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Una
catastrofe innaturale
di
Paul Brown - tratto da «Internazionale» 16 gennaio 2004
I
cambiamenti climatici potrebbero provocare entro il 2050 l’estinzione
di un quarto delle piante e degli animali del pianeta. Un nuovo studio
lancia l’allarme. Nei prossimi cinquant’anni i cambiamenti climatici
porteranno all’estinzione un quarto degli animali e delle piante
terrestri: è quanto afferma il primo studio globale sugli effetti del
riscaldamento climatico sull’ambiente naturale. Le proporzioni della
catastrofe che incombe sul pianeta hanno sconvolto gli stessi autori
della ricerca.
Stando alle loro stime, oltre un milione di specie scompariranno entro
il 2050.
Una
prospettiva definita “spaventosa” dallo stesso Chris Thomas, docente
di biologia della conservazione all’università di Leeds, che ha
coordinato questa ricerca, svolta su quattro continenti e pubblicata la
settimana scorsa dalla rivista Nature. Gran parte delle perdite (oltre
una specie su dieci) è ormai irreversibile a causa dei gas già
rilasciati nell’atmosfera che causano il riscaldamento globale.
Tuttavia, secondo i ricercatori, intervenendo ora per ridurre
l’emissione di gas serra si potrebbe evitare che molte altre specie
subiscano la stessa morte. Lo studio è la prima valutazione su larga
scala degli effetti dei mutamenti climatici su sei regioni
biologicamente ricche del pianeta, per un totale pari al 20 per cento
delle terre emerse. Durato due anni, ha richiesto la più vasta
collaborazione di esperti a livello globale.
Come
hanno evidenziato le ricerche svolte in Europa, Australia, America
centrale e meridionale, le specie che vivono nelle regioni montuose
hanno maggiori probabilità di soppravivenza dato che possono
semplicemente salire di quota per stare più al fresco. Quelle delle
regioni pianeggianti come Brasile, Messico e Australia, sono più
vulnerabili in quanto dovrebbero spostarsi di migliaia di chilometri per
trovare condizioni adatte. Gli uccelli potrebbero in teoria volare verso
climi più ostili, ma gli alberi e gli habitat di cui hanno bisogno per
sopravvivere non li seguirebbero. Si prevede quindi che moriranno. “I
risultati sono di gran lunga peggiori di quanto pensassimo”, dice il
professor Thomas, “e anzi, la nostra potrebbe essere addirittura una
sottovalutazione”.
Una
delle scoperte più sbalorditive è la situazione di 24 specie di
farfalle in Australia: tutte, all’infuori di tre, spariranno da gran
parte della loro zona di distribuzione attuale e la metà si estinguerà
del tutto.
Importanti aree protette in Sudafrica, come il parco nazionale Kruger,
rischiano di perdere fino al 60 per cento degli animali e delle piante.
Nella regione del Cerrado, in Brasile (detta anche “savana
brasiliana”), che occupa un quinto del paese, rischia di estinguersi
quasi il 70 per cento delle 163 specie di alberi studiate. Molte delle
piante che crescono in questa savana si trovano solo qui.
I ricercatori sono arrivati alla conclusione che tra le 1.700 e le 2.100
di queste specie (cioè tra il 39 per cento e il 48 per cento del
totale) scompariranno. In Europa, il continente meno colpito dal
cambiamento del clima, i tassi di sopravvivenza previsti sono migliori
ma, secondo le stime più pessimistiche delle variazioni climatiche, un
quarto degli uccelli rischia di estinguersi, e la stessa fine farà tra
l’11 e il 17 per cento delle piante.
Intervenire
subito
Secondo
J. Alan Pounds e Robert Puschendorf, autori di studi sull’estinzione
delle rane in Costa Rica legate al cambiamento climatico, l’équipe di
Thomas è stata “ottimista”: se avesse preso in considerazione altri
fattori, oltre all’aumento della temperatuta, probabilmente le
estinzioni previste sarebbero state ancora più ingenti. “Il rischio
di estinzione aumenta via via che il riscaldamento globale interagisce
con altri fattori, come la modificazione del paesaggio, le invasioni di
specie più adattabili e l’accumulo di anidride carbonica; il tutto
finisce per sconvolgere le comunità e le interazioni negli
ecosistemi”.
Lo studio afferma,
inoltre, che se l’umanità continuerà a bruciare petrolio, carbone e
gas al ritmo attuale, fino a un terzo di tutte le forme di vita saranno
condannate a sparire entro il 2050. Il professor Thomas sostiene che è
urgente abbandonare subito l’economia basata sul carbonio:”E’
possibile ridurre drasticamente i gas serra nell’atmosfera e questa
ricerca dimostra perentoriamente che dobbiamo farlo al più presto. Se
riuscissimo a stabilizzare il clima e a invertire la tendenza al
riscaldamento, potremmo salvare molte specie: ma dobbiamo intervenire
subito”.