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Capitalismo o Sistema criminale?
Qual è il vero modello economico nel mondo di oggi?
Antonella Randazzo per www.disinformazione.it - 9 febbraio 2007  
Autrice del libro: "DITTATURE: LA STORIA OCCULTA"

Il capitalismo viene definito come un sistema economico e sociale in cui il capitale privato viene investito in attività economiche, stabilendo una separazione fra chi possiede i mezzi di produzione e chi offre la propria manodopera. Le caratteristiche essenziali sarebbero la libertà economica, la competitività e il libero mercato. Ma oggi nel mondo prevale davvero un modello con tali caratteristiche? Forse sarebbe più esatto sostenere che esistono più "capitalismi". Ne possiamo distinguere almeno due tipi: un tipo di capitalismo che chiameremo "teorico" e un altro definito capitalismo selvaggio o dei compari. Il capitalismo teorico coincide con la definizione classica del capitalismo quale sistema basato sull'imprenditoria privata. Il secondo tipo è stato definito "capitalismo dei compari" dall'economista Premio Nobel Joseph Stigliz[1], in riferimento al gruppo di imprese statunitensi che si appropriano delle risorse del paese e intascano grossi profitti. Le grandi imprese americane ricevono dal governo enormi somme, attraverso il Corporate Welfare. Spiega Stigliz:

Gli imprenditori generalmente sono contrari ai sussidi, tranne che per se stessi... il cosiddetto Corporate Welfare sembra quasi un omaggio delle abbondanti risorse del nostro paese. Le società minerarie, per esempio, possono sfruttare queste risorse praticamente per niente. Quando, nei primi anni dell'amministrazione cercammo di farle pagare, fummo messi in minoranza... Fino al 1993 avevamo concesso a titolo gratuito l'utilizzo delle nostre frequenze e le emittenti televisive e radiofoniche del paese, i magnati dei media, avevano costruito così le loro fortune. I progressi compiuti dalla teoria economica avevano dimostrato che era possibile indire delle gare di appalto e incamerare a nome e per conto dei cittadini americani il valore di queste risorse che appartenevano loro di diritto... Raggiungemmo un accordo con il capogruppo dei repubblicani al senato, Robert Dole, per introdurre una tassa a carico delle emittenti televisive per l'uso dello spettro e per un breve periodo sembrò che la cosa potesse andare in porto. Ma alla fine, la reazione dei media contro questo progetto riuscì a soffocarlo.[2]

L'élite americana del capitalismo selvaggio riceve sussidi dallo Stato, oppure, grazie alle loro lobby, ottiene sconti fiscali per milioni di dollari.
Questo tipo di capitalismo grava su tutti i cittadini, in quanto le ricchezze dell'élite dominante sono pagate dai cittadini.
Il capitalismo selvaggio o dei compari viene sostenuto dai governi americani in tutti i settori. Ad esempio, la guerra per il petrolio dell'Iraq è pagata dai contribuenti americani, ma i vantaggi dell'appropriazione dei pozzi petroliferi vanno alle grandi società petrolifere private come la General Electric e la Halliburton. Anche la ricerca scientifica negli Usa è spesso sovvenzionata con denaro pubblico, ma quando i ricercatori raggiungono un importante risultato, i capitalisti selvaggi possono brevettarlo e ottenere profitti privati da un investimento pubblico.  

Nel capitalismo teorico c'è libertà imprenditoriale (basta avere il capitale) e l'imprenditore persegue il benessere materiale della propria famiglia e di riflesso anche della società. Nel capitalismo dei compari, invece, non c'è un obiettivo di benessere sociale, ma soltanto di accumulazione senza fine dei capitali. Cioè bisogna espandersi all'infinito, come se ciò fosse possibile. La ricchezza deve per forza aumentare, ma ciò non dovrà corrispondere al maggior benessere di tutte le persone, ma semplicemente all'aumento fine a se stesso del capitale finanziario. Come osservano gli studiosi del gruppo Marcuse:

La nostra organizzazione socioeconomica esige che la ricchezza prodotta non smetta di aumentare, anzi che aumenti sempre più velocemente. E' necessario che il tasso di crescita sia sempre superiore a quello dell'anno precedente. In tale contesto, una crescita "soltanto" costante della ricchezza nazionale costituisce un insopportabile rallentamento, di cui noi subiamo le conseguenze più o meno a breve termine, poiché le nostre risorse si riducono sempre più ai soli redditi monetari... un buon numero di evoluzioni, quali l'urbanizzazione e l'estensione del salariato, spesso percepite unilateralmente come progressi, hanno anche reso gli individui sempre più dipendenti da un movimento economico che è sempre più indipendente dai loro bisogni.[3]

La pretesa di una crescita infinita crea una spirale distruttiva, in cui la crescita ritenuta necessaria avviene a discapito della salute e della vita umana.
Il capitalismo teorico prevede la possibilità per tutti di intraprendere un'attività economica, a seconda delle proprie aspirazioni e dei propri talenti. Il capitalismo selvaggio elimina la concorrenza in maniera spietata, utilizzando metodi mafiosi e terroristici. Negli ultimi venti anni, le Corporation hanno acquisito un potere mai avuto prima, a discapito delle piccole e medie imprese. Le grandi imprese sono "entità virtuali" ma hanno diritti come gli esseri umani. Esse non hanno alcun legame con luoghi particolari, eppure esercitano potere ovunque. Oggi possono utilizzare l'arma del "ricatto occupazionale", potendo trasferire l'attività industriale nei luoghi in cui la manodopera costa pochissimo e dove ottengono privilegi fiscali. Attraverso il Wto sono state imposte regole che difendono il potere dell'élite economico-finanziaria, eliminando concorrenza e competitività. Spiega Colin Crouch:

Il capitalismo post-industriale... ha iniziato il tentativo di smantellare gli accordi fatti dai suoi predecessori nell'industria e abbattere le barriere alla commercializzazione e mercificazione imposte dal concetto di cittadinanza tipico degli anni Cinquanta-Sessanta. In questo è stato fortemente aiutato dal World Trade Organisation (Wto)... (che) non riconosce altre priorità umane... L'unico diritto che il Wto protegge contro la libera concorrenza è il diritto di brevetto - da qui il suo appoggio alle multinazionali farmaceutiche per impedire ai Paesi poveri di mettere in commercio medicine di vitale importanza in preparazioni economiche e competitive.... Il Wto ha identificato il welfare state, compresi la pubblica istruzione e i servizi sanitari, come aree che dovrebbero essere aperte al mercato o alla privatizzazione... In seguito a queste pressioni, i contenuti del concetto di cittadinanza sono stati messi in discussione ovunque.[4]

Nel capitalismo selvaggio, i concetti considerati propri del capitalismo, quali "competitività" e "libero mercato", vengono dunque a costituire principi validi, di fatto, soltanto per la classe media e la gente comune. L'élite dominante, lungi dal rispettare le regole, basa il suo potere sulle agevolazioni e le sovvenzioni dello Stato, e sulla possibilità di infrangere qualsiasi legge, valendosi dell'egemonia finanziaria ed economica. In un sistema siffatto, le grandi Corporation concludono accordi fra loro, rafforzando così il loro potere.
Il capitalismo teorico deve nascere nella libertà di azione dell'uomo, e deve tendere a dare benessere materiale in modo spontaneo, senza pressioni di alcun genere. Il solo limite consiste nel rispetto delle leggi e dei diritti umani universali. 

Il capitalismo selvaggio, invece, mette al primo posto la sopravvivenza dello stesso sistema economico iniquo, mentre le vite umane possono essere spezzate a milioni pur di salvaguardare lo status quo. Tale sistema è basato sull'esistenza di un'area demografica agiata, che lo rafforza attraverso il consenso ideologico e il consumismo. Ma per la sua sopravvivenza occorre anche un'area disagiata.  Per abbassare il costo del lavoro occorre che essa sia quanto più possibile ampia. Il sistema del capitalismo selvaggio attua tecniche di vario genere per creare povertà ed eliminare la manodopera in sovrappiù, distruggendo le economie dei paesi più deboli. Esso si impone con la forza, e fa credere che l'economia sia una scienza esatta e quindi immune da ogni libera dissertazione. Ma l'economia non può essere una scienza esatta come la matematica, la fisica o la chimica, perché si basa sulle capacità d'arbitrio dell'uomo e possono esistere più sistemi economici. 

Come la Sociologia o la Psicologia , anche se utilizza la matematica, non può dirsi una scienza "pura". Le "leggi" che possono emergere dalle analisi o dalle ricerche economiche hanno sempre un margine di arbitrio, devono essere sottoposte all'analisi empirica, e non possono assurgere a conoscenze assolute e immodificabili. Ritenere che la disoccupazione, la povertà o la guerra debbano per forza esistere significa abbracciare il modello economico che l'élite dominante ci presenta come unico possibile o come migliore. Essa esercita tutto il suo potere per fare in modo che il suo modello non venga messo in discussione da nessuno, nemmeno dagli stessi economisti. L'élite dominante assolda i propri "economisti" e assegna loro i posti più importanti nelle università, curandosi che soltanto determinate idee e teorie saranno diffuse. 

Ad esempio, negli anni Ottanta e Novanta impose la cosiddetta "Scuola di Chicago", e dette fama a mediocri economisti, come Robert Lucas, disposti a sostenere che l'economia avesse una sua propria razionalità perfetta e in grado di garantire un perfetto equilibrio. Di conseguenza, non occorreva alcuna legge o intervento dello Stato. Secondo questa teoria, l'economia sarebbe come un'entità perfetta a sé stante, capace di una perfezione che nessun essere vivente possiede. Gli economisti della scuola di Chicago dovevano convincere tutti che era necessario "globalizzare" l'economia e distruggere il potere dei governi. Le tesi più insensate vennero sostenute da questi economisti, come spiega Walter Graziano:

Qualsiasi economista che non appartenesse (alla) corrente o che osasse rinnegarla era guardato poco meno che come un dinosauro... Se non avesse agito sotto l'ala protettrice di Chicago, con queste teorie Lucas avrebbe probabilmente suscitato grande ilarità... Secondo Lucas... se il governo non si immischia in faccende economiche si riuscirà facilmente a raggiungere un tasso pieno di occupazione... come per magia arriverà la piena occupazione... anche i migliori stipendi possibili per tutti i lavoratori di qualsiasi paese del mondo e di qualsiasi epoca.[5]

I capitalisti selvaggi impongono restrizioni di tipo culturale, economico e politico; il sistema che loro prediligono è la dittatura. La libertà è libertà per loro stessi di dettare le regole, di eliminare la competitività e di decidere chi deve andare avanti e chi deve essere portato al fallimento. Secondo questo modello deve dominare un'unica cultura, un unico gruppo e un unico potere politico. Per questo motivo le popolazioni devono essere tenute sotto controllo, anche nella loro crescita demografica. Thomas Robert Malthus (la sua teoria sarà ripresa da Lucas) sosteneva che le carestie e le epidemie erano "salutari" rimedi all'aumento demografico, indicato come problema più grave del pianeta. L'élite anglo-americana è seguace di Malthus, ma si rifà anche alle idee di Charles Darwin, secondo il quale la specie più forte domina, e quella più debole si estingue. Lo scopo di queste teorie è quello di imporre il sistema creato dall'élite dominante anglo-americana, che non lascia libertà né accetta una vera competizione, ma impone un assetto favorevole soltanto a pochi. Un falso capitalismo spacciato per vero.

Le scuole in cui nascono queste teorie sono finanziate dagli stessi personaggi che fanno parte dell'élite, come John D. Rockefeller, finanziatore della scuola di Chicago. Le industrie petrolifere, farmaceutiche, belliche ecc., oggi controllano le maggiori università del mondo. Possono dunque decidere ciò che è "scienza" e ciò che non lo è, ciò che va divulgato e ciò che va occultato. Persino il Premio Nobel per l'economia non è possibile conferirlo liberamente. Infatti, esso in realtà non è un vero Premio Nobel perché non viene dato dalla Fondazione Nobel ma da un gruppo di banchieri della Banca Centrale Svedese. Solo i banchieri si arrogano il potere di valutare i sistemi economici, per paura che le teorizzazioni umane possano spaziare liberamente, come avviene in qualsiasi altro campo dello scibile. Il modello da loro premiato[6] è quasi sempre quello liberale o neo liberale, che non mette in discussione lo strapotere delle banche e delle Corporation. 

Oggi l'analisi economica critica viene scoraggiata. Nelle università prevalgono gli studi occultamente dogmatici, in cui la scissione fra teoria e pratica non permette adeguate valutazioni e dissertazioni. Ogni discorso autenticamente critico viene malvisto e caricato di significati nefasti. Gli economisti più brillanti vengono bollati, nella migliore delle ipotesi, come "utopisti", "antiamericani" e "contro ogni sviluppo economico", mentre nella peggiore ipotesi vengono accusati di essere "terroristi". Il modello ultraliberale viene implicitamente considerato come il migliore, e viene indicato come l'unico che possa garantire un sistema democratico. Queste argomentazioni, ovviamente, omettono che questo modello costringe l'80% della popolazione mondiale a vivere in povertà, e utilizza mezzi criminali per impedire alla gente di avere governi democratici.

Lasciare la libertà assoluta a questo gruppo di persone fa sì che si abbia il mondo di oggi, in cui milioni di persone soffrono la fame e la miseria e in cui vige la legge del più forte. Tutto dipende dalle decisioni arbitrarie di queste poche persone: da loro dipende la vita o la morte, l'occupazione o la disoccupazione, l'investimento nell'industria o nelle rendite finanziarie ecc. Da queste persone dipendono anche le crisi economiche, le guerre, l'espansione dell'economia, la recessione ecc.

Oggi l'élite ha deciso di promuovere il capitalismo finanziario, che significa guadagnare denaro sul denaro stesso, senza produrre o lavorare. Coi flussi finanziari si nutre un'economia o la si distrugge, si sceglie chi deve vincere una guerra, o si decide chi deve vivere e chi morire. Ad esempio, nel 1997, il Fmi dette 17 miliardi di dollari alla Thailandia, 57 alla Corea del Sud e 40 all'Indonesia. Gli interessi chiesti erano altissimi. Le condizioni poste costringevano questi paesi a svendere le aziende locali a investitori stranieri. Si prometteva "sviluppo economico", che consisteva negli investimenti delle aziende straniere che andavano a sfruttare la manodopera locale e ottenevano agevolazioni fiscali. Inoltre, il Fmi poneva come obbligo la chiusura di alcune banche e la svalutazione della moneta locale. In tal modo il gruppo di imprese straniere, già molto forti, acquisiva un potere enorme, e bastava ritirare gli investimenti per far crollare l'economia e ottenere altre ricchezze locali a prezzi irrisori. 

Cosa che puntualmente avvenne. La distruzione delle economie dei paesi asiatici faceva parte di un ampio piano per ridurre la competitività. Al contrario che nel capitalismo teorico, nel capitalismo selvaggio si distrugge e si uccide pur di non avere concorrenti pericolosi. Il capitalismo selvaggio non vuole concorrenti, non vuole dare libertà se non ai pochi "compari" e diffonde povertà ovunque, spesso con l'inganno. Le vere caratteristiche di questo sistema vengono sistematicamente nascoste dietro argomentazioni filantropiche che fanno credere alla storiella del capitalismo che nel tempo da' benessere a tutti. Gli intellettuali da loro assoldati ricercano formule efficaci per convincere la gente che tale modello è capitalistico e che è il migliore. Ad esempio, Richard N. Haass e Robert E. Litan, direttori del Dipartimento di Politica Estera e di studi economici alla Brookings Institution di Washington, sostengono che gli Usa hanno una "missione" economica nel mondo e che "(non si può) abbandonare l'impegno americano alla diffusione dei mercati e della democrazia in tutto il mondo proprio nel momento in cui queste idee sono in ascesa".[7]

Nel capitalismo selvaggio, "libero mercato" significa la libertà per l'élite dominante di decidere il prezzo delle materie prime e di imporre a tutti i paesi regole favorevoli soltanto a loro stessi. Le autorirà dei paesi del G8 tutelano il loro commercio ma impongono ai paesi poveri di aprire i loro mercati, rafforzando così relazioni economiche diseguali.
Il capitalismo selvaggio, che si erge a modello assoluto e unico, prevede anche la necessità e l'ineliminabilità della guerra. Più il potere si accentra nelle mani di pochi, più si rafforza il militarismo e cresce la possibilità di guerra e di repressione. L'élite diventa feroce, si aggrappa al potere e manifesta un totale disprezzo vero i popoli, che insidiano il suo potere.

Il capitalismo teorico non richiede guerre, anzi, è nella pace che si esprime e si sviluppa, mentre il capitalismo selvaggio, essendo basato sul saccheggio e sulla legge del più forte, ha bisogno della guerra per imporre le sue regole mafiose, che propaganderà come "libertà" e "democrazia".
Gli economisti Lipsey e Lancaster hanno creato una teoria economica detta del "Teorema del secondo best". L'analisi dei due economisti prova che un sistema economico migliore per tutti i cittadini è quello in cui esistono leggi e interventi statali anche nel settore economico.

Ci sono due modi di intendere la partecipazione statale alla vita economica: uno è quello sostenuto dall'élite dei capitalisti selvaggi, che vogliono appropriarsi delle risorse statali col pretesto di "far crescere l'economia". L'altro è quello in cui potrebbe realizzarsi un capitalismo teorico, cioè in cui lo Stato agisce a tutela di tutti i cittadini, specie dei più deboli. Ciò richiede leggi che limitino l'azione delle società, che non sono "autoregolamentabili", ma richiedono, come gli individui, regole e leggi all'interno delle quali poter agire senza calpestare i diritti umani.

L'élite dominante ha cercato in tutti i modi di non diffondere le idee di Lipsey e Lancaster, perché erano diametralmente l'opposto rispetto alla cosiddetta "globalizzazione". Quest'ultima non è altro che l'estensione del capitalismo selvaggio al mondo intero, attraverso il saccheggio e la devastazione dell'economia dei paesi. I capitalisti selvaggi, avendo acquisito attraverso le guerre e attraverso l'egemonia economica-finanziaria un potere enorme, hanno imposto il proprio modello ai popoli attraverso istituzioni spacciate per "internazionali", come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Questi istituti sono nati durante la Conferenza di Bretton Woods, nel 1944, voluta dagli Usa che stavano vincendo la guerra per far capire chi comandava e avrebbe imposto le regole anche in economia.[8] La Bm e il Fmi, attraverso la trappola del debito, hanno costretto moltissimi paesi del Terzo Mondo a distruggere il potere dello Stato e l'economia, provocando miseria e fame per milioni di persone.

Nel capitalismo teorico la "libertà" è libera azione di intraprendere un'attività economica nel rispetto delle leggi, e non libertà totale delle imprese, come fossero poste al di sopra delle leggi. Non può esser data a nessuno la libertà di commettere crimini contro l'ambiente, la salute e la vita umana, nemmeno alle Corporation.

Economia come impresa o come forma di tirannide? Se il potere dell'élite predominerà e si rafforzerà in tutto il mondo, nessun essere umano potrà esprimersi in contrasto con l'ideologia dominante senza subire criminalizzazioni. L'élite al potere crede che lo smantellamento di una sola base americana, o se anche soltanto un piccolo paese potesse avere la libertà di gestire la propria economia, il sistema imposto crollerebbe. Questo spiega la ferocia delle truppe americane contro piccoli paesi  come il Vietnam, la Cambogia o Haiti, dove centinaia di migliaia di civili sono stati ferocemente uccisi per "salvare" il capitalismo selvaggio. Oggi continua il massacro, in Iraq, in Afghanistan, in Birmania, in Somalia, in Nigeria, in Sud America, in Liberia e in molti altri paesi. Le lotte social-comuniste contro il capitalismo non hanno fatto abbastanza chiarezza su cosa si intendesse per "capitalismo" e non hanno messo a fuoco quest'élite crudele, disposta a tutto pur di rimanere al potere. Non si tratta di lottare contro un sistema economico, ma contro un sistema mafioso, un gangsterismo, che si basa sulla legge del più forte e sperimenta sempre nuove armi per piegare i popoli. Nessuno è al sicuro. Occorre capire gli inganni e rifiutare i crimini che per tanto tempo ci sono stati propagandati come necessari perché parte del "capitalismo". Oggi forse occorrerebbe dire "uomini di tutto il mondo, unitevi!". Non si tratta di fare un'altra guerra, ma di acquisire la più profonda consapevolezza che la guerra, il crimine, l'abuso, la povertà, la miseria e la diseguaglianza non sono caratteristiche ineliminabili della realtà umana. Un futuro senza questi crimini è possibile se si sottrae potere a quelle poche persone che hanno creato l'attuale sistema.

Antonella Randazzo ha pubblicato Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos Edizioni, 2006); La Nuova Democrazia. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa (Zambon Editore 2007) e Dittatori. La Storia Occulta (Edizione Il Nuovo Mondo, 2007).

[1] Stigliz Joseph E., I ruggenti anni Novanta. Lo scandalo della finanza e il futuro dell'economia, Einaudi, Torino 2004, p. 254.
[2] Stigliz Joseph E., I ruggenti anni Novanta, Einaudi, Torino 2004, pp. 100-104.
[3] Gruppo Marcuse, Miseria umana della pubblicità, Elèuthera, Milano 2006, p. 53.
[4] Crouch Colin, Postdemocrazia, Edizioni Laterza, Bari 2005, p. 95.
[5] Graziano Walter, Hitler ha vinto la guerra, Arcana, Roma 2005, p. 26-27.
[6] Ad esempio, i premiati del 2005 sono stati Thomas C. Schelling e Robert J. Aumann per il lavoro intitolato“Teoria del Gioco”. Entrambi i personaggi appartengono al gruppo di intellettuali che sostengono l'amministrazione Usa. Nella "Teoria del Gioco" la guerra appare come un qualsiasi aspetto da studiare più che un terribile male da estirpare.
[7] Johnson Chalmers, Gli ultimi giorni dell'impero americano, Garzanti, Milano 2001, p. 300.
[8] Per maggiori approfondimenti si veda: Antonella Randazzo, La nuova democrazia. Illusioni di civiltà nell'Occidente ad egemonia Usa, Edizioni Zambon, 2007 e Dittature. La storia occulta, Edizione Il Nuovo Mondo, 2007.

 
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