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Anche
il più recente studio sulla chemioterapia (fatto su pazienti
australiani e americani) conferma la sua inutilità.
Ma i trucchi statistici usati dai
produttori dei farmaci riescono a confondere sia pazienti che medici.
La
tua vita potrebbe dipendere dall’abilità in aritmetica del tuo medico
Di Ralph
Moss, Ph.D.
www.cancerdecisions.com
Newsletter #226 03/05/06
Uno studio importante, condotto da oncologi, è stato
recentemente pubblicato nel journal Clinical
Oncology.
Questa meta-analisi, intitolata “Il contributo della chemioterapia
citotossica alla sopravvivenza a 5 anni dei tumori in adulti” (The
Contribution of Cytotoxic Chemotherapy to 5-year Survival in Adult
Malignancies) è stata condotta per quantificare
accuratamente i benefici del trattamento chemioterapico su adulti
affetti da tumori comuni.
Tutti e tre gli autori sono oncologi.
Il professore associato Grame Morgan, l’autore
principale, è un radiologo al Royal
North Shore Hospital in Sydney; il professore Robyn Ward è
oncologo all’University of New
South Wales; mentre il radiologo Michael Barton è membro
del Collaboration for Cancer Outcomes Research and Evaluation, Liverpool
Health Service, Sydney.
Il professore Ward fa anche parte del comitato che stila le
raccomandazioni sull’efficacia dei farmaci per il Governo australiano
(Therapeutic Goods Authority of
the Australian Federal Department of Health and Aging).
Il loro meticoloso studio si è basato sulle analisi dei risultati di
tutti gli studi clinici randomizzati (RTC) condotti in Australia e negli Stati Uniti (US
National Cancer Institute's Surveillance Epidemiology and End Results -
SEER) nel periodo gennaio 1990 – gennaio 2004.
Quando I dati erano incerti, gli autori hanno
deliberatamente stimato in eccesso I benefici della chemioterapia. Anche
così, lo studio ha concluso che la chemioterapia
non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza dei pazienti affetti da
cancro (cioè,
statisticamente zero, n.d.t.)
Malgrado la
crescente evidenza che la chemioterapia non prolunghi affatto la
sopravvivenza del malato – commentano gli autori - gli oncologi
continuano a presentare il trattamento come un approccio razionale e
promettente contro il cancro.
“Molti medici continuano a pensare ottimisticamente che
la chemioterapia citotossica possa aumentare significativamente la
sopravvivenza dal cancro”, scrivono nell’introduzione. “In realtà,
malgrado l’uso di nuove e costose combinazioni di cocktails chimici…
non c’è stato alcun beneficio nell’uso di nuovi protocolli” (Morgan
2005).
Gli autori hanno messo in evidenza che, per ragioni spiegate nello
studio, i risultati raggiunti (il 2% di efficacia) dovrebbero essere visti come il limite massimo di
efficacia (cioè, sono stime ottimistiche, piuttosto che
pessimistiche).
Comprendere il “Rischio Relativo”
Com’è possibile che al paziente si offra regolarmente il
trattamento chemioterapico, quando i benefici sono così minuscoli?
Nella loro discussione, gli autori citano la tendenza da parte della
professione medica a presentare i benefici della chemioterapia in
termini statistici che sono raramente compresi dai pazienti.
Per esempio, gli oncologi frequentemente esprimono i benefici della
chemioterapia in termini di “rischio
relativo”, piuttosto che fornire una percentuale di
sopravvivenza.
Il rischio relativo è un gergo statistico che permette di presentare
l’intervento come considerevolmente più benefico di quanto lo sia
realmente.
Se ricevere un trattamento causa un abbassamento del rischio di ritorno
del cancro dal 4% al 2%, questo può essere espresso come una
diminuzione del rischio relativo del 50%.
Questi valori sembrano buoni. Molto più buoni che dire che
il trattamento offre una riduzione di rischio di solo il 2% che il
cancro ritorni. Una dichiarazione del genere non convincerebbe molti
pazienti a fare il trattamento.
I paziento non sono gli unici fuorviati dall’uso eccessivo del rischio
relativo nell’esporre i risultati degli interventi medici. Numerosi
studi hanno dimostrato che anche i medici sono frequentemente confusi da
questi trucchi statistici.
Secondo uno studio pubblicato dal British
Medical Journal, la percezione del medico nel prescrivere un
farmaco è significativamente influenzata dal modo nel quale I testi
clinici gli vengono presentati.
Quando i risultati sono espressi come una riduzione del rischio
relativo, i medici credono che
il farmaco sia molto più efficace e sono molto più
propensi alla sua prescrizione di quanto lo siano se gli stessi
risultati fossero stati presentati come una riduzione del rischio
assoluto (Bucher 1994).
Un altro studio, pubblicato sul Journal
of Clinical Oncology, ha dimostrato che il modo nel quale i
benefici di sopravvivenza sono presentati influenza specificatamente le
decisioni degli oncologi nel raccomandare o meno la chemioterapia.
Lo studio ha mostrato che, quando ai medici sono forniti i valori di
rischio relativo per un trattamento chemioterapico, sono più disposti a
raccomandarlo ai loro pazienti di quanto lo siano quando forniti della
stessa matematica informazione, espressa come una riduzione di rischio
assoluto (Chao 2003).
La maniera nella quale l’informazione clinica è presentata ai medici
è quindi d’importanza vitale. Ad esempio, un farmaco presentato come
in grado di ridurre una ricorrenza del cancro del 50% è probabilmente
in grado di attrarre l’attenzione ed il rispetto di entrambi
l’oncologo ed il paziente, benché il rischio assoluto che prevenga un
ritorno possa invece essere basso – forse solo dell’ordine del 2 0 3
per cento.
Dato che l’80% dei pazienti decide sulla raccomandazione
dell’oncologo, il modo nel quale il medico comprende e trasmette i
benefici del trattamento è quindi d’importanza vitale.
Ralph Moss, Ph.D.
http://www.cancerdecisions.com
Newsletter #226 03/05/06
Tradotto
da Rinaldo Lampis
Segnalato da Sepp Hasslberger
http://www.newmediaexplorer.org/sepp
http://www.laleva.cc