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Per
il C.N.R.
Pro e contro le centrali a turbogas
Pia Bassi
IN Italia sono in
fase di progettazione una decina di centrali termoelettriche a turbogas,
cioè impianti a ciclo combinato alimentati a gas naturale (metano); ma
dagli studi di Nicola Armaroli (ricercatore dell'Istituto per la Sintesi
Organica e la Fotoreattività del CNR di
Bologna) e Claudio Po (medico presso l'Unità Operativa Rischio
Ambientale dell'Asl del capoluogo emiliano) risulterebbero meno
"puliti" di quanto ritenuto sinora. Utilizzando dati su
impianti analoghi funzionanti in California è emerso che una
centrale da 780 MW di potenza, che eroga 4670 GWh di energia,
emetterebbe ogni anno, oltre ad anidride carbonica e ossidi di azoto (NOx)
già preventivati, anche 290 t di particolato (PM 10, PM 2,5 e PM 0,1 -
ovvero le "polveri" sospese in atmosfera, con diametro
inferiore rispettivamente a 10-2,5-0,1 millesimi di mm), 9 t di ossidi
di zolfo (SOx), 126 t di monossido di carbonio (CO), 205 t di metano e
42 t di altri composti organici volatili; sostanze che sarebbero
sottostimate, se non del tutto trascurate, dai progettisti. Criticabile
è anche una normativa che non impone controlli sul particolato
secondario (non emesso direttamente ma che si forma poi in atmosfera)
fine ed extrafine, cioè PM 2,5 e PM 0,1 particolarmente insidiosi per
l'apparato respiratorio. Di parere opposto è Ivo Allegrini, direttore
dell'Istituto Inquinamento Atmosferico del CNR di Roma: «Gli impianti
turbogas non costituiscono assolutamente una minaccia per la salute
pubblica, come dimostra lo scarso impatto ambientale di quello parmense».
Tutti, comunque, concordano sul maggior rendimento e minor impatto
ambientale rispetto alle centrali a carbone o a olio combustibile, che
andrebbero convertite al turbogas.
Inquinamento
a turbogas
Gianmarco Guazzo
Mentre Marzano annuncia la carica delle nuove centrali, arrivano ancora conferme sulla loro dannosità per la salute. Dopo quello del Cnr un nuovo studio congiunto delle università di Trento e Padova, sull'impatto di un impianto a Montecchio Maggiore (Vc), ha sottolineato i rischi derivanti delle emissioni di polveri fini
Ancora conferme
sulla dannosità per la salute delle centrali turbogas. Un nuovo studio
congiunto delle università di Trento e Padova, presentato ufficialmente
martedì scorso nella sede della Camera del Commercio di Vicenza, ha
alimentato le preoccupazioni recentemente espresse da cittadini di tutta
Italia in merito alla pericolosità delle emissioni di polveri fini e
ultrafini da centrali termoelettriche a ciclo combinato.
Lo studio, commissionato dalla stessa Camera di Commercio e redatto da
Paolo Baggio (Università di Trento), Giovanni Antonio Longo e Andrea
Gasparella (Università di Padova), riguarda i parametri di valutazione
dell’impatto del progetto di centrale termoelettrica di Montecchio
Maggiore (Vicenza), della potenza di 760 Megawatt, e prende in
considerazione tre punti essenziali: le emissioni in atmosfera, il
sistema termodinamico della centrale e le compensazioni ambientali.
Per quanto
riguarda il primo punto, si legge che la centrale, così come viene
presentata dal progetto redatto da Euganea Energia, emette una quantità
rilevante di ossidi di azoto, ossidi di carbonio e polveri. Una quantità
talmente elevata da superare, secondo lo studio, quella emessa
complessivamente dai 17 comuni del circondario. Le conclusioni relative
al secondo punto indicano che il sistema termoelettrico è dotato di un
“impianto non molto flessibile”, pur se fornito di turbine
collaudate e quindi affidabili. Quanto alle compensazioni dell'impatto
ambientale, infine, gli studiosi definiscono quelle che metterebbe in
campo Euganea Energia “poco percorribili perché generiche e
scarsamente documentate”.
Questa ricerca va ad aggiungersi all’ormai noto studio di Nicola
Armaroli e Claudio Po del Cnr, e rappresenta a livello nazionale un
ulteriore, autorevole campanello d’allarme sulla pericolosità delle
centrali turbogas per la salute umana e l’ambiente. Dice Stefano
Fracasso, assessore all’Ambiente e all’Ecologia del comune di
Arzignano (Vicenza): “E’ una relazione documentata, seria, che ha
preso in considerazione emissioni e polveri, ma che soprattutto ci
conforta rispetto alle posizioni che abbiamo assunto nelle varie
sedi”.
Sì, perché sono
circa due anni che le amministrazioni comunali della zona,
l’amministrazione provinciale di Vicenza, i comitati
“anticentrale” e i cittadini protestano contro l’installazione di
questo impianto sul loro territorio. Un po’ come sta succedendo a
Termoli, in Molise, dove gli stessi soggetti lottano da più di due anni
contro la costruzione di una centrale turbogas nella zona (della stessa
potenza di quella di Montecchio Maggiore), e dove ha avuto luogo, il 17
gennaio scorso, una grande manifestazione pubblica di protesta.
A questo punto è lecito affermare che la rete della mobilitazione
popolare contro la soluzione delle centrali a ciclo combinato si va
estendendo in tutta Italia, tanto da coinvolgere anche chi con le
turbogas c’entra poco, come Scanzano Jonico, che ha incluso
recentemente Termoli tra i luoghi da difendere e con cui essere solidali
nella protesta. In nome della difesa della salute pubblica e
dell’ambiente.