Cancro: ebbene sì,
in Usa si studia il bicarbonato
Maurizio
Blondet - tratto dal sito Effedieffe -
http://www.effedieffe.com/
Anzitutto la
notizia, segnalata da un lettore:
«Il National Institute of Healt ha asssegnato un finanziamento di 2
milioni di dollari al dottor Mark Pagel, del Cancer Center
dell’Università dell’Arizona, per affinare la sua ricerca sull’uso del
bicarbonato di sodio nella terapia del cancro al seno».
Presto «comincerà una sperimentazione clinica sugli effetti del
bicarbonato contro il cancro sugli esseri umani. (...) Precedenti
ricerche sui ratti hanno dimostrato che il bicarbonato per via orale
aumenta il pH tumorale (ossia diminuisce l’acidità) e riduce le
metastasi del cancro al seno e alla prostata».
Così, a quanto pare, avrebbe ragione l’oncologo italiano Tullio Simoncini, che è stato radiato dall’Ordine dei medici perchè pretende di trattare il cancro inondando la zona di bicarbonato al 5%.
La notizia americana vendica anche il dottor Stefano Fais, gastroenterologo, che da anni cerca di promuovere il trattamento del cancro con somministrazione di «inibitori della pompa protonica» (nome sofisticato per i comuni farmaci antiacidi, che sono somministrati per l’ulcera). Il dottor Fais è sicuro che tali anti-acidi (lui usa il lansoprazolo) possono addirittura bloccare i tumori che sono diventati resistenti alla chemioterapia; ma non riesce a trovare cliniche disposte ad avviare una sperimentazione clinica su pazienti volontari; e ciò nonostante il dottor Fais non sia affatto un medico «selvaggio», bensì un direttore dell’ufficialissimo Istituto Superiore di Sanità, e più precisamente direttore del Dipartimento dei farmaci tumorali nel suddetto Istituto. Dunque uno che, quando parla, dovrebbe essere ascoltato: invece il dottor Fais s’è spesso lamentato anche sui media di «non riuscire a trovare un ospedale disposto a provare a trattare i cancerosi coi soli antiacidi», ottenendo al massimo che vengano usati insieme alla chemioterapia; anche se adesso sembra che qualcosa stia cambiando in meglio (QeA With Dr Stefano Fais - PPI and Cancer).
Tutti e tre i medici, l’americano Pagel e i due italiani, seguono lo stesso razionale, del resto ben noto a tutti gli oncologi: il tumore prospera in ambiente acido ed anzi lo genera attorno a sé, con ciò favorendo le metastasi; le cellule normali infatti muoiono in quell’alto livello di acidità in cui il cancro cresce. Dunque aumentare l’alcalinità dei circostanti tessuti, con il bicarbonato o gli anti-acidi, contrasta il proliferare delle cellule tumorali e pare che le obblighi ad auto-eliminarsi (apoptosi).
Anche le diete anti-cancro oggi raccomandate – abolizione della carne rossa, dei formaggi fermentati e riduzione delle proteine animali in genere, rinuncia agli zuccheri e carboidrati raffinati, e invece grandi quantità di verdura come cavoli e broccoli – sono diete alcalinizzanti. Il sangue umano, se sano, è lievemente alcalino (pH 7,4), e più è reso «acido» da diete carnee, meno bene ossigena le cellule; il mare è alcalino decisamente (pH 8,1), le acque minerali curative ancora di più (fra 9 e 11).
Dell’efficacia della terapia Simoncini posso testimoniare: un mio conoscente americano con cancro al fegato e pancreas quarto stadio, viene a Roma tutto giallo per ittero – la massa tumorale schiaccia il dotto biliare e lo occlude, sicchè la bile circola nel sangue – e con il prurito insopportabile collegato all’itterizia. Simoncini gli fa praticare una piccola apertura chirurgica sul ventre, e attraverso questa lo stesso paziente si inietta, più volte al giorno, siringoni di acqua e bicarbonato al 5%. Ebbene: in pochi giorni l’ittero scompare e sparisce il prurito, segno inequivocabile che la masssa tumorale s’è ridotta. Purtroppo il paziente è morto qualche settimana dopo a causa di una setticemia, perchè il sistema immunitario di un canceroso è ovviamente indebolito – altrimenti non si sarebbe sviluppato il tumore.
S’intende, quella
di Simoncini non è la cura del cancro; esso può tornare. Ma è certo che
ha migliorato la qualità della vita, e so di pazienti che sono invece
completamente guariti – probabilmente perchè il sistema immunitario, che
sorveglia ed elimina le cellule anomale che il nostro organismo produce
nella mitosi fin dal loro apparire, aveva superato lo squilibrio, ed era
tornato alla sua attiva funzione di «sorveglianza».
Il punto è che nemmeno la chemioterapia è la «cura» del cancro, e
pretende di ottenere una riduzione del volume o rallentamento della
proliferazione, ciò che a quanto pare Simoncini (e il dottor Fais)
ottengono con l’alcalinizzazione dei tessuti, e senza effetti
collaterali.
Resta da spiegare
questo fatto: come mai in USA, un medico che studia la terapia col
bicarbonato riceve un finanziamento pubblico di 2 milioni di dollari, in
Italia, viene processato per truffa e omicidio colposo, radiato
dall’albo dei medici e disonorato, come si faceva una volta (ora non
più) per i medici che procuravano aborti?
In Italia, ai medici ospedalieri è vietato consigliare trattamenti
alternativi alla chemioterapia ufficiale per contratto (vien loro fatta
firmare una apposita clausola) e sotto pena di licenziamento. Per
stroncare la terapia Di Bella, la ministra della Sanità di allora, Rosy
Bindi, fece cancellare dal prontuario nazionale i farmaci che Di Bella
usava, onde non poterono nemmeno essere prescritti (persino l’innocua
melatonina, oggi in vendita nei supermercati, i pazienti dovevano
farsela mandare dalla Svizzera). Da ultimo il caro dottor Paolo Rossaro
di Padova, che cura con l’acido ascorbico in vena ad alte dosi (un
protocollo adottato dalla clinica universitaria del Kansas), è stato
sospeso e condannato a pagare 500 mila euro per danni ai parenti di un
paziente morto dopo, o nonostante, il trattamento.
Un giorno ci si
dovrà spiegare come mai l’oncologia ufficiale, che inietta ai pazienti
sostanze che «mettono l’inferno nel corpo dei malati» (com’ebbe a dire
il professor Vittorio Staudacher, membro del Comitato Etico
dell'Istituto Nazionale dei Tumori), è riuscita a creare in Italia un
simile clima di chiusura verso ricerche promettenti, e di persecuzione
di chi le sperimenta.
Naturalmente è difficile chiamare in causa per questa situazione Umberto
Veronesi, di professione miliardario, e della sua sinistra egemonia
nella cancerologia italiana; probabilmente bisogna chiamare in causa i
vasti interessi delle multinazionali farmaceutiche, che da queste «cure»
ricavano miliardi (ogni malato di cancro costa al servizio sanitario,
con gli attuali protocolli chemioterapici, 60-80 mila euro l’anno), di
cui Veronesi e la sua covata di oncologi è solo l’espressione.
Non si dimentichi
che la conferma che il bicarbonato riduce il volume dei tumori molto
meglio che le chemioterapie citotossiche, segnerebbe la fine ingloriosa
di schiere di cattedratici universitari, di folle di primarii
pagatissimi, e di linee di ricerca fallimentari: tutta gente che
diverrebbe inutile. È logico che difendano le loro posizioni, anche a
prezzo della vita dei malati.
E tuttavia, come si constata, in USA è ancora possibile sperimentare
trattamenti alternativi, senza finire in galera; solo in Italia esistono
argomenti-tabù fino al punto che forze di potere, dalla magistratura ai
politici ad «oncologi» miliardari, reagiscono a chi prova ad infrangerli
distruggendo la persona, professionalmente e umanamente, gli tappa la
bocca, li condanna per omicidio (ma quanti ne ha uccisi la chemio?
Quanti ne ha uccisi Veronesi? Non si calcola mai).
Alla fine, quella che poteva essere una gloria italiana, e passare alla storia come «protocollo Simoncini» o «protocollo Fais», si chiamerà invece «Protocollo Pagel». Ma anche questo è un evento ricorrente, nella storia italiana.