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Michael Moore
- Dopo l'11 settembre
La
sacrilega alleanza tra i Bush e i Sauditi
di
Michael Moore tratto da http://it.geocities.com/comedonchisciotte/georgedarabia.html
Non mi interesso
delle teorie della cospirazione a meno che non siano vere o non
riguardino i dentisti. Credo che tutti i dentisti si siano riuniti in
qualche luogo ed abbiano deciso che il denaro reale si trovi all'interno
dei canali della radice ed è per questo che ogni volta che si entra da
loro si inizia con l'esame radiografico. Nessun altro mammifero deve,
come noi, passare attraverso questo tragitto.
Le domande che mi pongo sull'11 settembre non riguardano il modo con cui
i terroristi sono riusciti ad eludere il nostro sistema difensivo, o
come siano stati capaci di vivere nel nostro paese senza essere mai
scoperti, o come tutti i bulgari che lavoravano al WTC abbiano ricevuto
un comunicato segreto che li invitava a non recarsi quel giorno al
lavoro, o come le torri abbiano potuto venire giù così facilmente
quando si suppone siano state costruite per resistere ai terremoti, ai
maremoti e agli ordigni posti nei garage.
Queste erano tutte
domande alle quali la commissione investigativa sull'11 settembre
avrebbe dovuto rispondere. Ma la formazione della commissione fu
osteggiata dall'amministrazione Bush e dai repubblicani al Congresso. In
modo riluttante alla fine accettarono – per poi cercare di bloccare le
indagini facendo ostruzionismo all'ottenimento delle prove cercate.
Perchè la gente di Bush non vuole che venga fuori la verità? Che cosa
temono? Che gli americani pensino che fecero fiasco, che erano
addormentati quando si presentò la minaccia terroristica, che
volontariamente ignorarono gli avvertimenti di ex funzionari di Clinton
riguardo Osama bin Laden semplicemente perché odiavano Clinton (sesso!
cattivo!)?
Il popolo
americano è molto comprensivo. Non se la prese con Franklin Roosevelt
quando fu bombardata Pearl Harbor. Non rifuggì da John F. Kennedy dopo
il fiasco della Baia dei Porci. E non prestò molta attenzione al fatto
che durante la presidenza di Clinton 47 persone sono state assassinate
misteriosamente. E allora perché, dopo questo monumentale tracollo
della sicurezza nazionale, Bush non dice la verità, o, almeno, non
smette di impedire che la verità venga fuori?
Forse è perché George & Co. hanno molto da nascondere sul perché
non fecero decollare velocemente i caccia quella mattina. E anche perché,
probabilmente, noi, popolo, abbiamo paura di conoscere tutta la verità
in quanto non sappiamo per quali strade ci porti.
Sebbene pieno di quel sano scetticismo che è richiesto in ogni
cittadino di una democrazia, aderii a quell'impostazione mentale di base
tenuta dalla maggior parte degli americani nell'autunno del 2001: è
stato Osama e chiunque lo ha aiutato deve essere catturato e portato
davanti alla giustizia. E pensavo che questo era ciò che Bush stava
facendo.
E invece una notte
nel novembre 2001, mentre a letto, mezzo addormentato, stavo leggendo un
articolo nel The New Yorker di un giornalista investigativo, Jane Mayer,
mi imbattei in un paragrafo che mi fece sobbalzare seduto per
rileggerlo, perché non potevo credere a quello che diceva: "Circa
due dozzine di membri della famiglia bin Laden, la maggior parte qui a
studiare nei college e in altre scuole, si ritiene fossero negli Stati
Uniti al tempo degli attentati. Il New York Times aveva riportato che
furono rapidamente riuniti insieme da funzionari dell'Ambasciata
saudita, che temevano rappresaglie. Con l'approvazione dell'FBI, secondo
un funzionario saudita, i bin Laden volarono con un jet privato da Los
Angeles a Orlando, poi a Washington, e infine a Boston. Una volta
ottenuto il permesso della FFA al volo intercontinentale, il jet si
diresse in Europa."
Che cosa? Mi ero dimenticato una simile notizia? Mi alzai per cercare
sul New York Times, e trovai questo titolo: temendo pericoli, la
famiglia bin Laden vola via dall'America. La storia diceva: "Nei
primi giorni dopo l'attacco a New York e a Washington, l'Arabia Saudita
supervisionò l'evacuazione urgente di 24 membri della famiglia di Osama
bin Laden dagli Stati Uniti."
Così, con
l'approvazione dell'FBI e l'aiuto del governo dell'Arabia Saudita - e
sebbene 15 dei 19 dirottatori fossero cittadini sauditi – ai parenti
del sospettato numero uno fu permesso non solo di affrettarsi a lasciare
il paese ma le nostre autorità fornirono la necessaria assistenza!
Secondo il Times di Londra, "la partenza di così tanti sauditi ha
preoccupato gli investigatori, che ritenevano che qualcuno di loro fosse
in possesso di notizie sui dirottatori. Gli agenti dell'FBI hanno
insistito nel controllare i passaporti, compreso quelli della famiglia
reale".
E questo è tutto ciò che fece l'FBI? Controllare qualche passaporto,
porre alcune brevi domande, come "Ha preparato lei il suo
bagaglio?" e "I bagagli sono stati in suo possesso da quando
li ha preparati?".
Così, questo potenziale materiale di testimonianza fu mandato via con
un bon voyage e un bacio di addio. Come scrisse Jane Mayer sul The New
Yorker, "Quando chiesi ad un funzionario dei servizi segreti
americani se qualcuno aveva considerato di trattenere i membri della
famiglia, egli rispose - Questo si chiama prendere ostaggi. Noi no lo
facciamo".
Era serio? Io rimasi senza parole per lo shock. Avevo letto bene? Perché questa notizia non era stata riportata più diffusamente? Non voglio raccontare cose personali o altro, ma la mattina dell'11 settembre io ero appiedato a Los Angeles. Riuscii a noleggiare un'auto e a guidare 3000 miglia per tornare a casa – e tutto questo perché viaggiare sugli aerei era proibito nei giorni successivi all'attacco. E invece a jet privati sotto la supervisione del governo saudita – e con l'approvazione di Bush – fu permesso di scorrazzare nei cieli americani, trasportando 24 membri della famiglia bin Laden fino a farli giungere in Europa, senza che potessero essere raggiunti da funzionari investigativi americani. Un agente dell'FBI mi disse che il comando era "furioso" perché non gli era stato permesso di trattenere i bin Laden nel paese e condurre così una reale indagine – il genere di indagine che la polizia fa quando cerca di arrestare un assassino. Di solito alla polizia piace parlare con i familiari del sospetto per conoscere quello che sanno, chi conoscono, come potrebbe aiutare a catturare il fuggitivo. In questo caso non fu seguita alcuna di queste procedure.
Questo è
inverosimile. Abbiamo due dozzine di bin Laden sul suolo americano e
tutto quello che Bush fa è uscirsene con una scusa che non regge quale
quella di ritenersi preoccupato circa la "loro sicurezza". Non
poteva darsi che almeno uno dei 24 avesse qualcosa da dire? O almeno uno
di loro non poteva essere "convinto" a fornire il suo aiuto
per rintracciare bin Laden?
No. Niente di tutto questo. Così mentre migliaia di persone si
trovavano appiedate e non potevano volare, se tu avessi potuto provare
che eri un parente stretto del più grande assassino nella storia
americana, avresti ottenuto un viaggio aereo gratis intercontinentale!
Cominciai allora a domandarmi che cos'altro c'era che non ci avevano
detto. Così iniziai a scrivere un elenco di tutte le questioni che non
quadravano.
Allora, George W., che ne pensi di darmi una mano? Poiché la maggior
parte delle mie domande riguardano la tua persona, tu sei la persona
migliore per aiutare me – e la nazione – a spiegare quello che ho
trovato.
La mia prima
domanda è: E' vero che i bin Laden hanno fatto affari con te e la tua
famiglia negli ultimi 25 anni? Nel 1977, quando tuo padre ti sistemò in
una compagnia chiamata Arbusto, hai ricevuto finanziamenti da uno dei
tuoi vecchi amici, James R. Bath. James era stato assunto da Salem bin
Laden – fratello di Osama – per investire il denaro dei bin Laden in
varie iniziative imprenditoriali nel Texas. Circa 50.000 dollari, cioè
il 5% del controllo della Arbusto, viene dal sig. Bath.
Dopo aver lasciato il suo incarico, tuo padre è divenuto consulente per
il Gruppo Carlyle. La famiglia bin Laden ha investito come minimo 2
milioni di dollari nel Gruppo Carlyle. Risulta inoltre che Frank
Carlucci, segretario della difesa sotto Reagan e ora capo del Carlyle,
siede nel consiglio direzionale di una think tank chiamata Middle East
Policy Council insieme con un rappresentante della famiglia di bin Laden.
Dopo l'11 settembre, il Washington Post e il Wall Street Journal
sottolinearono questa strana coincidenza. La tua prima risposta, sig.
Bush, è stata quella di ignorare tutto questo, sperando che fosse
dimenticato. Tuo padre e i suoi amici al Carlyle non hanno rinunciato
all'investimento di bin Laden. Il tuo esercito di sapientoni ha detto:
non possiamo dipingere questi bin Laden con lo stesso pennello usato per
Osama. Essi hanno ripudiato Osama! Non hanno niente a che fare con lui!
Odiano e disprezzano quello che ha fatto! Questi sono i bin Laden buoni.
E poi è uscito il video. Mostrava alcuni di questi buoni bin Laden –
compresa la madre di Osama, una sorella e due fratelli – insieme ad
Osama al matrimonio di un figlio appena otto mesi prima dell'11
settembre. The New Yorker riportò che non solo la famiglia non aveva
tagliato i rapporti con Osama, ma aveva continuato a finanziarlo così
come faceva da anni. Non era un segreto per la CIA che Osama potesse
accedere alle fortune della sua famiglia (la sua parte è stimata in
almeno 30 milioni di dollari) e che i bin Laden, così come altri
sauditi, finanziavano adeguatamente sia Osama che Al Qaeda.
Sig. Bush,
settimane dopo l'attentato sul WTC e sul Pentagono, tuo padre e i suoi
amici rifiutarono di annullare il supporto finanziario fornito
dall'impero bin Laden. Fu solo dopo due mesi, quando sempre più persone
chiedevano una spiegazione per questa presenza dei bin Laden nella
proprietà Bush, che tuo padre e il Gruppo Carlyle furono costretti a
restituire i milioni ai bin Laden, chiedendo loro di lasciare la
compagnia come investitori. Perché c'è voluto tanto tempo?
Per rendere le cose ancora peggiori, si venne a sapere che uno dei
fratelli di bin Laden, Shafiq, si trovava la mattina dell'11 settembre a
Washington ad una conferenza del Gruppo Carlyle. Il giorno prima, alla
stessa conferenza, tuo padre e Shafiq erano stati visti discutere
insieme a tutti gli altri cervelloni del Carlyle.
Sig. Bush, nel
caso tu non capisca quanto bizzarro sia stato il silenzio dei media
riguardo i rapporti tra la tua famiglia e i bin Laden, permettimi una
analogia a come la stampa o il Congresso si sarebbero occupati di un
fatto simile, se la stessa scarpa si fosse trovata ai piedi di Clinton.
Se dopo l'attentato al Federal Building in Oklahoma, si fosse venuto a
sapere che vi erano rapporti finanziari tra Bill Clinton e la famiglia
di Timothy McVeigh, che cosa pensi avrebbero fatto il partito
repubblicano e la stampa? Non pensi che avrebbero fatto almeno due
domande, del tipo "Che significa questo?". Sii onesto, tu sai
la risposta. Avrebbero scuoiato vivo Clinton e gettato quello che
rimaneva della sua carcassa nel Gitmo.
Continuiamo con l'analogia Clinton, e immagina che nelle ore successive
all'attentato di Oklahoma, Bill Clinton improvvisamente si fosse
cominciato a preoccupare della incolumità della famiglia McVeigh a
Buffalo – e avesse organizzato un viaggio per portare loro fuori dal
paese. Che avresti detto, tu e i repubblicani?
Sig. Bush, i bin Laden non sono i soli sauditi con i quali tu e la tua
famiglia avete strette relazioni personali. L'intera famiglia reale
sembra essere debitrice nei tuoi confronti – o viceversa?
Il fornitore
numero-uno di petrolio agli Stati Uniti è l'Arabia Saudita, che
possiede le maggiori riserve petrolifere conosciute del pianeta. Quando
Saddam Hussein invase il Kuwait nel 1990, i sauditi si sentirono
minacciati e fu tuo padre, George Bush I, che venne a salvarli. I
sauditi non lo hanno mai dimenticato, e, secondo l'articolo del marzo
2003 su The New Yorker, alcuni membri della famiglia reale considerano
la tua famiglia come parte della loro.
Haifa, moglie del principe Bandar, ambasciatore saudita negli Stati
Uniti, afferma che tua madre e tuo padre "sono come mia madre e mio
padre. Io so che se ho bisogno di qualcosa posso andare da loro".
Come Robert Baer
– membro della CIA dal 1976 al 1997 – ha rivelato nel suo libro,
Sleeping With the Devil, tuo padre aveva un nome speciale per il
principe saudita che chiamava "Bandar Bush." Il principe
Bandar investe nel Gruppo Carlyle, ed è stato presente alla festa di
compleanno di tua madre, quando ha compiuto 75 anni. Ha donato 1 milione
di dollari al Museo e Biblioteca Presidenziali George Bush in Texas e ha
disposto una donazione di oltre 1 milione di dollari per la campagna di
alfabetizzazione di Barbara Bush. E' stata una relazione sicuramente
fruttifera. Quando c'è stato tutto quello sgradevole stress intorno a
quei coriandoli sospesi in aria sulle urne elettorali della Florida nel
tardo autunno del 2000, il tuo intimo amico Bandar era lì per la tua
famiglia, offrendo il suo sostegno. Portò tuo padre a battute di caccia
al fagiano in Inghilterra, per aiutare la sua mente a rimanere fuori da
tutto quel caos, mentre l'avvocato della famiglia reale – il tuo
avvocato, James Baker – andò in Florida a dirigere la battaglia
elettorale. (Baker rappresenterà più tardi la famiglia reale nel
procedimento intentato contro di lei dalle famiglie delle vittime
dell'11 settembre). Siamo giusti, sig. Bush, non sono solo i suoi
familiari a ricevere elargizioni saudite. Una grossa fetta dell'economia
americana si poggia sul denaro saudita. Hanno trilioni di dollari
investiti nel nostro mercato azionario e un altro trilione di dollari
depositati nelle nostre banche.
Se un giorno decidessero di ritirare improvvisamente tutto quel denaro,
le nostre corporazioni e istituti finanziari collasserebbero, causando
una crisi economica mai vista. Aggiungiamo poi che quel milione e mezzo
di barili di petrolio provenienti dall'Arabia e che rappresentano il
nostro fabbisogno giornaliero potrebbero sparire con un semplice
sghiribizzo saudita, e allora possiamo cominciare a capire come non solo
tu ma tutti noi siamo dipendenti dalla Casa Saudita.
Probabilmente ecco
perché hai bloccato I tentativi di scavare più profondamente nella
connessione tra Arabia Saudita e 11 settembre. I titoli lo gridavano il
primo giorno e lo gridano nello stesso modo oggi, due anni dopo:
terroristi attaccano gli Stati Uniti. Terroristi.
Io mi sono posto domande su
questa parola per qualche tempo, così, George, ti chiedo: se 15 dei 19
dirottatori fossero stati nord-coreani e avessero ucciso 3.000 persone,
i titoli del giorno dopo sarebbero stati: Corea del Nord attacca USA?
Sicuramente sì. O se fossero stati 15 iraniani o 15 libici o 15 cubani,
io credo che il pensiero convenzionale avrebbe detto: Iran (o Libia o
Cuba) attacca l'America! Invece hai mai sentito da qualcuno dire o visto
scrivere dopo l'11 settembre: "Arabia Saudita ha attaccato gli
Stati Uniti?". Non lo hai sentito. E allora la domanda successiva
è: Perché? Perché quando il Congresso ha rilasciato la sua indagine
sull'11 settembre hai censurato 28 pagine che riguardavano il ruolo dei
sauditi nell'attentato? Che cosa si nasconde dietro questo apparente
rifiuto di guardare al solo paese che sembra avere fornito i
"terroristi" che hanno ucciso nostri cittadini? Perché ti
impegni tanto a proteggere i sauditi quando avresti dovuto proteggere
noi?
Due notti dopo gli attacchi, secondo l'articolo scritto da Elsa Walsh su New Yorker, sei uscito sul balcone Truman della Casa Bianca a rilassarti e fumare un sigaro. Erano state 48 ore orribili e tu avevi bisogno di rilassarti. In quel momento privato, hai chiesto ad un amico di unirsi a te. Quando egli entrò alla Casa Bianca, vi abbracciaste, e poi gli hai chiesto di seguirlo sul balcone, dove gli offristi da bere. Entrambi accendeste i sigari, mentre guardavate fuori verso il monumento a Washington. Tu gli dicesti che se gli Stati Uniti non fossero riusciti a catturare qualche uomo di al Qaeda coinvolto negli attacchi per farlo cooperare alle indagini, "noi verremo a prenderli da te". Fu una offerta che egli apprezzò. Dopo tutto, era il tuo buon amico "Bandar Bush," principe dell'Arabia Saudita. Mentre il fumo delle ceneri ancora riempiva l'aria di Manhattan e Arlington, il fumo del sigaro del principe saudita si diffondeva nella mite aria notturna di Washington, con te, George W. Bush, dalla sua parte.
Excerpted from "Dude, Where's My Country?" by Michael Moore. (c) 2003 by Michael Moore. With permission of Warner Books Inc. All rights reserved.