos, clorpirifos, sevin e il sarin
(gas sviluppato nei laboratori della nazista IG Farben, oggi considerato
dalle Nazioni Unite “arma di distruzione di massa”).
Agli inizi degli
anni Quaranta, i ricercatori isolano l’ormone che controlla la crescita
delle piante, riproducendone sinteticamente la molecola. Constatano che
iniettando l’ormone in piccole dosi, si stimola la crescita delle
piante, mentre in dosi massicce, provoca la morte della pianta.
Così creano due diserbanti che danno il via ad una vera e propria
“rivoluzione agraria”. Si tratta dell’acido 2,4-diclorofenossiacetico
(2,4-D) e il 2,4,5-triclorofenossiacetico (2,4,5-D), due molecole che
fanno parte dei clorofenoli.
Per comprenderne la pericolosità, è bene sapere che una miscela dei due,
origina il tristemente noto “agente arancio”, il defoliante usato
dall’esercito americano nella Guerra in Vietnam. Dal 13 gennaio 1962 al
1971 sono stati sganciati qualcosa come 80 milioni di litri di
defolianti.
Oggi in Europa come siamo messi?
Ogni anno
vengono sparse nell’ambiente 220.000 tonnellate di pesticidi: 108.000
tonnellate di fungicidi, 84.000 tonnellate di erbicidi e 21.000
tonnellate di insetticidi. Se ci aggiungiamo le 7000 tonnellate di
“regolatori della crescita” questo equivale a mezzo chilo di sostanze
attive per ogni cittadino europeo.
L’80% delle sostanze irrorate riguarda solo quattro tipi di colture, che
però rappresentano il 40% delle superfici coltivate: i cereali a paglia,
il mais, la colza e la vite (uno dei prodotti dove si usa più chimica)
Cosa provoca
nella salute umana tutta questa chimica?
Dipende
ovviamente dall’esposizione e dal tempo di esposizione.
I più colpiti ovviamente sono le popolazioni agricole, soprattutto i
coltivatori che maneggiano queste sostanze, senza una corretta
protezione; poi veniamo noi consumatori.
I disturbi osservati riguardano prevalentemente le mucose e
l’epidermide, con irritazioni, ustioni, prurito o eczemi; l’apparato
digerente; sistema nervoso; malattie neurodegenerative come il morbo di
Parkinson o le miopatie, alcuni tipi di cancro (cervello, pancreas,
prostata, pelle e polmone) e quelli del sangue; leucemie, linfomi non
Hodgkin.
Questo tipo di linfoma, secondo l’Istituto nazionale per la ricerca
sul cancro di Bethesda (USA), in 18 dei 20 studi esaminati è
associato agli erbicidi a base di acido fenossiacetico, i
pesticidi organoclorati e organofosforici.
Altri risultati, questa volta dell’Istituto nazionale per la
ricerca sul cancro di Rockville, indicano per i clorofenoli
una supermortalità per quattro tipi di cancro: linfoma NH, tumore al
cervello, alla prostata e all’intestino.
Una trentina di studi epidemiologici hanno esplorato il rischio di
tumore al cervello tra gli agricoltori e la maggioranza evidenzia un
aumento del rischio del 30%. Il tumore al cervello è in crescita
esponenziale, soprattutto a livello pediatrico, cosa questa
inconcepibile solo qualche decennio fa.
Il Gaucho e le
api
Prodotto a base di imidaclopride ideato dalla Bayer ha fatto “miliardi
di vittime”.
Si tratta di un insetticida sistemico che viene applicato sulle sementi
e penetra nella pianta attraverso la linfa avvelenando i parassiti della
barbabietola, del girasole o del mais. Ma purtroppo avvelena anche gli
insetti pungitori-succhiatori come le api. Si stima che tra il 1966 e il
2000 solo in Francia siano spariti letteralmente 450.000 alverari.
Dove finiscono
i pesticidi?
Secondo
David Pimentel, professore di Agricoltura e scienze della vita alla
Cornell University: “meno dello 0,1% dei pesticidi applicati per il
controllo degli agenti nocivi raggiunge il bersaglio. Più del 99,9% dei
pesticidi migra nell’ambiente, e qui aggredisce la salute pubblica,
contaminando il suolo, l’acqua, l’atmosfera dell’ecosistema”.
Nel corso della stagione il ruscellamento porta via in media il 2% di un
pesticida applicato al suolo, raramente più del 5% o 10%...
In compenso si sono osservate perdite per volatilizzazione tra l’80-90%
del prodotto applicato, alcuni giorni dopo il trattamento. Con i
trattamenti aerei può essere portato via dal vento fino alla metà del
prodotto.
In conclusione la stragrande maggioranza di questa chimica mortifera
torna nell’ambiente e va ad inquinare pericolosamente il suolo, l’aria e
l’acqua, entrando di conseguenza nella catena alimentare umana, minando
la salute pubblica.
Cancro:
malattia della civiltà
L’adozione della parola “cancro” è attribuita a Ippocrate, che
osservando le ramificazioni che caratterizzano i tumori ne associò la
forma a quella di un granchio (karkinos in greco).
La parola karkinos è stata presa a prestito nel latino dal medico
romano Celso all’inizio della nostra era.
E’ al medico italiano Bernardino Ramazzini che si deve il primo studio
sistematico sul rapporto tra cancro ed esposizione a inquinanti o a
sostanze tossiche. Nel 1700 questo professore di medicina
dell’Università di Padova pubblica il De morbis artificium diatriba
(sulle malattie dei lavoratori e per questo considerato il padre della
medicina del lavoro), opera in cui presenta una trentina di corporazioni
esposte allo sviluppo di malattie professionali, i particolare al tumore
al polmone. Sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con il
carbone, piombo, arsenico, o metalli, come i vetrai, pittori,
doratori,vasai, conciatori, tessitori, chimici, speziali, ecc.
Aumento delle
malattie croniche e invecchiamento
Ovviamente per le industrie l’aumento di tutte le patologie, in primis
il cancro, non è dovuto alla chimica che loro stessi producono e
spargono nel pianeta.
Un argomento regolarmente avanzato per spiegare l’aumento delle malattie
croniche è l’invecchiamento della popolazione.
Certamente l’aspettativa di vita è cresciuta e quindi ci saranno più
anziani che possono ammalarsi di cancro, ma quello che bisogna esaminare
è l’evoluzione del tasso di incidenza dei casi di cancro o di malattie
neurodegenerative nelle varie fasce di età.
E qui constatiamo che il tasso di incidenza di certi tumori è
raddoppiato tra le persone di più si 65 anni.
L’invecchiamento
della popolazione non spiega perché negli USA il numero delle donne e
uomini che soffrono di tumore al cervello è 5 volte maggiore che in
Giappone. Senza parlare dei tumori infantili, il cui aumento non può
certo dipendere dall’allungamento dell’aspettativa di vita!
L’aumento dell’incidenza del cancro si riscontra in tutte le fasce di
età, soprattutto nelle più giovani, quindi non c’entra assolutamente
nulla l’invecchiamento della popolazione!
Per
esempio, tra una donna nata nel 1953 e una nata nel 1913, il rischio di
cancro al seno si è moltiplicato quasi per 3, mentre il rischio di
cancro al polmone si è moltiplicato per 5.
Tra un uomo nato nel 1953 e uno nato nel 1913, il rischio di cancro alla
prostata si è moltiplicato per 12, mentre il rischio di cancro al
polmone è rimasto uguale.
L’Agenzia
internazionale di ricerca sul cancro (IARC) con sede a Lione, ha
analizzato 63 registri europei del cancro, e il risultato è che nel
corso dell’ultimo trentennio, la crescita annua dell’incidenza è stata
dell’1% per la fascia di età da 0 a 14 anni e dell’1,5% per gli
adolescenti (15-19 anni).
Il fenomeno si aggrava di decennio in decennio.
Per i bambini il tasso aumenta dello 0,9% dal 1970 al 1980, ma del 1,3%
tra il 1980 e il 1990.
Per gli adolescenti la crescita è dell’1,3% tra il 1970 e il 1980 e
del’1,8% tra il 1980 e 1990.
Secondo il
voluminoso rapporto di 889 pagine intitolato Cancers et Environnement,
tenendo conto dei mutamenti demografici, e cioè aumento e invecchiamento
della popolazione francese, l’aumento dei tassi di incidenza dal 1980 è
stimato a +35% negli uomini e +43% nelle donne!
Questa è la triste realtà. Nonostante i grandi e molto ben
prezzolati esperti che in televisione continuano ad evangelizzare il
gregge ripetendo che i tumori sono in diminuzione, e questo ovviamente
grazie alla medicina e soprattutto agli screening di massa, la realtà è
ben diversa: negli ultimi trent’anni i tumori sono costantemente
aumentati!
Per essere ancora più precisi, 9 sono i tumori la cui incidenza NON ha
cessato di crescere nel corso degli ultimi 25 anni: il cancro ai
polmoni, mesoteliomi, emopatie maligne, tumori cerebrali, cancro al
seno, alle ovaie, ai testicoli, alla prostata e alla tiroide.
Cancro e stile
di vita
Secondo il nostri calcoli
- dice il direttore dello IARC, il dottor Christopher P. Wild - tra
l’80 e il 90% dei tumori sono legati all’ambiente e allo stile di vita”.
Questo è
ciò che risulta dagli studi sulle persone che migrano da una regione del
mondo a un’altra: dove l’esposizione agli inquinanti chimici e lo stile
di vita variano, i soggetti adottano per così dire il modello
cancerogeno delle regioni in cui si stabiliscono. Non è il loro
patrimonio genetico a cambiare, ma il loro ambiente, quindi si potrebbe
parlare di epigenetica.
Il risultato indica che l’ambiente svolge una funzione primaria nelle
cause del cancro!
Non ci sono ormai più dubbi che la chimica sta lentamente avvelenando la
Natura e noi stessi.
Chi controlla
la chimica e farmaceutica?
A
livello mondiale i giganti che controllano il settore della chimica e
agrosementiera (Big Agro) sono: Basf Agro SAS, Bayer
CropScience, Dow AgroScience, DuPont, Monsanto e Syngenta.
Big Pharma oggi è rappresentata da Pfizer, Glaxo Smith Kline,
Johnson & Johnson, Merck, Novartis, Astra Zeneca, Roche, Bristol-Myers
Squibb, Wyeth (Pfizer), Abbott Labs.
Con il termine Big Pharma s’intendono le prime 10
corporazioni della chimica e farmaceutica, cioè le industrie che a
livello mondiale controllano la produzione e vendita di veleni legali:
farmaci, vaccini e droghe.
Quello che non
tutti sanno è che Big Pharma e Big Agro sono tra loro
interconnesse e gestite dalle medesime figure, dai medesimi banchieri
internazionali….
Da una parte ci avvelenano lentamente con la chimica di sintesi,
predisponendoci a tutte le malattie possibili e immaginabili, e
dall’altra ci curano sempre con la chimica di sintesi…
Follia? No, il risultato è che siamo sempre più ammalati rispetto al
passato e non moriamo più di vecchiaia, ma per patologie degenerative e
tumorali.
In tutto questo folle (per noi, ma non per loro) sistema, le industrie
guadagnano migliaia di miliardi di dollari.
Non c’è alcun interesse da parte delle industrie, degli enti
sovranazionali di controllo e salvaguardia della salute (FDA, EMEA,
EFSA, OMS, ecc.), e ovviamente dei politici (beceri e squallidi
camerieri dei banchieri), a cambiare l’attuale tendenza.
Dobbiamo essere noi i fautori del cambiamento, e questo è un dovere
morale nei confronti dei bambini, di noi stessi e della Natura in
genere.
Tratto dal libro: “Il veleno nel piatto: i rischi mortali nascosti in quello che mangiamo", di Marie Monique Robin, ed. Feltrinelli