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La
questione ADHD: quando la logica e la scienza perdono la strada
Dottor Roberto
Cestari - 28 marzo 2007
Le
domande senza risposta
Il dibattito intorno al tema ADHD è incentrato su tre
differenti piani.
Il primo,
quello su cui sembra accentrarsi l’interesse generale, consiste nelle
notevoli perplessità relative al trattamento
farmacologico ed in particolare agli effetti secondari dei farmaci
utilizzati.
Contrariamente all’opinione comune, ritengo tale aspetto,
sebbene degno d’attenzione, del tutto secondario.
Le ragioni di questo mio atteggiamento sono semplici:
-
Oltre
al metilfenidato (Ritalin), esistono vari altri farmaci che vengono
utilizzati (Adderall, Strattera, ecc., ognuno con molti e a volte
differenti effetti secondari).
-
La
prescrizione di un farmaco avviene solo dopo una diagnosi.
-
Il
medico, in scienza e coscienza, deve essere libero di praticare la
medicina. Limiti a questa facoltà di scelta possono, a mio parere,
esistere, ma dovrebbero essere fondati solo sul principio ippocratico
“primum non nocere”. Per il resto entreremmo qui in un dibattito ben
più ampio e articolato, che esula dalla questione attuale.
-
Le
persone, i pazienti, hanno il diritto assoluto di essere pienamente e
completamente informati in razione agli scopi, alle attese e ad ogni
possibile effetto secondario delle terapie prescritte. Una volta che
venga utilizzato pienamente il consenso informato, il paziente effettua
liberamente le proprie scelte.
Su questo tema è pertanto fondamentale il consenso
informato e un’inequivocabile chiarezza e trasparenza
nell’informazione al cittadino, in merito ad ogni possibile
effetto dei farmaci utilizzati.
Mi permetto inoltre di aggiungere due riflessioni.
La prima è relativa all’età dei
piccoli pazienti di cui stiamo parlando. Un adulto od un giovane che
assume una sostanza con effetti psichici, è in grado di collegare
eventuali sensazioni, percezioni, pensieri alterati che sopravvengano,
all’utilizzo della sostanza stessa. Per un bambino di due o tre o
quattro anni di vita, questo è impossibile, con tutte le conseguenze
che potete immaginare.
Infine qui, oltre agli effetti collaterali, entra in gioco anche
“l’effetto educativo”: crescere una generazione che si abitua come
“modus operandi” a dipendere da questa o quella pastiglia. Quest’ultimo
fenomeno è ben evidente se si ha occasione di frequentare i teenagers e
i giovani americani dell’ultima generazione.
Il secondo tema è,
a mio avviso, la vera domanda:
l’ADHD esiste? Esiste cioè un’entità patologica specifica che
corrisponde alla definizione che ne viene data?
In merito a questo secondo tema, l’opuscolo “Perché
non accada anche in Italia”, esprime chiaramente le motivazioni
dell’insussistenza della ADHD.
I sostenitori della ADHD parlano di un “disturbo neurobiologico”.
Vorrei sapere su quali basi. Vi sono domande a cui nessuno pare sia in
grado di rispondere:
Nel caso poi vi sia una qualunque risposta alle domande 1 e
2: questo significherebbe che la diagnosi di ADHD è una vera diagnosi
medica, non psichiatrica, bensì neurologica.
Preciso che ogni singola ricerca scientifica in merito alle cause
organiche della ADHD è stata non solo criticata, ma anche dimostrata
come falsata o invalida, da vari autorevoli colleghi e ricercatori.
Per chi volesse approfondire questo tema suggerisco la lettura di “
The ADHD Fraud” di Fred A. Baughman Jr., Trafford Publishing o di
visitare il sito www.adhdfraud.org , ove si possono trovare tutte le
informazioni in merito.
Ne consegue che chi risponde alle due domande precedenti,
dovrebbe essere in grado di comunicare quale sia l’esame o gli esami
oggettivi ed essere in grado di fare diagnosi con quegli esami oggettivi
da lui stesso indicati. Li sfiderò pertanto, pubblicamente, a farlo.
Comunque, a chiarimento definitivo di ogni e qualsiasi dubbio, esiste un
modo di togliersi d’impaccio: se l’ADHD è una malattia, allora si
faccia diagnosi utilizzando quegli esami oggettivi (test di laboratorio,
TAC, ecc.), che ne hanno dato la prova. Il resto sono chiacchiere.
L’obiezione: “Ma test di questo genere non esistono per
nessuna malattia mentale!”, non dimostra nulla, se non (e qui scrivo
una frase per cui sarò tacciato come eretico): la scarsa attendibilità
dell’intero soggetto. Inoltre questo genere di argomentazione è sullo
stesso piano logico che si verificherebbe quando,
dopo un tumulto, uno degli arrestati, rispondendo alla domanda:
“Perché hai dato fuoco ad un’auto?”, replicasse: “Perché lo
facevano in molti altri”.
Poiché ho avuto occasione di confrontarmi con qualche
sostenitore della ADHD (sebbene molto raramente; di fatto sono fuggiti
in tutte le occasioni possibili di incontro / dibattito pubblico o
televisivo), mi attendo le solite risposte fumose: “l’ADHD è un
disturbo multifattoriale”, “comorbilità”, ecc. Una volta
sviscerato il problema, arrivano a parlare di diagnosi differenziale:
“Il bambino ADHD è quello dove gli altri eventuali fattori, possibile
causa della iperattività e disattenzione, sono stati comunque
esclusi”.
Bene, questo è un argomento di reale interesse. Quindi il
bambino iperattivo e disattento perché ha i genitori che si stanno
separando, non è ADHD; non lo è quello dove la causa sia una vera
malattia fisica; non lo è laddove vi siano problemi di relazione o
affettivi; non lo è…
Ne dobbiamo dedurre che il bambino ADHD è quello iperattivo e
disattento, per il quale non siamo stati capaci di capire o spiegare il
perché. Una diagnosi veramente interessante in questo caso poiché
diagnostica, casomai, l’incapacità del medico.
Mi è stato riferito che si tratta di una questione di
gravità: dipende da quanto è grave questo comportamento, da quanto
disturba gli altri e ostacola se stesso.
Posso concordare, ma quali sono le cause di quel comportamento nello
specifico caso? Se si tratta di un problema medico vero (svariate
patologie mediche possono provocare questi sintomi), allora vi sarà una
diagnosi medica e una terapia conseguente. Se si tratta di un problema
di relazioni umane, ci si dovrà muovere su un altro terreno. La gravità
della situazione, la sua intensità, non può essere confusa con le
cause che la determinano.
Alcuni mi hanno mostrato grandi quantità di testi scritti
sulla ADHD: la vastità della letteratura.
A costoro ho risposto e rispondo con una frase di Henri Poincaré,
tratta dal libro
Altri si appellano al numero ed alle qualifiche degli
esperti a favore della ADHD. Questa argomentazione può far presa sugli
ingenui e si fonda sul principio d’autorità e sulla difficoltà di
vedere ciò che si distacca dalla cultura in cui siamo immersi.
Un neuropsichiatria infantile, non sapendo più cosa rispondere, mi ha
detto: “Insomma, dobbiamo pur dare un nome alle cose!”. Questa frase
è stata illuminante poiché mi ha condotto ad una scoperta, che presto
renderò pubblica.
Il terzo tema è la
questione degli screening.
I test per l’ADHD nelle scuole italiane, compilati da
psicologi, insegnanti e a volte dai genitori (ma non sempre – anzi in
alcuni casi i genitori non erano nemmeno stati informati), non sono
limitati ai progetti di ricerca nazionali (ufficialmente conclusi): si
diffondono a macchia di leopardo e proseguono, sostenuti attivamente da
vari centri di neuropsichiatria infantile particolarmente attivi sul
loro territorio.
L’opera di diffusione certosina, se pur frammentaria,
prosegue con alacrità e zelo tali da indurre persino ad ipotizzare un
progetto orchestrato.
Contestando un mio articolo apparso su “Il Sole 24 Ore – Salute”,
sulla stessa testata, il 12 Settembre, 2006, alcuni specialisti della
ADHD, scrivevano: “Lo screening di massa è una leggenda”.
Sarà anche una leggenda, ma è quanto sta già accadendo, seppur in
modo frammentario. Sono decine le segnalazioni che ricevo in merito.
Inoltre non la scrissi certo io la proposta di legge, nella
precedente legislatura, che all’art. 14,
comma 1, recitava: “Per
l'individuazione precoce delle situazioni di rischio psicopatologico e
dei disturbi psichici, il Ministro della salute, con proprio decreto,
stabilisce le modalità di realizzazione di specifici programmi atti
alla diffusione di appropriati e soddisfacenti interventi presso le
scuole, ad iniziare da quelle materne. I programmi devono prevedere
procedure di screening e preparazione degli insegnanti”.
Sebbene i test per l’ADHD siano solo ed esclusivamente
le solite domandine* (ripeto: solo ed esclusivamente le solite domandine
- o loro varianti - e l’osservazione del bambino), questo non è un
aspetto puramente scientifico o medico.
* per chiunque non ne fosse a conoscenza, riporto qui
alcune delle domane (7 su 18) del test.
-
“muove spesso le mani o i piedi o si agita sulla sedia?”
- “è distratto facilmente da stimoli esterni?”
- “spesso ha difficoltà a giocare quietamente?”
- “spesso chiacchiera troppo?”
- “spesso spiattella le risposte prima che abbiate finito di fare la
domanda?”
- “spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto?”
- “spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri;
per es. irrompe nei giochi degli altri bambini?” .
Apparentemente potrebbe configurarsi come un tema di
politica sanitaria.
In realtà è un argomento esclusivamente, profondamente, radicalmente,
politico: è in gioco il concetto stesso della democrazia.
Molti ricorderanno circa 10 anni or sono la così definita emergenza
AIDS. Si ipotizzò una rapida diffusione della malattia, e qualcuno
propose di effettuare il test HIV a tutti i cittadini italiani.
Il Parlamento, l’allora Presidente della Repubblica
Italiana,
Un no chiaro ed inequivocabile poiché le massime autorità dello Stato
Italiano avevano ben chiara la nostra Costituzione ed i fondamenti della
democrazia.
Lo Stato democratico è al servizio dei cittadini; fornisce servizi su
richiesta dei cittadini; non entra nelle loro case e nella loro vita per
schedarli.
E si trattava, in quel caso, di una vera malattia, di una
malattia infettiva, di un test oggettivo e di un pericolo reale.
Qui, di fronte ad una malattia non dimostrata, certamente non infettiva,
di test non oggettivi, di nessun pericolo sanitario incombente, qualcuno
vorrebbe fare gli screening. Che rileverebbero inoltre dati sensibili e
come se non bastasse su bambini.
I test psicopatologici nelle scuole sono l’invasione
dello stato nella famiglia e nella vita dei cittadini.
Si fondano su una visione di stato totalitaria e rappresentano un grave
rischio per la democrazia.
Il tema è prettamente politico e la politica ha il dovere di
esprimersi. Attendiamo quindi i pareri dei nostri politici e queste
saranno nel futuro chiare indicazioni di voto per chiunque abbia a cuore
la tutela dei bambini italiani.
Dr.
E. Roberto Cestari
Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus