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Le questioni inerenti la
manovra finanziaria 2007 del governo Prodi, ripropone, con forza, il tema della proprietà popolare della moneta posta in essere dal
compianto professor Giacinto Auriti
Dott. Gianluigi Mucciaccio
Insediatosi, ormai, da qualche mese (17 maggio sottolineo per gli scaramantici), il nuovo governo di Romano Prodi sta dando segnali incontrovertibili su quelle che sono le corsie preferenziali di intervento, che l’Esecutivo prodiano porrà in essere in questa prima finanziaria. Fin da subito spulciando qualche mese fa la lista dei nuovi ministri messi in campo dall’ex presidente della commissione europea, fui subito rapito dalla presenza dell’ex banchiere della BCE Tommaso Padoa Schioppa, il quale trovò – guarda un po’ – il pieno compiacimento dei neoconservatori americani, i quali nei giorni antecedenti alla formazione della compagine governativa avevano più volte caldeggiato mediaticamente e non solo l’ingresso di uomini vicini alle loro posizioni “politiche”, auspicandone l’ingresso nei ruoli chiave della politica governativa.
La massima
istituzione in tema di finanza internazionale l’americana Goldman
Sachs, per chi non lo sapesse, la prima banca d’affari al mondo aveva
fatto in questo senso intendere che uomini “calibrati” sulle loro
politiche finanziarie sarebbero stati molto graditi. Ebbene il buon
Romano, tra l’altro, guarda caso, ex consigliere della suddetta, li ha
accontentò. Non è un a caso, visti i suoi non trascurabili trascorsi
nel settore bancario, che il neoministro stia portando avanti programmi
in sintonia ai proclami più volte rimarcati non solo dalla Goldman
Sachs, ma altresì, da altri organismi internazionali tra questi il
Fondo Monetario Internazionale,
La medicina che ci verrà, purtroppo, somministrata non è affatto piacevole considerando gli interventi indicati da Padoa Schioppa e dal suo stretto collaboratore Vincenzo Visco nella manovra finanziaria per il 2007; ne ricordo i più significativi: il ripristino della tassazione degli atti di donazione e di successione, tagli ai salari e alle pensioni, tassazione delle rendite finanziarie (dove sono concentrati la gran parte dei risparmi degli italiani),tagli alla spesa pubblica (scuola e sanità su tutte), aumento della tassazione dei redditi personali (da 15.000 euro a 28.000 euro lordi +4% e da 28000 euro a 40000 euro lordi +5%), eliminazione graduale della moneta tradizionale, con l’obbligo per i professionisti titolari di partita I.V.A., fin da subito, ovverosia dal 1 di ottobre (vedi Decreto Legge n. 223/06) di evitare il denaro contante nelle transazioni giornaliere, scenario che state pur certi si estenderà anche a coloro che non ne sono possessori, l’aumento dell’ICI, il TFR, da destinare obbligatoriamente all’INPS che secondo la classe imprenditoriale drenerà un consistente flusso di cassa incidendo negativamente sugli investimenti programmati e persino il reinserimento del ticket sanitario, alla faccia delle classi meno abbienti.
Potrei dilungarmi ancora per molto, tuttavia, osservando, attentamente alcuni dei punti su cui poggeranno le manovre fiscali del citato ministro e del suo viceministro, di certo, troviamo imbarazzanti analogie con le indicazioni prospettate dagli organi menzionati, che nel corso delle infuocata campagna elettorale, avevano più volte prospettato scenari decisamente negativi per il nostro paese, ponendo come soluzioni l’attuazione di politiche di forte recessione finalizzate al risanamento delle finanze pubbliche; l’attegiamento assunto da questi ultimi ripete, come se non c’è ne fosse bisogno, il solito leit motiv finalizzato a speculare sulle difficoltà altrui, depauperando ciò che ancora rimane del nostro patrimonio, frutto degli enormi sacrifici di cittadini onesti ignari, al momento del voto, degli scenari che via via si stavano e stanno delineandosi.
Inoltre le
note vicende concernenti le
banche italiane (l’OPA Unipol-Bnl, il caso Fazio), che hanno
utilizzato impropriamente i soldi dei cittadini, impone una seria
riflessione sull’argomento, evitando le consuete ipocrisie di un
apparato dell’informazione che tace, subdolamente, sulle vere anomalie
celate dietro il sistema finanziario, che da anni è vessatorio per
tutti i cittadini del mondo e parlando, ad esempio, in questi giorni dei
debiti di Alitalia e Trenitalia senza specificare, in piena malafede,
verso chi sono “dovuti”.
In questo senso, da oltre trent’anni, il professor Giacinto Auriti, morto l’11 agosto di quest’anno abruzzese di Guardiagrele, fondatore dell’Università degli Studi di Teramo, nonché illustre docente di diritto costituzionale e teoria generale del diritto, di cui sono stato orgoglioso amico e sostenitore, ha combattuto con straordinario coraggio ed ardore contro questo malcostume che rischia di disastrare il futuro delle prossime generazioni. Cercherò in questo articolo, di sintetizzare gli aspetti essenziali dell’attuale sistema, che si sono stratificati da lungo tempo, con la speranza di essere il più semplice possibile nell’esposizione degli argomenti.
Ecco i punti cruciali su cui tutti noi dobbiamo essere consapevoli:
a) primo presupposto è che la moneta deve essere di proprietà dei cittadini;
b) l’affermazione del punto precedente scaturisce dall’ineccepibile constatazione che la Banca poteva affermare di essere proprietaria della moneta quando l’emissione della medesima era basata sulla riserva aurea, in quanto poteva dire: “la moneta è mia perché la riserva è mia”, essendo la moneta concepita come titolo di credito rappresentativo della riserva;
c) che alla data del 15 agosto del 1971, con la fine degli accordi di Bretton Woods e quindi del sistema di convertibilità dollaro-oro, stabilita dall’allora presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, la riserva è stata abolita;
d) che da questa data fondamentale le banche centrali non sono più legittimate ad emettere moneta prestandola indebitamente ai cittadini, gravata dagli interessi imposti dalle stesse;
e) nessuna norma del Trattato di Maastricht considera di chi è la proprietà della moneta, ossia il signoraggio sulla moneta all’atto dell’emissione, e nel contempo la BCE, tuttavia, si assume, discutibilmente, il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote all’interno della Comunità Europea, impedendo qualsiasi partecipazione democratica degli Stati membri, configurando un vero e proprio potere assoluto in materia di politica monetaria (vedi artt. 105-107-108 del Trattato di Maastricht);
f)
Dunque il banchiere-tipografo a fronte di una spesa di 0,03 centesimi (o
qualcosa in più ad esempio 0,10 centesimi di euro) guadagna
indebitamente il valore di 100 euro - valore esclusivamente nominale e
non reale della banconota da 100 € + gli interessi (mettiamo che il
costo del denaro tra Banca Centrale e Banche Locali è al 2,5 % e
che si applichi anche allo Stato). Da questo ragionamento è possibile
risalire alla formazione del c.d. fantomatico debito pubblico che non è
altro che l’ingiusto debito che lo Stato deve pagare paradossalmente
alla Banca d’Italia ovvero alla Banca Centrale Europea; oggi non a
caso, nonostante tutti i cittadini paghino sempre di più le tasse per i
vari servizi erogati (acqua, luce, gas, telefono ecc.) la quota del
debito pubblico aumenta sempre di più;
l'Italia, secondo l’OCSE, ha i conti pubblici sempre più a rischio,
avvertendo come da consueto copione, che «senza ulteriori interventi»
il deficit di bilancio e il debito pubblico sono destinati a peggiorare
ulteriormente, sempre più lontano dai limiti fissati nel Patto di
Maastricht: nel 2006 il rapporto deficit/Pil italiano arriverà al 4,2%
e nel 2007 aumenterà ancora al 4,6%, mentre per il debito la tendenza
è «preoccupante», ammonisce l'Ocse, visto che salirà al 108% del Pil
nel 2007 e - su orizzonti più lunghi - al 113% nel 2012. Un rialzo nel
2007 della spesa primaria sarà controbilanciato da un migliore prelievo
fiscale dal momento in cui le misure strutturali della Finanziaria (vedi
ad esempio quella di questi giorni) daranno i loro “frutti” (Il Sole
24 ORE del 23.05.2006);
g) in relazione ai punti precedenti, appare evidente che il valore monetario non è più causato dalla riserva, che non esiste, ma dall’accettazione convenzionale delle collettività nazionali, ossia sono tutti i cittadini che accettando la moneta come mezzo di pagamento ne attribuiscono il suo valore (c.d. valore indotto)([1]);
h) con quest’ultima scoperta, posta in essere dal professor Auriti è dimostrato che il valore monetario nasce non nella fase di emissione (banche), ma nella fase dell’accettazione (cittadini), dunque la proprietà della moneta va legittimamente attribuita alla collettività e quindi a tutti coloro che con il loro duro sacrificio (famiglie, lavoratori, imprese) muovono l’economia del nostro Paese;
i) da quest’ultima sottolineatura è possibile individuare un dato oggettivo: ogni anno i Governi nazionali, di qualsiasi bandiera politica, prima di impostare una legge finanziaria, chiedendo in prestito la liquidità necessaria al sistema bancario, devono preoccuparsi di restituire i soldi ottenuti nell’anno precedente con palesi difficoltà che ricadono sull’intero organismo economico, condizionando la stesura delle Finanziarie e l’erogazione dei finanziamenti utili per i diversi settori di intervento (sanità, istruzione, occupazione, sistema imprenditoriale). Tutto questo meccanismo, ahimè ovvero ahinoi, si è purtroppo radicalizzato senza trovare un legittimo contrasto da parte dei nostri governanti, ai quali noi cittadini dobbiamo chiedere un grande atto di responsabilità per evitare che la situazione attuale, estremamente critica, degeneri in qualcosa di più grave ed irreparabile;
l) ultimo
aspetto, inoltre, da evidenziare, poco conosciuto fino a qualche tempo
fa è quello della vera natura della Banca d’Italia, del
neogovernatore Mario Draghi, la quale non è pubblica come molti
ingenuamente credevano o credono ancora, bensì è un istituto privato
che vede come soci di maggioranza Banche private (Unicredito, Gruppo San
Paolo IMI, Banca Intesa, Capitalia) e Assicurazioni (Generali, Fondiaria
Sai, Gruppo Ras) e al contrario vede il nostro Stato socio di minoranza
(solo per il 5% detenuto dall’INPS).
Prima di
concludere questo mio intervento vi informo, altresì, della concreta
possibilità che il governo uscente - il quale ad onor del vero ha avuto
all’interno della sua maggioranza forze politiche interessate sul tema
e tra queste, una su tutte Alleanza Nazionale, che attraverso
l’onorevole Teodoro Bontempo si è fatto portavoce, di recente, della
proposta della “proprietà popolare della moneta” del professor
Auriti - di poter disdire il potere di stampare e di emettere moneta
alla Banca d’Italia ovverosia il c.d. servizio di tesoreria, occasione
purtroppo decaduta in data 31.12.2005. Infatti, secondo il vecchio, ma
sempre valido Regio Decreto del 28 aprile 1910 n. 204 (art. 40), lo
Stato ha avuto a disposizione la grande opportunità di revocare, cinque
anni prima della scadenza, l’esercizio del servizio predetto, che
doveva avvenire in data 31.12.2010, consentendo tacitamente alla Banca
d’Italia di continuare la gestione del servizio per altri 20 anni (!),
meccanismo automatico previsto dalla norma sopra menzionata. A questo
punto non ci resta che confidare (?) in un sussulto di dignità da parte
di coloro che hanno l’onere di governare per i prossimi cinque anni il
nostro Paese, mettendo mano ad una legge modificativa di questo attuale
sistema di emissione già da tempo posta in essere dal professor Auriti
che merita, sul serio, di essere presa in considerazione dal Parlamento
Nazionale, superando sterili contrapposizioni ideologiche e azzerando
quel debito inesigibile da parte della Banca d’Italia e della BCE e
paventato dalle istituzioni finanziarie internazionali, restituendo
ottimismo e fiducia alla nostra collettività. Purtroppo l’attuale
manovra finanziaria non sta andando nella giusta direzione, calpestando
ancora una volta la dignità di tutti i cittadini, spingendo questo
paese ad un tracollo da cui sarà molto difficile riprendersi.
([1])
Cfr. Giacinto Auriti, Il
paese dell’utopia, Tabula
Fati, Chieti 2003
([2])
Ecco il dettato dell’art. 42, 2 comma, della Costituzione: La
proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne
determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di
assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.