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Arriva l’agrovoltaico
Davide Stasi – tratto da http://www.ilribelle.com/

L’obiettivo di abbattere le emissioni di anidride carbonica legate all’utilizzo di fonti di energia fossili, causa prima del riscaldamento globale, ha stimolato negli ultimi anni la ricerca scientifica e ingegneristica. In parte sono stati recuperati vecchi e bistrattati metodi di produzione energetica, come l’idroelettrico, in parte ci si è dati l’obiettivo di sfruttare fonti energetiche già esistenti e inesauribili, come vento e sole. La ricerca di alternative sostenibili, però, oltre ad avere i suoi costi, ha registrato finora non poche anomalie. Ma basta poco per trasformare una buona idea in una vera soluzione, come nel caso dell’agrovoltaico.

Una delle accuse più frequenti e sacrosante che le lobby delle fonti energetiche tradizionali lanciano all’indirizzo del fotovoltaico è, anzi era, che il suo utilizzo, per essere ottimizzato a livello energetico ed economico, richiede l’occupazione di ettari di terreno agricolo, che così viene sottratto al suo scopo primario: la produzione di cibo. La soluzione arriva dal Comune di Virgilio, in provincia di Mantova, dove un’azienda agricola ha installato, prima nel mondo, un impianto fotovoltaico che non impedisce la prosecuzione delle attività agricole, così sciogliendo un conflitto tra due attività cruciali che sembrava impossibile da risolvere.

L’impianto, installato su 15 ettari, ha una potenza di 2,2 megawatt, prodotti da 500 mila celle fotovoltaiche fissate a una tensostruttura scoperta ed elevata 5 metri sopra il campo agricolo, in modo da consentire anche il passaggio dei macchinari. I 750 inseguitori solari biassiali comunicano tra di loro grazie a un innovativo sistema di controllo e comunicazione wireless. Ma non solo: la struttura è in grado di rilevare la temperatura e l’umidità del terreno, dando indicazioni utili al coltivatore, che in più può utilizzare l’impalcatura per installare sistemi d’irrigazione o coperture contro la grandine.

«È una soluzione brillante», dice Roberto Angoli, presidente di REM, la società che ha realizzato l’impianto.«Così è possibile produrre grandi quantità di energia, rispettando l'ambiente e integrandosi sinergicamente con le attività dell'uomo». In effetti, a pensarci, elevare al primo piano l’impianto è un po’ l’uovo di Colombo, anche se integrato con un utilizzo innovativo delle tecnologie. L’esigenza era chiara: non impedire l’utilizzo proprio del campo agricolo, riuscendo però a produrre elettricità a emissioni zero, per di più senza il capestro dei contratti ventennali che varie grandi società finora hanno imposto agli agricoltori impoveriti dalla crisi e dalla globalizzazione. Senza contare il rispetto della filiera energetica corta: portare elettricità là dove ce n’è effettivamente bisogno.

Le potenzialità di questa soluzione sono elevatissime, tanto che nuove installazioni del genere sono già state progettate altrove, ancora nei dintorni di Mantova e a Piacenza. L’obiettivo è diffondere questa metodologia in tutta Italia e nelle pianure d’Europa. A questo scopo alcune partnership sono già state attivate con società francesi innovative nel settore dell’energia rinnovabile, e l’obiettivo ambizioso, su cui si sta già lavorando con investimenti in ricerca e progetti di relazioni estere, è quello di espandere il sistema anche al Nordafrica, dove le aree desertiche garantirebbero una produzione energetica eccezionale, magari da importare in Europa.

C’è del business dietro, senza dubbio. Le società coinvolte in questo genere di progetti sono tutte newco, spesso con propaggini internazionali. Ma ben vengano, se consentono, con i loro investimenti, di condurre il mondo verso un equilibrio sostenibile tra la domanda energetica e la preservazione dell’ambiente. La loro presenza spaventa meno delle grandi major petrolifere o nucleari perché in ogni caso non potranno mai avere il possesso della materia prima, il sole.

Ma anche perché i grandi impianti danno impulso alla ricerca, e la ricerca, quando ha successo, come in questo caso, abbatte i costi, rendendo accessibile l’installazione di piccoli impianti anche ai singoli utenti, che così possono rendersi indipendenti da qualunque impresa privata più o meno monopolista.

Ed è questo l’elemento che spaventa di più la grande industria energetica: la perdita del proprio monopolio a favore di un’energia che funziona e migliora le proprie prestazioni utilizzando come materia prima i neuroni, ossia l’intelligenza umana.

Davide Stasi


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