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Carcere
duro per stampa e pacifisti
Sara
Menafra - Il Manifesto -
20/11/2004
Legge
marziale permanente. La delega approvata al Senato rischia di mandare in
galera gli inviati di guerra, ma anche le Ong e i pacifisti colpevoli di
«collaborare col nemico» e di «nutrirli»
Non ci saranno solo gli inviati di guerra nel mirino del codice
militare, se la delega per la riforma approvata due giorni fa al Senato
dovesse essere confermata alla Camera. Due giorni fa il senatore
diessino Elvio Fassone, che ha seguito passo passo il testo in
commissione Difesa, spiegava che i giornalisti inviati in territori di
guerra, che «si procurano notizie concernenti la forza, la preparazione
o la difesa militare» e le diffondono, rischiano pene che vanno da
cinque a vent'anni di reclusione. Anche se gli obiettivi erano tutti
puntati sull'ennesimo rimpasto di governo è scoppiato il caso, con
giornalisti e parlamentari su tutte le furie.
A guardarci meglio, però, si scopre che la delega approvata dal Senato,
con 132 voti favorevoli e 45 contrari, ha contenuti parecchio più ampi
e capaci di trasformare il paese in uno stato militarizzato almeno per
tutta la durata delle missioni di Peace keeping in cui siamo coinvolti.
L'idea di fondo della delega n. 2493 è che durante le missioni di
guerra la giustizia militare applichi il Codice militare di guerra così
com'era stato scritto nel 1941, salvo qualche piccola modifica. Durante
i periodi di «conflitto armato» come quelli di Peacekeeping, appunto,
il parlamento decreta lo«Stato di guerra», che non è il «Tempo di
guerra» previsto dalla Costituzione e di fatto mai applicato dal 1945
ad oggi, ma una condizione adatta alle guerre di oggi, in cui si
interviene manu militari senza dichiarare niente a nessuno e che in
pratica attiverebbe comunque il Codice militare di guerra, ovvero la
legge marziale.
Applicare il codice di guerra durante le missioni di Peacekeeping
darebbe un potere enorme ai giudici della magistratura militare, che
oggi hanno invece competenze sempre minori (basti pensare che tutta la
magistratura militare italiana nell'ultimo anno ha prodotto sì e no
1000 sentenze). Ma attiverebbe anche una serie di norme pensate mentre
l'Italia era in guerra, e forse persino quelle pensate nel 1930 dal
Codice Rocco. Il nostro Codice penale, che non è altro quello del
Fascismo riformato, prevede una serie di norme che entrano in vigore in
«Tempo di guerra» e visto che la delega non lo esclude esplicitamente,
potrebbero entrare in vigore anche durante il nuovo «Stato di guerra».
Per dirne uno l'articolo 245 che punisce con la reclusione «da cinque a
quindici anni» «Chiunque tiene intelligenze con lo straniero per
impegnare o per compiere atti diretti a impegnare lo Stato italiano alla
dichiarazione o al mantenimento della neutralità». E se in questa
previsione finissero pure i pacifisti o i social forum che si riuniscono
a livello globale per parlare di pace, magari invitando anche
rappresentanti politici o di governo? Persino le Ong colpevoli di «Somministrazione
al nemico di provviggioni» (art. 248) potrebbero rischiare la «reclusione
non inferiore ai cinque anni». E a voler essere cattivi, i
tranistoppers di due anni fa che bloccavano treni e navi potrebbero
essere imputati di «distruzione o sabotaggio di opere militari» (art.
253).
«Il
buonsenso dice - spiega il senatore Fassone- che una serie di norme
siano adeguate all'oggi o abrogate. Però è anche vero che questa è
una delega a modificare, dunque tutto ciò per cui non c'è un mandato
specifico deve essere lasciato così com'è, e quindi queste norme
potrebbero diventare attuali». E' quello che accadrebbe per gli
articoli 72 e 73 del codice di guerra, quelli che potrebbero spedire in
galera i giornalisti.
Cambierà poco, invece, per i militari impegnati nelle suddette missioni
di Peacekeeping che applicano il codice militare di guerra già da due
anni. Su diretta richiesta della Nato, per la missione «Enduring
freedom» del 2002 l'Italia ha approvato una legge che sottopone i
militari impegnati nelle missioni internazionali al codice militare di
guerra. Grazie a quella legge i quattro elicotteristi di Viterbo, che la
primavera scorsa si sono rifiutati di volare perché i loro mezzi non
erano sufficientemente protetti, sono ancora sotto indagine per «ammutinamento»
e «codardia», anche se circa un mese fa la procura militare di Roma ha
chiesto di archiviare l'inchiesta.
Nel 2002 furono in pochi a stracciarsi le vesti, visto che si parlava di
militari. Per fortuna questa volta che l'estensione della legge marziale
rischia di spedire in carcere fino a vent'anni pure i giornalisti, ad
arrabbiarsi sono già in parecchi. Oltre al senatore Fassone, ieri ha
protestato contro la legge anche la deputata Elettra Deiana di
Rifondazione comunista e membro della commissione Difesa della Camera
secondo cui « Siamo di fronte ad una vera e propria
decostituzionalizzazione di fatto dell'articolo 11 della Costituzione
(quello che garantisce la libertà di stampa ndr)». Secondo Deiana
siamo di fronte all'«introduzione della legge marziale «senza garanzie
né procedurali né politiche ma a totale discrezionalità del potere
politico-militari e con la possibilità dell'estensione della stessa
legge marziale anche in ambiti personali».
Durissimo
pure il commento di Domenico Leggiero dell'Osservatorio per la tutela
del personale civile e militare: «L'idea di fondo è la separazione
definitiva delle forze armate dal resto dello stato italiano. Se la
delega sarà approvata avremo due stati, uno militare e uno civile,
nello stesso paese».