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Scrittori contro la guerra
A cura di Francesca de
Sanctis
NOAM CHOMSKY
"La guerra contro l'Iraq potrà
spezzare via Saddam ma provocherà la nascita di una nuova generazione di
terroristi, la perdita di controllo degli arsenali di armi chimiche e biologiche
e la distruzione di massa".
Eè questo lo scenario che descrive Noam Chomsky, 72 anni, semiologo del MIT (Massachussets
Institute of Technology), saggista autore di una trentina di libri nei quali
spesso sfida apertamente la politica americana e in particolare la guerra.
Anche lui è tra i firmatari dell'appello contro la guerra in Iraq pubblicato
sul "New York Times". Se scoppiasse la guerra, ha detto, "si
potrebbe arrivare ad attacchi peggiori di quello dell'11 settembre 2001".
GORE VIDAL
Gore Vidal, 76 anni, ha sempre
criticato gli impulsi imperiali americani e lo fa ancora oggi, nei suoi libri,
ma non solo. Tra i 45mila firmatari dell'appello contro l'azione armata in Iraq
e contro l'erosione dei diritti civili in Usa, infatti, c'è anche lui: "La
guerra può ancora essere evitata". E' questo il messaggio chiave
dell'appello firmato da intellettuali, accademici, artisti. Nei sui romanzi Gore
Vidal continua a sostenere che gli Stati Uniti devono smetterla di immischiarsi
nelle faccende degli altri Paesi. "Gli americani non immaginano
l'entità delle malefatte del loro governo. Il numero di interventi militari
messi a segno contro altri Paesi senza essere stati provocati ammonta a oltre
250 dal 1947-48".
JOHN LE CARRE'
"Gli Stati Uniti sono entrati in
uno dei momenti di follia, ma si tratta del peggiore che ricordi". Così lo
scrittore britannico John Le Carrè, sulle pagine del quotidiano inglese
"The Times", ha definito l'atteggiamento americano nella crisi
irachena. Secondo Le Carrè la guerra contro l'Iraq è stata pianificata anni
prima degli attentati di bin Laden, "ma è stata lui che l'ha resa
possibile". "Ora ci dicono che gli americani vogliono la guerra:
quelli che non sono con Bush sono contro di lui. Peggio, sono il nemico. Il che
è assurdo, perché io sono assolutamente contro Bush, ma sarei felice di vedere
Saddam cacciato. Solo -ha puntualizzato lo scrittore- non con i metodi e i
termini di Bush".
SUSAN SONTAG
Susan Sontag, sessantanovenne
scrittrice newyorkese, riflette sulla "natura singolare" della guerra
americana. "Dall'attacco dell'11 settembre 2001 -ha ricordato la
scrittirce- l'America è in guerra", secondo ciò che ha detto Bush al
popolo americano. Ma "tenuto conto della natura del nemico sembra una
guerra di cui è impossibile prevedere la fine". Gli Stati Uniti "sono
in pericolo. Il terrorismo, diventato il nuovo spauracchio alla stregua del
comunismo negli anni Cinquanta, è la scusa per instaurare uno stato forte: una
dittatura. Ciò che mi preoccupa è il nuovo consenso generalizzato attorno a
questa graduale perdita di democrazia".