Sentenza storica: asilo
espelle bambino perché vegano, il TAR
lo riammette
Marcello
Pamio - 4 agosto 2015
Tutto
è iniziato a febbraio. I protagonisti: un bambino vegano e una mamma
consapevole!
Ma andiamo per ordine.
Gli anni passano velocemente per tutti, anche per una mamma di Merano che deve
iniziare lo “svezzamento sociale” per suo figlio: il piccolo cioè deve iniziare
ad andare all’asilo.
La premessa importante è che questa mamma segue per motivazioni personali un
regime alimentare sano ed etico che non crea alcuna sofferenza, basato
esclusivamente su vegetali.
Sempre più persone in Italia e nel mondo stanno abbracciando stili di vita
similari.
Tenendo conto di questo,
la donna fa legittimamente richiesta all’asilo di sostituire la sbobba
innaturale che normalmente viene rifilata ai poveri cuccioli d’uomo (che non
possono lamentarsi) magari preparata da qualche società di catering, con pasti
sani di origine vegetale.
Il Comune di Merano a questa incredibile e inaccettabile richiesta, non solo
nega tale sacrosanto diritto, ma addirittura allontana il figlio dall’asilo!
La mamma avrebbe dovuto produrre certificati medici (che detto tra noi si
possono ottenere senza tanta difficoltà da qualche dottore amico e/o
compiacente) ed eseguire analisi cliniche al bambino che ne comprovassero il
buono stato di salute.
Della serie “O mi dai un buon motivo per cui il bambino è vegano e mi dimostri
che sano come un pesce, oppure te lo tieni a casa tua e non ci rompi le
scatole!”. Come mai non usano lo stesso metro di giudizio anche con gli altri
bambini, magari tutti belli vaccinati e immunodepressi, facendo fare gli esami a
tutti?
Stranamente in questo caso il Comune di Merano si è dimenticato di chiedere pure
un test genetico al bambino “vegano” per verificarne anche la predisposizione a
malattie future, magari all’autismo o a quelle comportamentali come l’ADHD…
Esattamente come una volta
quando i bambini cattivi venivano segregati dietro la lavagna, gli esperti
assessori del Comune di Merano buttano fuori un bimbo, la cui unica colpa è
quella che i genitori si alimentano in maniera corretta.
La linea del Comune non ha dubbi: la dieta vegana sarebbe pericolosa per un
minore, specie in età prescolare, per il quale non varrebbero le direttive
ministeriali (Linee guida della ristorazione scolastica) in quanto rivolte alla
scuola e non all’asilo nido. Lavarsi le mani e scaricare i barili è il comun
denominatore della politica.
Linea però questa assai ridicola che dimostra la totale ignoranza degli addetti
ai lavori comunali, ignoranza purtroppo condivisa anche in altri ambiti medici.
Basta però citare la posizione ufficiale dell’associazione americana e canadese
dei dietisti (A.D.A., American Dietetic Association(1) per fugare ogni
dubbio: “Le diete vegetariane correttamente pianificate, compreso il
regime vegano, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e
possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di
alcune patologie. Tali diete se ben pianificate sono appropriate per
individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusa gravidanza, allattamento,
prima e seconda infanzia, adolescenza, e per gli atleti”.
Secondo la massima autorità mondiale in ambito nutrizionale, un regime vegano se
ben fatto (e qui viene il punto cruciale), si può applicare in tutti gli ambiti
dello sviluppo umano, perfino in gravidanza!
Queste
conoscenze sono lontane anni luce dalle sale comunali dell’Alto Adige.
A questo punto la donna impugna tale assurda quanto incivile decisione e va
spedita al TAR.
La madre, oltre a dimostrare in sede di giudizio la superiorità
dell’alimentazione vegetale rispetto a quella “onnivora” (cosa questa
estremamente facile visto che gli studi e le informazioni scientifiche
oggigiorno sono copiose), ha sottolineato che la decisione della dirigenza
scolastica va contro norme costituzionali e direttive ministeriali, imponendo un
onere iniquo (la produzione dei certificati medici) e mettendo in atto una
discriminazione, l’espulsione del bambino, sproporzionata e illegittima.
Il TAR, Tribunale
Amministrativo Regionale, dell’Alto Adige con una sentenza storica accoglie la
richiesta della donna e obbliga la dirigenza scolastica a riammettere il bimbo,
condannando il Comune di Merano al pagamento delle spese legali.
Secondo il Tribunale infatti “la dieta vegana è migliore di quella ‘onnivora’
e poterla rispettare è un diritto, anche all’asilo nido”.
Secondo Carlo Prisco, l’avvocato della giovane madre, si tratta di una “pietra
miliare” nel riconoscimento del diritto all’alternativa alimentare etica,
diritto questo di origine costituzionale.
Il legale prosegue dicendo che “non occorre nessuna certificazione per
ottenere il pasto vegano a qualsiasi età, i genitori vegani non possono essere
oggetto di discriminazioni, nemmeno mediante l’imposizione di condizioni o
adempimenti ulteriori o differenti rispetto a quelli richiesti a tutti gli
altri. Questa pronuncia sarà d’aiuto in tutti i casi futuri in cui gli istituti
e le pubbliche amministrazioni cercheranno d’impedire ai cittadini di esercitare
il proprio diritto a compiere scelte alimentari etiche”.
Finalmente nel Terzo
Millennio si inizia a parlare di diritti anche in ambito nutrizionale.
Oggi purtroppo ci si riempie la bocca con i diritti sociali, religiosi,
sessuali, ecc., e infatti se una persona decide di essere gay, di cambiare
sesso, di affittare o noleggiare un utero, di essere una mamma surrogata, di
farsi inseminare a destra o a manca, guai a giudicare, perché si scatenerebbero
le potentissime lobbies di categoria e si verrebbe tacciati magari di omofobia,
rischiando anche il carcere. Ma quando una mamma consapevole chiede il diritto e
il rispetto sacrosanto delle proprie scelte etiche e morali, dimostrate valide
dal punto di vista salutistico anche dalla scienza, bisogna chiamare un avvocato
e interpellare un Tribunale…
Questa è l’Italia.
[1] http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19562864, NCBI, National Center for Biotechnology Information