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L’affare
Telecom non è un affare italiano
Tratto da Movisol - www.movisol.org
Mentre si sta per decidere il futuro dell’industria delle telecomunicazioni italiana e delle relative infrastrutture, lo scandalo Telecom rischia di spostare l’attenzione sulle faide politiche interne e di far perdere di vista la posta in gioco. Occorre distinguere due livelli:
1. L’inchiesta sulle intercettazioni
illegali;
2. Il futuro della struttura e degli assetti
proprietari di Telecom.
Sul punto 2, il piano degli attuali proprietari è
indubbiamente quello di scorporare per vendere; oggi
Sul punto 1, non bisogna dimenticare che, anche se i tempi
dei recenti arresti sono sospetti, in quanto sembrano essere stati
concepiti per togliere Prodi
dalla graticola, l’inchiesta della magistratura milanese era partita
da tempo e riguardava le complicità italiane nel rapimento del
cittadino egiziano Abu Omar, nel febbraio
Dunque la magistratura ha sollevato il velo su una
struttura parallela che svolgeva attività di sorveglianza e
intercettazione per conto della CIA, nell’ambito della “guerra al
terrorismo” di Bush-Cheney
condotta con mezzi illegali su suolo italiano. L’inchiesta stabilirà
se le schedature dei politici sono riconducibili anch’esse agli ordini
transatlantici.
Lo strano “suicidio” di Michele Bove, il responsabile della sorveglianza di TIM che
apparentemente si lanciò da un cavalcavia al centro di Napoli il 21
luglio, in pieno giorno, aggiunge una dimensione sinistra all’affare.
Bove era un collaboratore prezioso degli inquirenti proprio sul caso Abu
Omar. Un “suicidio” simile era avvenuto in Grecia l’anno scorso:
vittima, un ingegnere informatico di Vodafone, Costas
Tsalikidis, che aveva scoperto un sofisticato software collocato
nella rete di telefonia mobile della compagnia, che permetteva di spiare
le telefonate del capo del governo e altri ministri, funzionari,
attivisti contro la guerra ecc. Tsalikidis
fu trovato appeso ad un cappio legato alle tubature del proprio bagno.
A questo punto si chiede se ci sia una relazione tra
l’attività della “Banda Bassotti” e i viaggi in Italia di Michael Ledeen, il consigliere neocon dell’amministrazione Bush già
sospettato di aver imbastito la bufala del “nigercake”
con i suoi vecchi amici piduisti. Se è vero che il SISMI detiene un
dossier sulle attività di Ledeen in Italia, va rinnovata la richiesta
di aprirlo