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«Il
controllo dei mezzi di comunicazione di massa»
dal libro: "Qualcuno vuol darcela a bere" di Giuseppe Altamore, giugno 2003
Questo è forse il capitolo più amaro, perché affronta un tema dai risvolti oscuri tale da suscitare una certa indignazione in chi pensa che la libertà di stampa sia un diritto inderogabile. Purtroppo, l’informazione economica è sottoposta a pressioni e contaminazioni il più delle volte ignorati dai lettori. Nel campo delle acque minerali prevalgono gli interessi dei grandi gruppi del comparto alimentare che aderiscono a Mineracqua, organizzazione aderente a Confindustria. Costituita nel 1990, Mineracqua (Federazione italiana delle industrie delle acque minerali naturali, delle acque di sorgente e delle bevande analcoliche) è l’organizzazione imprenditoriale che raggruppa, rappresenta e tutela le industrie italiane che confezionano acque minerali naturali, acque di sorgente e bevande analcoliche. Si presenta così nel suo sito internet (www.mineracqua.it):
«Mineracqua
è l’unico interlocutore delle imprese produttrici in Italia ed è
riconosciuta dalla Amministrazioni statali e regionali e dalle
Organizzazioni nazionali e internazionali.
Ad essa aderiscono le maggiori imprese del settore, che rappresentano
circa il 70% del mercato con 171 unità produttive e il 35% circa del
mercato delle bevande analcoliche»
L’organizzazione
fa parte anche di Federalimentare, di cui il presidente Ettore Fortuna
è vicepresidente e, attraverso Federalimentare, aderisce alla CIAA
(Confederazione europea delle industrie agro-alimentari).
Si può intuire, attraverso la forza delle inserzioni pubblicitarie di
tutto il largo consumo, quale «pressione» e forza di penetrazione
possa esercitare Mineracqua sull’informazione. Tralasciando «Il Sole
24 Ore», quotidiano di Confindustria, i produttori di minerale fanno
parlare di sé a ogni spot televisivo, invadono le pagine dei giornali,
rimpinguano gli esausti bilanci delle case editrici che accettano ben
volentieri milioni di euro di pubblicità in cambio di un tacito
silenzio nel migliore dei casi. Ogni tanto però qualcosa sfugge al
ferreo controllo imposto da chi rappresenta gli interessi degli
imbottigliatori d’acqua. C’è, per fortuna, un’informazione ancora
libera che preferisce, per l’appunto, informare correttamente i
lettori nel rispetto della verità sostanziale dei fatti. Certo, in
questo caso specifico si tratta di eccezioni. E’ difficile, infatti,
trovare sulla stampa articoli non elogiativi sulle miracolose proprietà
delle bollicine. E chi percorre altre strade, spesso, si trova a fare i
conti con una citazione in tribunale inviata con sollecitudine da
permalosi produttori che avanzano richieste di risarcimenti milionari in
sede civile.
Le
tabelle qui sotto rappresentano l’entità degli investimenti
pubblicitari dei primi dieci gruppi. Un fiume di milioni di euro (o se
preferite circa 700 miliardi di lire) sommerge i mass media e spegne,
molto spesso, qualsiasi approccio critico all’informazione in questo
delicato settore.
Quanto spendono le prime 10 aziende |
Investimenti lordi espressi in euro |
Acque Terme Uliveto Spa, Roma |
74.608.000 |
Nestlé Divisione acque, Milano |
60.184.000 |
Sodi Società distributrice Arl, Roma |
52.275.000 |
San Benedetto Spa, Scorzé |
32.593.000 |
Italquae Spa, Roma |
24.275.000 |
Sangemini Spa |
15.613.000 |
Parmalat Spa |
8.490.000 |
Fonti Vinadio |
7.486.000 |
Traficante Rioneto Valture |
5.990.000 |
Santa Croce Sorgente Canistro |
4.150.000 |
TOTALE | 296.409.000 euro |
(Fonte Nielsen, periodo gennaio- dicembre 2002) |
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Investimenti pubblicitari per canale, in percentuale |
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Televisione |
62 |
Radio |
11 |
Quotidiani |
14 |
Periodici | 10 |
Affissioni | |
(Fonte Nielsen, periodo gennaio- dicembre 2002) |
Estratto dal libro: "Qualcuno vuol darcela a bere" - ORDINA IL LIBRO