|
|
- Dopo
l'11 settembre
- Pagina interviste
INTERVISTA
«Bush
contro i diritti civili»
Marco
D’Eramo - «Il Manifesto» 11 novembre 2003
Il
Patriot Act, approvato sull'onda emotiva dell'11 settembre, ha
introdotto diverse restrizioni, prima di tutto verso gli stranieri. Una
misura che mostra l'intenzione di Bush di estendere il proprio controllo
sulla vita pubblica. Parla David Cole, professore di diritto a
Washington e avvocato volontario del Center for Constitutional Rights
INVIATO
A NEW YORK
Lo stato di diritto deve essere in una crisi
profonda se persino un repubblicano conservatore come Dick Armey ha
detto che «in questo momento il Dipartimento della giustizia è la più
grande minaccia alle libertà civili del nostro paese»: e quando ha
fatto quest'affermazione, Armey era il presidente del gruppo di
maggioranza nella Camera dei deputati Usa. Non passa giorno senza che
una garanzia del diritto venga calpestata. Adesso il ministero della
giustizia sta raccogliendo dati incriminatori contro i giudici che
comminano sentenze inferiori a quelle stabilite dalle direttive
ministeriali: è l'equivalente Usa di quel che fa il ministro italiano
Roberto Castelli quando invia gli ispettori nelle procure troppo
indipendenti. Grazie anche alla circostanza che la Corte suprema (cioè
la corte costituzionale Usa) è a maggioranza conservatrice, e grazie
anche a Corti di assise federali chiaramente reazionarie come quella
della Virginia, il ministro della giustizia John Ashcroft, un estremista
cristiano di destra, sta usando tutti i poteri forniti alle forze di
polizia e alla magistratura Usa dal Patriot Act per cambiare di fatto la
costituzione materiale degli Stati uniti. Il Patriot Act fu approvato il
24 ottobre del 2001 sull'onda dell'emozione per gli attacchi dell'11
settembre e costituisce l'equivalente americano di quella che è stata
in Italia la legislazione d'emergenza durante gli anni di piombo. Il più
esperto e più combattivo avvocato americano sui nefasti (lui dice «infami»)
effetti del Patriot Act è David Cole, professore alla facoltà di legge
della Georgetown University di Washington D.C., avvocato volontario del
gruppo Center for Constitutional Rights, commentatore alla Radio
Pubblica, editorialista di The Nation. L'American Lawyer lo
ha inserito nella lista dei 45 migliori avvocati pubblici degli Stati
uniti sotto i 45 anni. David Cole ha scritto No Equal Justice,
che nel 1999 fu premiato come il miglior libro di saggistica dell'anno
dalla Boston Review of Books, e l'anno scorso ha pubblicato Enemy
Aliens (sempre edito da The New Press), proprio sugli effetti del
Patriot Act.
Le cifre
sulle persone imprigionate dopo l'11 settembre variano da 1.200 a 5.000.
Quante sono in realtà?
La
cifra esatta è impossibile da dire. Ma mettendo insieme i numeri
forniti dal governo sulle varie azioni intraprese per combattere il
terrorismo dopo l'11 settembre, si arriva a oltre 5.000 imprigionati.
Quanti di loro sono rimasti in prigione per più
di un anno?
Pochissimi. Sarei sorpreso se i
detenuti per più di un anno fossero più di una ventina. La gente è
stata in prigione per qualche giorno, o per qualche settimana, o per
qualche mese, ma adesso la maggior parte di questi 5.000 è stata
rilasciata.
Quanti
di loro erano americani?
Pochissimi,
erano quasi tutti stranieri, solo una manciata era statunitense.
Proprio
per questo, molti benpensanti dicono che è vero, il Patriot Act ha leso
i diritti degli stranieri, ma le libertà civili dei cittadini americani
sono rimaste intatte...
Storicamente
tutte le restrizioni comminate agli stranieri per ragioni di sicurezza,
quasi inevitabilmente sono state poi estese ai cittadini americani. In
qualche caso ci sono voluti anni, ma quello che noi facciamo ai
cittadini stranieri diventa un precedente, e i dirigenti pubblici poi
cercano di estendere queste misure ai cittadini statunitensi. Quasi
tutte le più infami violazioni delle libertà civili che l'America ha
sofferto nella sua storia sono iniziate come misure anti-stranieri.
Perciò la storia suggerisce che quel che lo stato fa agli stranieri
oggi, lo farà con i cittadini domani. E già adesso abbiamo visto lo
stato varcare la linea tra stranieri e cittadini. Il caso più eclatante
è la detenzione dei «nemici combattenti» che all'inizio è stata
giustificata a Guantanamo col fatto che erano stranieri non sul nostro
suolo, e che perciò non avevano diritti. Ma abbiamo esteso questa
nozione di «nemici combattenti» a cittadini americani e ne abbiamo
arrestati due all'aeroporto O'Hara (di Chicago). La linea è stata
varcata anche quando è stato penalizzato l'appoggio materiale a gruppi
terroristi, senza nessuna relazione tra il proprio sostegno e invece
l'attività terroristica del gruppo. Questa misura era stata introdotta
inizialmente contro i cittadini stranieri nel 1990 nell'ambito di una
legge sull'immigrazione, e ora è stata estesa ai cittadini americani.
Adesso è un crimine per tutti - stranieri o cittadini che siano - di
appoggiare in qualunque modo qualsiasi gruppo posto nella lista nera dal
governo, senza considerare se il tuo appoggio non ha niente a che
vedere, in nessun modo, con qualunque attività illegale del gruppo in
questione.
Nei
giorni scorsi c'è stata una polemica sul controllo da parte dell'Fbi
delle biblioteche e dei libri e documenti chiesti in prestito o in
lettura...
La
maggior parte delle clausole del Patriot Act che estendono i poteri di
sorveglianza, controllo, intercettazione, spionaggio si applicano sia
agli stranieri che ai cittadini americani.
In sostanza il Patriot Act abolisce il principio
dell'Habeas corpus per i cittadini stranieri. Ma l'Habeas
corpus - cioè il divieto per i poteri repressivi di tenere in
prigione qualcuno, intercettarne posta, messaggi e telefonate, e
perquisirne domicilio e uffici senza un preciso e motivato mandato della
magistratura - è il principio basilare della stato di diritto,
principio universale valido per tutti, cittadini o stranieri. Senza Habeas
corpus non c'è stato di diritto. Mi chiedo come mai la protesta
contro questa forzatura liberticida non sia stata più vasta e più
combattiva.
In larga misura dipende dal fatto
che se la gente pensa che i diritti di qualcun altro sono stati
sacrificati, ma i propri diritti non sono minacciati, ha meno interesse
a protestare, a scendere in piazza. È una questione di interesse
personale. Quando il governo ha cercato di estendere ai cittadini le
misure, la protesta è stata molto più ampia e decisa, di quando le
stesse misure erano limitate agli stranieri.
È
mai capitato agli attivisti di vincere qualche processo oppure tutte le
corti sono come quella del quarto circuito federale d'assise della
Virginia, la corte che avvalla a posteriori tutte le misure d'emergenza
del governo, e che rifiuta tutti i ricorsi degli avvocati dei detenuti,
e persino le sentenze di altri giudici?
No,
non tutte le corti sono come il quarto circuito della Virginia, ma
storicamente, in periodi di emergenza, i giudici recepiscono tutte le
richieste del governo per motivi di sicurezza. Non puoi fare davvero
affidamento sull'indipendenza dei giudici nel bel mezzo di un'emergenza.
Noi facciamo molti più progressi attraverso la mobilitazione di base,
attivisti che educano le persone intorno a loro, che orientano
l'opinione del proprio ambiente, che tengono forum, adottano risoluzioni
di condanna contro il Patriot Act, questo tipo d'iniziative hanno fatto
molto di più per limitare gli abusi delle libertà civili, di quanto
abbiano fatto le corti fino ad ora.
Dopo
il Patriot Act, nell'ottobre 2001, George W. Bush emanò un decreto
presidenziale che, se non ho capito male, permette per esempio a soldati
o agenti americani di venire a casa mia a Roma, catturarmi, portarmi in
una base al largo, farmi giudicare da una corte marziale, condannarmi a
morte, uccidermi, senza che nessuno sappia niente.
Dopo
quel decreto sono venute le direttive amministrative che hanno
ridefinito i criteri dell'uso e delle modalità dei tribunali militari,
che in ogni caso sollevano gravi problemi di costituzionalità, ma che
devono comunque essere pubblici. È legittimo che in tempo di guerra i
tribunali militari processino chi combatte con i nemici. Il punto è che
dobbiamo farlo in modo equo. E penso che alcuni elementi di equità sono
stati trascurati nel modo in cui i tribunali militari sono stati
costituiti.
Penso
che tutte le confusioni nascano dall'uso del concetto di «guerra al
terrorismo»: la parola «guerra» ha un significato giuridico preciso,
mentre questa «guerra» può durare indefinitamente anche in tempo di
pace, sottoponendo la pace alla legislazione di guerra...
C'è
una guerra con al Qaeda: al Qaeda ci ha attaccati, noi abbiamo risposto,
questa è una vera guerra, non contro uno stato, ma una guerra
autorizzata dal Congresso contro qualcuno che ci ha attaccato. Ma
estendere la guerra oltre al Qaeda a tutti i gruppi potenzialmente
terroristi in tutto il mondo, come l'amministrazione Bush sta cercando
di fare, non è giustificato né dall'autorità congressuale né dalla
legge di guerra.
Mi
sembra che negli Stati uniti non ci si renda conto di quanto Guantanamo
sia devastante per l'immagine nel mondo.
Io
me ne rendo conto. L'unica cosa che possiamo fare è alzare la voce
forte e con insistenza, criticare il governo. È quello che stiamo
facendo. La gente ricorre in tribunale, pubblica rapporti, si rivolge
alle organizzazioni per i diritti umani che stanno facendo molto. A
lungo termine questa mobilitazione costringerà lo stato a fare
qualcosa. Fino ad ora non abbiamo ottenuto molto, ma dobbiamo insistere
nella nostra critica.
Mi
può fare l'esempio di un caso preciso su cui ora lei sta lavorando nel
campo dei diritti civili?
Mi
sto occupando di molti casi. Ma posso parlarle del caso Humanitarian Law
Project versus Ashcroft: Humanitarian Law Project è un'organizzazione
per i diritti umani nata trent'anni fa a Los Angeles, che per ha fornito
assistenza legale, e istruzione sui diritti umani, al Partito dei
lavoratori del Kurdistan in Turchia. Ma poi il Congresso ha approvato la
legge di cui le parlavo prima, che ha fatto diventare un reato fornire
appoggio materiale un gruppo designato come terrorista, e il Partito dei
lavoratori del Kurdistan è stato incluso nella lista dei gruppi
terroristi. Così per questa organizzazione umanitaria è diventato un
crimine fornire addestramento umanitario a questo partito in Turchia.
Allora noi siamo ricorsi in tribunale per incostituzionalità di questa
misura, e fino ad ora abbiamo prevalso, perché i tribunali ci hanno
dato ragione, hanno sentenziato che lo stato non può criminalizzare la
prestazione di servizi che sono garantiti dalla nostra costituzione. Ma
il dipartimento della giustizia è ricorso in assise. Vedremo