Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Il
grande mistero d'Atlantide
Tratto
da http://www.acam.it/atland.htm
Le origini
"Al
di là di quello stretto di mare chiamato Le Colonne d'Ercole, si
trovava allora un'isola più grande della Libia e dell'Asia messe
insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole, e da queste isole
alla terraferma di fronte (...). In quell'isola chiamata Atlantide v'
era un regno che dominava non solo tutta l'isola, ma anche molte altre
isole nonché alcune regioni del continente al di là: il suo potere si
spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d'Ercole; includendo la
Libia, l'Egitto e altre regioni dell'Europa fino alla Tirrenia".
A parlare è Crizia, parente del filosofo Platone, il quale racconta che
un secolo prima, nel 590 a.C., il legislatore Solone si era fermato
nella capitale amministrativa dell' Egitto, Sais. Qui aveva cercato di
impressionare i Sacerdoti di Iside illustrando le antiche tradizioni
greche, ma uno di loro aveva sorriso, affermando che quello greco era un
popolo fanciullo nei confronti di un altro su cui gli Egizi possedevano
molta documentazione scritta. Secondo il sacerdote egiziano, una civiltà
evoluta era esistita per secoli su "un'isola più grande della
Libia e dell’Asia messe insieme" l'isola era stata distrutta
novemila anni prima da un immane cataclisma insieme a tutti i suoi
abitanti. Le parole di Crizia sono riportate nei "Dialoghi"
Timeo e Crizia, scritti da Platone attorno al 340 a.C.. Ecco come il
filosofo greco descrive l' isola, sempre per bocca del sacerdote
egiziano. "Dal mare, verso il mezzo dell'intera isola, c'era una
pianura; la più bella e la più fertile di tutte le pianure, e rispetto
al centro sorgeva una montagna non molto alta (...)."
La
descrizione continua a lungo, inframmezzata da commenti sulla genealogia
degli abitanti di Atlantide: ne emerge l'identikit di un territorio
rettangolare di 540 x 360 chilometri, circondato su tre lati da montagne
che lo proteggono dai venti freddi, e aperto a sud sul mare. La pianura
è irrigata artificialmente da un complesso sistema di canali
perpendicolari tra loro, che la dividono in seicento quadrati di terra
chiamati klerossu in cui si trovano floridi insediamenti agricoli.
La città principale, Atlantide, sorge sulla costa meridionale; è
circondata da una cerchia di mura la cui circonferenza misura settantun
chilometri; la città vera e propria, protetta da altre cerchie d'acqua
e di terra, ha un diametro di circa cinque chilometri.
In altre parole Atlantide
misura quasi otto volte la Sicilia; se non proprio un continente, è pur
sempre un'isola di grandezza non disprezzabile. Crizia descrive la
fertilità delle sue terre popolate, tra l'altro, da elefanti giacché
anche per quell' animale, il più grosso e il più vorace di tutti,
c'era abbondante pastura.
Il
possente impero di Atlantide, che si estende sulle isole vicine, è
diviso in dieci stati confederati, ognuno dei quali è retto da un re;
lo stato sovrano, quello che comprende la città di Atlantide, è
suddiviso a sua volta in sessantamila distretti; ogni cinque o sei anni
si svolge una sorta di pubblica assemblea con la partecipazione del
popolo che giudica l operato delle varie amministrazioni.
Gli
Atlantidei, non paghi di dominare sulle loro isole, hanno fondato
colonie nella terraferma di fronte (l'America?), in Egitto, in Libia e
in Etruria. Ma non sono riusciti a sconfiggere l'impero di Atene,
fondato nel 9600 a.C. dalla Dea Minerva e organizzato secondo gli stessi
criteri che Platone aveva esposto nella sua opera La Repubblica. Dopo
molti anni di guerra, un grande terremoto e un'inondazione devastano
Atene, inghiottono il suo esercito e fanno sprofondare anche Atlantide
nelle acque dell'oceano. Una giusta punizione, in quanto, con il
trascorrere dei secoli, gli Atlantidei si sono corrotti:
"Quando l'elemento divino, mescolato con la natura mortale, si
estinse in loro, il carattere umano prevalse, allora degenerarono, e
mentre a quelli che erano in grado di vedere apparvero turpi, agli occhi
di quelli che sono inetti a scorgere qual genere di vita conferisca
davvero la felicità, apparvero bellissimi, gonfi come erano di avidità
e potenza. E Zeus, il dio degli dei, intuito che questa stirpe
degenerava miserabilmente, volle impartir loro un castigo affinché
diventassero più saggi. Convocò gli dei tutti, e, convocatili,
disse..."
Cosa
disse Giove, possiamo solo intuirlo: infatti con queste parole si
conclude il Crizia. Ma il vecchio sacerdote l'ha già spiegato in
precedenza:
"Più
tardi, avvenuti dei terremoti e dei cataclismi straordinari, tutta la
vostra stirpe guerriera (cioè gli Ateniesi) sprofondò sotto terra, e
similmente l'isola di Atlantide s'inabissò in mare e scomparve".
Di quanto ha raccontato,
afferma Crizia, l'Egitto èl'unico paese che possiede molta
documentazione scritta, perchè, contrariamente alle terre vicine, non
fu coinvolto dalla catastrofe; e a questo proposito si scusa con i
lettori per aver imposto nomi greci ai sovrani di Atlantide. Nei loro
annali, infatti, gli Egiziani avevano tradotti i nomi nella propria
lingua, secondo il costume dell'epoca; successivamente Solone li aveva a
sua volta reinterpretati in greco, e così glieli aveva
riferiti."Quando dunque udrete dei nomi simili a quelli nostri, non
meravigliatevene, giacché ne conoscete il motivo" .
Da Platone a Colombo
Probabilmente
il filosofo greco non immaginava che la sua breve narrazione (più o
meno una decina delle nostre pagine) avrebbe fatto scorrere più
inchiostro del suo intero corpus filosofico: circa venticinquemila opere
dedicate a una civiltà che, forse, non è neppure esistita. Caso più
unico che raro (altri antichi luoghi misteriosi, come il Triangolo delle
Bermuda, sono stati scoperti e discussi solo in tempi recentissimi), il
problema dell'esistenza o meno di Atlantide scatenò subito polemiche. A
parte vari accenni a terre al di là delle colonne d'Ercole (per esempio
la Cymmeria citata da Omero nell'Odissea), e l'accenno al popolo degli
Atalanti, "che non mangiano alcun essere animato" e
"non sognano mai" nelle Storie di Erodoto, il tema del
Timeo e Crizia costituiva (almeno per quanto ne sappiamo noi)
un'assoluta novità. Aristotele, discepolo di Platone, non diede molta
importanza alla narrazione del suo Maestro, e questa non-opinione ebbe
un peso determinante nel Medio Evo cristiano. Aristotele, infatti, era
considerato un'autorità indiscussa, e ciò che lui aveva detto ("Ipse
dixit"), e che non a caso concordava con la visione geocentrica
dell'universo sostenuta dalla Chiesa, non poteva essere contestato. Per
di più l'esistenza di un continente distrutto novemila anni prima non
coincideva con la data della creazione del mondo secondo la Genesi,
calcolata nel 3760 a.C.
Ma,
nel 1492, Cristoforo Colombo scoprì che, al di là dell'Atlantico,
esisteva davvero una terra: e il filosofo inglese Francis Bacon suggerì
che avrebbe potuto trattarsi del continente descritto nel Crizia. Molte
opinioni cominciarono a modificarsi, tanto che nel XVI e XVII secolo
Guillaume Postel, John Dee, Sanson, Robert de Vangoudy e molti altri
cartografi chiamarono le Americhe con il nome di Atlantide.
Dopo
la Conquista, si scoprì pure che un antica leggenda degli indigeni del
Messico, trascritta nel Codice Aubin , iniziava con queste parole:
"Gli Uexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i
Malincalas abbandonarono Aztlan e vagarono senza meta". Aztlan era
un'isola dell'Atlantico, e le antiche tribù avevano dovuto lasciarla
perché stava sprofondando nell'oceano. Dall'isola i superstiti avevano
preso il nome: si facevano infatti chiamare Aztechi, ovvero
"Abitanti di Aztlan". Per la cronaca, in Messico questa teoria
non è relegata nei volumi fantastici: viene insegnata a scuola un po'
come da noi la storia di Romolo e Remo; al Museo di Antropologia di Città
del Messico sono esposti molti antichi disegni che descrivono la
migrazione.
Il ritorno di
Atlantide
Qualcuno
comincia a rilevare alcune analogie tra la civiltà dell'antico Egitto e
quelle dell'America Centrale: costruzioni piramidali, imbalsamazione,
anno diviso in 365 giorni, leggende, affinità linguistiche. Atlantide
sarebbe stata dunque una sorta di ponte naturale tra le due civiltà,
esteso, probabilmente, tra le Azzorre e le Bahamas.
Nel
1815, Joseph Smith, contadino quindicenne di Manchester, nella Contea di
Ontario a New York, ebbe un primo incontro con un angelo di nome Moroni
che gli promise rivelazioni straordinarie. Molti anni dopo l'angelo gli
mostrò il nascondiglio di alcune preziose tavole scritte in una lingua
sconosciuta, che Smith, illuminato dall'ispirazione divina, si mise
diligentemente a tradurre. Nel 1830 uscì Il libro di Mormon, vera e
propria bibbia della setta dei Mormoni, che descrive una distruzione con
caratteristiche del tutto atlantidee (anche se l' Atlantide non vi è
citata) avvenuta subito dopo la crocefissione di Cristo.
"Nel trentaquattresimo anno, nel primo mese, nel quarto giorno,
sorse un grande uragano, tal che non se ne era mai visto uno simile
sulla terra; e vi fu pure una grande e orribile tempesta, e un orribile
tuono che scosse la terra intera come se stesse per fendersi (...). E
molte città grandi e importanti si inabissarono, altre furono in preda
alle fiamme, parecchie furono scosse finché gli edifici crollarono, e
gli abitanti furono uccisi e i luoghi ridotti in desolazione (...) Così
la superficie di tutta la terra fu deformata, e scese una fitta oscurità
su tutto il paese, e per l' oscurità non poterono accendere alcuna
luce, né candele né fiaccole" eccetera, eccetera. I
superstiti, il popolo di Nefi, si erano rifugiati in tempo "nel
paese di Abbondanza", dove avevano costruito templi e città, tra
cui quello di Palenque e una grande fortezza identificata succesivamente
con Machu Picchu.
Trentadue
anni più tardi un eccentrico studioso francese, l' abate
Charles-Etienne Brasseur, scoprì la "prova definitiva" del
collegamento tra Mediterraneo, Atlantide e Centro America. Le sue teorie
furono immediatamente screditate, ma ispirarono la prima opera veramente
popolare sull'argomento: Atlantis, the Antediluvian World
("Atlantide, il mondo antidiluviano") dell'americano Ignatius
Donnelly (1882). Secondo Donnelly, Atlantide era il biblico Paradiso
Terrestre, e là si erano sviluppate le prime civiltà. I suoi abitanti
si erano sparpagliati in America, Europa e Asia; i suoi re e le sue
regine erano divenuti gli Dèi delle antiche religioni. Poi, circa
tredicimila anni fa, l'intero continente era stato sommerso da un
cataclisma di origine vulcanica. A sostegno della sua tesi, Donnelly
adduceva le analogie culturali descritte sopra, e qualche prova
geologica a dire il vero non troppo convincente. Dall'altra parte dell'
oceano Augustus Le Plongeon, medico francese contemporaneo di Donnelly,
che per primo aveva scavato tra le rovine Maya nello Yucatan, riprese
indipendentemente la tematica di The Antediluvian World in Sacred
Mysteries among the Mayas and Quiches 11,500 Years Ago; their Relation
to the Sacred Mysteries of Egypt, Greece, Caldea and India
("Misteri sacri dei Maya e dei Quiché 11500 anni fa; loro
relazione con i Misteri Sacri degli Egizi, dei Greci, dei Caldei e degli
Indiani").
A
parte la smisurata lunghezza del titolo, il suo libro ottenne un grande
successo, e contribuì in larga misura alla diffusione al rilancio del
mito.