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La seguente denuncia da parte dell'associazione dei consumatori (Adusbef), basata anche su uno studio del presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi, è stata ripresa dal Wall Street Journal-ANSA il 12 novembre che titola:
OPINIONI
IL 90% DEI CONSIGLI DELLE AGENZIE DI RATING SONO BUFALE
di WSI-ANSA
La
pesante denuncia di una delle associazioni dei consumatori (Adusbef) si
basa sul monitoraggio di oltre 1.000 report emessi a pagamento dalle
maggiori societa' internazionali che assegnano il rating (Moody's,
Standard & Poor's e Fitch). (...)
Pubblichiamo integralmente qui di seguito il comunicato stampa dell'11
novembre sulle tre maggiori agenzie di rating firmato Elio Lannutti,
presidente di Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari
Finanziari Postali e Assicurativi) e Paolo Raimondi, Economista,
Presidente Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà
(...)
La notizia è stata ripresa da numerosi giornali on line
Fonte: ADUSBEF
onlus
Agenzie
di rating: il monopolio delle “tre sorelle” USA della finanza,
in prevalenza controllate dalle banche, esposte e coinvolte pesantemente
nella “finanza derivata”
Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody's, Standard & Poor's e Fitch. Il rating, che valuta l'entità del rischio di credito, si divide in due principali categorie: il rischio commerciale ed il rischio paese, ma non misura altri tipi di rischi quale il rischio di tasso o di cambio, ecc. La valutazione della capacità del debitore di far fronte al rimborso del proprio debito finanziario viene fornita ricorrendo ad una scala alfabetica, che va da un valore massimo ad uno minimo.
Un monitoraggio effettato dall'Adusbef su oltre 1.000
“report” (consigli per gli acquisti o per le vendite su titoli e/o
azioni) emessi a pagamento (quindi con un potenziale conflitto di
interessi, a volte anche quando non è stato richiesto) dalle maggiori
agenzie di rating, anche di origine bancaria, ha rappresentato la prova
provata che tali rapporti sono risultati sballati al 91 per
cento,efficaci al 9 per cento. Quando le agenzie diffondono su internet,
tramite lettere finanziarie o stampa specializzata,i loro reports su
società quotate, i consigli (ad acquistare: buy; vendere: sell; o
tenere: hold ) 9 volte su 10 si sono rilevati vere e proprie bufale a
danno dei risparmiatori i quali, seguendo quei non proprio
disinteressati consigli,hanno messo a repentaglio il frutto del loro
sudato risparmio, con perdite maggiori rispetto alla loro normale
capacità di investimento.
Le società di rating,poiché sono pagate dai committenti e non dagli
investitori,sono portatrici di un conflitto di interessi, che ha
mostrato tutta la sua evidenza negli scandali finanziari mondiali: dalle
Enron e Worldcom alla Parmalat.
Il 19 ottobre 2006, 2 delle 3 agenzie di rating
internazionali che agiscono in regime di oligopolio, hanno deciso di
declassare l'Italia, hanno dato voluto cioè dare un voto negativo alla
capacità dell'Italia di gestire la sua economia. Non è la prima volta
che questo accade, anche in presenza di governi di differente
orientamento politico. E' un voto che solitamente ha drammatiche
conseguenze economiche e sociali. Delle tre agenzie,
Con la deregolamentazione dell'economia, soprattutto dall'inizio degli
anni novanta, queste agenzie sono diventate il “grande fratello”
finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso,
superiore a quello degli stati e delle banche centrali, sia nella
valutazione delle politiche dei governi che dell'andamento economico di
qualsiasi entità privata, determinando le decisioni di tutti gli attori
economici. All'inizio le agenzie offrivano, a pagamento, ai detentori di
titoli di credito i loro giudizi sul comportamento dei debitori. Adesso
persino i debitori pagano per avere un “voto” prima di emettere
un'obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Senza il
voto delle agenzie, economicamente non si esiste più. Per poter
comprare o vendere, per prendere o dare a prestito, bisogna pagare il
“pizzo” per ricevere la protezione o il semplice riconoscimento da
parte di questi nuovi potentati.
Prima di tutto va sottolineato che le tre maggiori agenzie di rating (le
3 sorelle) sono delle entità private strutturate come società per
azioni e quindi parte della logica di mercato e sottoposte al principio
del massimo profitto possibile. Inoltre, e risulterà chiaro da una
sintetica analisi delle loro strutture dirigenziali, le “tre
sorelle” hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei
loro consigli direttivi, Board of Directors, delle più grandi
corporations internazionali e delle più grandi banche internazionali,
pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in
quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle
speculative e dell'attuale crisi finanziaria sistemica globale.
1)
Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono
quindi anche dell'attività della S&P, troviamo:
- Sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup
Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra;
- Dougals N. Daft, presidente della Coca Cola Co.;
- Hilde Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union
del FMI-World Bank;
- James H. Ross, della British Petroleum;
- Edward B. Rust Jr., presidente dell'assicurazione State Farm
Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e
immobiliare, sotto scrutinio per le politiche troppo disinvolte dopo
l'urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne, colosso del
settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee
on Education della presidenza di George W.
- Bush (padre);
- Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in
passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato
per la bancarotta della Enron) e direttore dell'IBM, già membro nel
2002 dell'Homeland Security Advisory Council (l'apparato
dell'antiterrorismo).
2) L'agenzia di
rating Fitch di New York
è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con
sede centrale a Parigi. Nel 2005 la multinazionle americana delle
comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20% del pacchetto
azionario.
Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharriere, uomo della
Renault e della Banque Suez.
Tra i membri del Board of Directors troviamo:
- David Dautresme della banca Lazard Freres;
- Philippe Lagayette della JP Morgan & Cie;
- Bernard
Mirat della Cholet-Dupont (finanza);
- Bernard
Pierre della Fremapi (metalli preziosi).
3) L'agenzia di
rating Moody's è
sussidiaria della Moody's Corporation, con sede centrale a New York. Il
presidente è Raymond W. McDaniel Jr.
Tra i membri del Board of Directors troviamo:
- Basil L. Anderson della Stables Inc. e della
Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi);
- Robert Glauber della ING Group (settore bancario e assicurativo
con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze
americano nel periodo 1989-92;
- Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e
della Exxon Mobil (petrolio);
- Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation
(settore alimentare);
- John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della
KPMG (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione
dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che insieme
alla Freddie Mac detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario
immobiliare americano la cui bolla è al punto di esplodere).
Le “tre sorelle” del rating quindi, non sono solamente
l'espressione dell'intreccio dominante delle multinazionali, ma in
particolar modo sono una struttura organizzata delle principali banche
del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle
nazioni e di tutti i settori dell'economia sia privata che pubblica. Ma
la cosa che si vuole con precisione sottolineare è l'influenza
determinante esercitata sulle “tre sorelle” da quella finanza
altamente speculativa che è responsabile della gigantesca bolla in
derivati finanziari che ha precipitato il mondo intero in un processo di
crisi sistemica.
Secondo i rapporti della Banca dei Regolamenti
Internazionale (BRI) di Basilea, la banca di coordinamento di tutte le
banche centrali, alla fine di dicembre 2005 solamente il totale del
valore nozionale di tutti i derivati finanziari Over The Counter (OTC),
cioè quelli che non appaiono sui bilanci delle banche e finanziarie che
li sottoscrivono, aveva raggiunto i 284.819 miliardi di dollari, cioè
sette volte il PIL mondiale ( alla fine del 2003 era di 197.167
miliardi, cioè quasi 100.000 miliardi in più solamente in 24 mesi!).
Queste sono operazioni finanziarie altamente speculative, soprattutto
scommesse sugli andamenti futuri dei tassi di interesse, che hanno già
portato l'intero sistema in crisi con il fallimento del fondo LTCM nel
1998 e continuano a scuotere quotidianamente il sistema finanziario e
monetario, ultimo il fallimento per 6,5 miliardi di dollari del fondo
americano Amaranth (con ricadute negative anche sui fondi gestiti
italiani,dal san Paolo Imi alle Generali). Si noti che alla vigilia
della crisi del 1998 il totale dei derivati OTC era di 28.000 miliardi
di dollari.
Secondo l'ente statale di controllo sul denaro circolante
negli USA, il Comptroller of the Currency, a fine giugno 2006
Tutto questo ci porta a concludere che le “tre sorelle” non sono
solamente squalificate nella pretesa di valutare la solidità economica
e finanziaria degli stati e delle imprese, ma che sono parte integrante
del problema che sta portando il mondo economico verso il crack e la
crisi sistemica con conseguenze devastanti per l'intera vita economica,
sociale e politica del pianeta. Questa riflessione non si deve fermare
al rifiuto delle ricette imposte dalle agenzie, ma deve sollecitare
un'azione, coordinata internazionalmente, per ridefinire le regole e i
progetti per un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale,
per una nuova Bretton Woods
[vedi nota] capace
di promuovere un nuovo ordine economico mondiale più giusto. Lo scorso
6 aprile 2005
STRUMENTI DERIVATI: 350 TRILIONI DI DOLLARI USA (IN ITALIA
5 MILIARDI DI EURO 3 VOLTE IL PIL), DEVONO SUSCITARE ALLARME DELLE
AUTORITA' MONETARIE MONDIALI. LA “BOMBA ATOMICA” FUORI CONTROLLO
DELLA FINANZA DERIVATA (VERE E PROPRIE SCOMMESSE CLANDESTINE CON BANCHE
ALLIBRATRICI CHE LUCRANO, CON
L'INTRODUZIONE DELLA TOBIN TAX (*) POTREBBE: REGOLAMENTARE SCOMMESSE
CLANDESTINE FUORI CONTROLLO E FINANZIARE I PAESI POVERI DEPREDATI.
Le economie degli Stati nei mercati globali poggiano sulla
“bomba atomica” dei derivati, strumenti di finanza speculativa
rispetto a cui le banche sono esposte per circa 350 mila miliardi di
dollari, secondo l'ultimo rapporto disponibile del Comitato di Basilea
per la supervisione bancaria e su Iosco. Non è ancora possibile
definire con esattezza il giro d'affari che tale Business può generare
in un anno - perché le banche d'affari non pubblicano i flussi
derivanti dai singoli clienti di hedge funds - ma è possibile capire da
dove sono arrivati consistenti flussi di cassa per le banche d'affari
.Il mondo Hedge, allo stato attuale, dovrebbe possedere una dote pari a
circa 1.000 miliardi di dollari di Assets Under Management che generano
25 miliardi di dollari in commissioni bancarie o il 2.5% per il
patrimonio gestito; se a tutto questo aggiungiamo le commissioni di
gestione ci si aggira attorno ad un 5% l'anno. Un altro elemento da non
sottovalutare, viste le cifre, è quello dell'ormai eccessiva
interdipendenza - in termini di profitti - tra banche d'affari e modo
degli Hedge Funds, un evidente ed eclatante conflitto d'interessi: le
banche d'affari vendono Hedge Funds, gestiscono Hedge Funds, concedono
prestiti per investirvi e operano in hedge attraverso i propri trading
desk, le banche d'affari sembrano più che altro una sorta di
investitori geneticamente modificati: investono con se stesse.
Il volume delle operazioni finanziarie derivate continua ad
aumentare.
L'aumento più vistoso è quello dei derivati sul credito,
che sono quasi raddoppiati tra la metà del 2004 e la metà del 2005,
secondo le cifre della International Swaps and Derivatives Association (IDSA).
Al 30 giugno 2006 gli swaps e le options sui tassi d'interesse e sulla
moneta riferiti dall'ISDA ammontavano a 213 mila miliardi, con un
aumento annuo del 16% (29.600 miliardi). Nello stesso periodo gli swaps
sulle insolvenze creditizie (derivati sul credito) sono aumentati di
4.000 miliardi, ovvero del 48%. Quattro anni prima i derivati sul
credito ammontarono a 919 miliardi. Mentre il Presidente della SEC
americana ha annunciato di aver messo sotto controllo il mercato dei
derivati e degli hedge fund USA e Bce, Adusbef ha inviato numerose
richieste a Bankitalia e Consob volte ad approfondire, alcune
segnalazioni ricevute, secondo cui anche il sistema bancario italiano
sembra stia facendo un massiccio ricorso agli strumenti derivati per
ricoprire esposizioni finanziarie assunte sui mercati internazionali,
anche su quelli obbligazionari di Stati sovrani a rischio di
insolvenza,e di tenere quindi sotto stretta osservazione un fenomeno
potenzialmente pericoloso che potrebbe provocare, soprattutto nella
attuale fase di recessione economica, effetti a catena indesiderati tali
da travolgere, in un effetto domino, l'economia reale e il sudato
risparmio impiegato.
L'Isda (International Swaps and Derivatives Association) ha
infatti calcolato che a giugno
La situazione si fa ancora più preoccupante se si
considera che i più grandi istituti di credito del mondo sono esposti
notevolmente alle fluttuazioni di questo mercato. Secondo i dati forniti
dalla Comptroller of the Currency, l'esposizione dell'americana Jp
Morgan Chase raggiunge i 57 mila miliardi di dollari: una cifra pari a
350 volte la capitalizzazione di borsa della società e a più di
quattro volte il Pil degli Stati Uniti. Nella classifica delle banche più
esposte in contratti derivati figurano però anche Citibank (25 mila
miliardi di dollari), Bank of America (24 mila mld), Wachovia Bank (4
mila mld) e Hsbc (4 mila mld di dollari). A questo punto la domanda è:
cosa succederebbe se un evento inatteso (come già se ne sono visti nel
Novecento) procurasse un crollo di questo mercato ? Il rischio è un
effetto domino che potrebbe colpire i mercati finanziari internazionali
e arrivare a piegare l'economia di molte nazioni.
Non si tratta neanche di uno scenario di fantasia se si
ricorda il caso di Long Term Capital Management. Si trattava di un hedge
fund gestito da due premi Nobel che fu messo in ginocchio dalla crisi
del debito russo in virtù della sua esposizione in derivati da 1.300
miliardi di dollari. Alla fine ci pensò Alan Greenspan che chiamò a
raccolta le maggiori banche internazionali per salvare la baracca. Ma
oggi, vista l'esposizione da ben 57 mila miliardi di dollari della JPMC,
chi potrebbe salvare la finanza mondiale da una nuova crisi del mercato
dei derivati?
Derivati: dati globali (Fonte BRI-Banca Regolamenti
Internazionali)
[Valori nominali, in miliardi di dollari USA]
Derivati: dati globali (Fonte BRI-Banca Regolamenti
Internazionali)
[Valori
nominali, in miliardi di dollari USA]
Derivati su… |
6/2002 |
12/2003 |
12/2004 |
12/2005 |
12/2005 su 12/2001 |
…Cambi |
|
24.475 |
29.289 |
31.609 |
|
…Tassi |
|
141.991 |
190.509 |
215.237 |
|
…Altro |
|
30.701 |
31.707 |
37.973 |
|
TOTALE |
127.509 |
197.167 |
251.499 |
284.819 |
+123,4% |
Derivati
Italia Fonte Bankitalia
[Valori
nominali, in miliardi di euro]
|
12/2000 |
12/2001 |
12/2002 |
12/2003 |
9/2004 |
9/2004 su 12/2000 |
TOTALE |
1.643,1 |
2.903,3 |
3.752,7 |
5.604,8 |
6.404,9 |
+ 289,8 % |
Derivati
Italia (*) Fonte Bankitalia
[Valori
nominali, in miliardi di dollari]
6/2005 |
|
su cambi |
259,0 |
su tassi |
5.412,9 |
Altro |
166,3 |
Totale |
5.838,2 |
(*)
(*) Rilevazione su un campione di banche che aggrega circa
l'80% del valore nominale dei derivati. Per il 2005 Il valore
complessivo si aggirerebbe, quindi, attorno a 7.005 miliardi di dollari,
pari a 5.604 miliardi di euro, con un aumento percentuale, dal dicembre
2000 al dicembre 2005, pari a + 241,1 %.
La cifra complessiva degli aggregati finanziari, la cui
componente principale è quella delle operazioni in derivati, si stima
intorno ai 2 milioni di miliardi di dollari contro il PIL mondiale
stimato 42 mila miliardi di dollari,con rapporto tra finanza e
produzione di 50:1. Anche le cifre sulle transazioni finanziarie che non
vengono registrate (OTC), sono tutt'altro che attendibili.
Tante banche hanno finito per "partorire" degli
hedge funds, dirette da loro "ex dipendenti", a cui affidano
le transazioni meno "ortodosse". Per restare comunque alle
cifre ufficiali, una sola banca,
Nell'autunno 2004
In tre anni il volume quotidiano dei mercati dei cambi tradizionali è
aumentato del 57% raggiungendo i 1.880 miliardi di dollari.
Il volume delle transazioni OTC (non registrate) è
aumentato del 112% raggiungendo 1.200 miliardi di dollari al giorno. Il
43 % di tutte queste transazioni non avviene tra banche ma tra hedge
funds altamente instabili.
Annualizzando queste cifre si ottiene un volume di 500 mila
miliardi di transazioni forex e 300 mila miliardi di transazioni in
derivati OTC. Inoltre, secondo l'ultimo rapporto trimestrale della BRI,
il volume annuale dei derivati trattati in borsa ammonta a 1,2 milioni
di miliardi. Con questo il totale delle operazioni speculative sui cambi
e dei derivati arriva a 2 milioni di miliardi di dollari.
(*)
Nel 1997 Ignacio Ramonet, redattore di Le Monde
diplomatique, rinnovò il dibattito attorno alla Tobin tax con un
editoriale intitolato "Disarmare i mercati". Ramonet propose
di creare un'associazione per l'introduzione di questa tassa, che venne
chiamata ATTAC (Associazione per
Paolo Raimondi, Economista,Presidente Movimento Internazionale per i
Diritti Civili - Solidarietà
Elio Lannutti (presidente Adusbef)
Roma, 11 novembre 2006