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Siete
pazzi a mangiarlo
Marcello Pamio – 21 dicembre 2017
«Che il tuo cibo sia la
tua medicina e la tua medicina il cibo» diceva il grande Ippocrate. In tempi
più recenti il doppio Premio Nobel Linus Pauling ripeteva instancabilmente che «un’alimentazione
ottimale è la medicina del futuro». Siamo sicuri: alimenti come medicine?
Se fosse vivo Ippocrate non potrebbe mai e poi mai fare il medico, perché mai
come oggi la medicina è stata così lontana dagli insegnamenti dietetici del
grande greco.
Attualmente nel pianeta siamo circa 7 miliardi di persone, che probabilmente
saliranno a 10 entro metà di questo secolo. La fame e la malnutrizione
potrebbero tranquillamente essere debellate una volta per tutte se ci fosse la
reale volontà politica ed economica di fare ciò. La distribuzione ottimale delle
risorse alimentari disponibili nel mondo non si può fare perché il Sistema non
lo vuole fare. Semplice.
Quello che vediamo e leggiamo è una presa in giro, pura propaganda.
Fa molto comodo la situazione
per il semplice fatto che l’opulente occidente divora letteralmente almeno
l’80-90 per cento delle risorse planetarie, per cui viene da sé che la restante
popolazione deve morire di fame: è una banale legge economica! Non a caso le
grandi istituzioni sovranazionali dall’Unicef al WFP (World Food Program,
programma alimentare mondiale) sono fumo negli occhi: non aiutano realmente le
popolazioni terzomondiste nel prodursi e coltivarsi il cibo e nell’estrarre
l’acqua dal sottosuolo, perché vanno in quei paesi per vaccinare, e non contro
le malattie infettive ma per rendere sterili le donne in età fertile.
Si chiama controllo demografico. D’altronde se per il nostro benessere
consumiamo le riserve mondiali è ovvio che per mantenere l’equilibrio qualcuno
deve per forza morire di fame! Chi non lo capisce è un ipocrita che non vuole
vedere la triste realtà. Il Terzo Mondo viene appositamente mantenuto in queste
condizioni.
Il paradosso è il raffronto
tra Nord e Sud: un mondo spaccato in due.
Le persone sovrappeso nel mondo hanno superato i 2 miliardi nel 2013, cioè un
terzo della popolazione globale. Nel 2010, dai 3 ai 4 milioni di persone sono
morte a cause di complicanze legate all’obesità. Dall’altra parte oltre 2
miliardi di persone sono malnutrite e 36 milioni di bambini muoiono ogni anno di
fame.
Questo è il cappello introduttivo per preparare il terreno e dare voce ad una
gola profonda del sistema agro alimentare. Sto parlando di Christophe Brusset
che, dopo aver lavorato per vent’anni nell’industria come dirigente di alto
livello per aziende molto importanti, ha deciso di infrangere la legge
dell’omertà e per lavarsi un po’ la coscienza ha scritto il libro: «Siete pazzi
a mangiarlo».
Nero su bianco ha riportato i misfatti e i crimini che avvengono quotidianamente
nelle industrie e nella GDO, Grande Distribuzione Organizzata, cioè le catene
dei supermercati.
Il grosso problema è che alla fine della fiera sono i consumatori a rimetterci
non solo i soldi ma soprattutto la salute…
Scandali quotidiani
Gli esempi sono
infiniti. Nel settembre 2008 scoppia in Cina l’enorme scandalo del latte
contaminato da melammina, uno dei principali costituenti della fórmica. Una
sostanza chimica molto tossica aggiunta volutamente per fortificare il latte,
cioè farne aumentare la parte proteica. La frode è stata così ampia che non solo
la maggior parte del latte circolante in Cina è stato contaminato, ma anche
tutti i prodotti derivati: yogurt, formaggi, cioccolato, biscotti, ecc.
Nell’aprile 2011 circa 300 mila panini vengono “ingialliti” artificialmente
tramite l’aggiunta di un colorante tossico che simula la presenza del mais.
Nel novembre 2011 mega retata per un traffico di maiali trattati con
clembuterolo, un anabolizzante cancerogeno.
A maggio dell’anno successivo scoppia il caso degli orticoltori che trattavano i
cavoli con formolo, un noto cancerogeno, usato per migliorarne la conservazione.
Questi sono solo alcuni dei numerosissimi scandali che riguardano i cinesi, ma
attenzione a non pensare che tutto ciò non interessi l’Europa e l’Italia.
Sono quasi 5 i miliardi di euro in prodotti alimentari cinesi importati in
Europa in un solo anno, il 2013.
Guerra al prezzo
Christophe Brusset
descrive nel dettaglio decine di casi inquietanti in cui il consumatore viene
letteralmente truffato.
Egli infatti ha comprato navi intere cariche di semi di senape indiana, canadese
o australiana per produrre tonnellate di “senape di Digione” in Germania e in
Olanda. Le famose “erbe di Provenza” non vengono coltivate nella nota regione
francese, ma il timo arriva dal Marocco o dall’Albania, il basilico e la
maggiorana dall’Egitto e il rosmarino dalla Tunisia.
A livello industriale e legale quello che conta non sono i singoli ingredienti
ma la ricetta!
Le società agro alimentari comprano nei paesi in cui si coltiva o alleva al
prezzo più basso (con i rischi che non possiamo nemmeno immaginare) perché lo
impone la Grande Distribuzione (GDO).
Le centrali di acquisto della GDO si contano sulle dita di una mano e lavorano
in totale monopolio. Per ridurre i costi di acquisto spremono gli industriali i
quali si rifanno ovviamente sui produttori, coloro che realmente lavorano. I
produttori non potendo alzare il prezzo per sopravvivere e per accedere alla
distribuzione calano le braghe producendo a prezzi bassissimi, spesso senza
guadagno. In tutta questa filiera a rimetterci è ovviamente la qualità finale
dei prodotti e in ultima istanza il consumatore e la sua salute, ma business
is business.
Alimenti tecnologici
Certamente uno dei
reparti più importanti di ogni impresa alimentare è il R&S, Ricerca e Sviluppo.
Reparto supersegreto in cui lavorano ingegneri del gusto, aromatieri e tecnici
in laboratori supertecnologici.
Cosa c’entrano questi con un sano e buono alimento? Assolutamente nulla. Questi
individui lavorano infatti per creare “aromi” e “additivi” vari proprio per
ingannare il “gusto” dei consumatori.
Il punto cruciale è che alla base di tutto lavorano con alimenti scandalosamente
privi di gusto, totalmente morti e quindi invendibili. E’ il maquillage chimico
alimentare.
A livello industriale un prodotto alimentare è sempre una questione di
tecnologia.
Attualmente sono diverse centinaia gli additivi chimici permessi dalla
normativa: per il colore, il sapore, la conservazione, per addensare, per
abbassare le calorie, per evitare che schiumi, perché luccichi, crocchi, ecc. Si
chiama estetica alimentare.
La chimica oramai ha inventato aromi per tutti i tipi, anche i più impensabili.
Esiste l’aroma di “ketchup”, di “maionese”, di “pollo arrosto”, perfino aromi di
“frutta”, “formaggi”, “manzo bollito” o “arrosto”, per arrivare all’aroma di
“pane” e di “burro”. Non c’è più limite alla fantasia perversa degli ingegneri
del gusto: sono in grado di copiare chimicamente qualunque cosa.
Se poi la chimica usata nei processi di lavorazione finisce nel piatto,
chissenefrega, mica sono tenuti a dirlo. Nulla infatti obbliga il produttore a
informare il consumatore che si sta mangiando sostanze chimiche cancerogene
(nitriti negli insaccati, benzopirene nei prodotti affumicati), neurotossiche
(solventi organici come l’esano usato per estrarre oli e aromi) o allergizzanti
come i solfiti. Il caso dei coloranti “azoici” è emblematico. Danno stabilità
chimica, intensità di colore e lunga conservazione. Tutte caratteristiche
lodevoli per le industrie e la GDO. In confronto ad un colorante naturale sono
cinque volte più vivaci e soprattutto molto più economici. Da luglio 2010 i
produttori devono indicare a tale riguardo sulla confezione «può influire
negativamente sull’attività e sull’attenzione dei bambini».
Immagine del prodotto
Una delle regole fondamentali del marketing è che l’idea che ci si fa del
prodotto è più importante del prodotto stesso e della sua qualità. Giustamente
nelle società dell’illusione non si mette al centro la qualità del prodotto ma
la sua estetica!
Vengono a tal proposito scomodati i geni creativi che scelgono il linguaggio
giusto, le illustrazioni, i colori, le dimensioni dei caratteri, ecc. il tutto
per ingannare i consumatori e farli comprare.
Al supermercato quindi non compriamo un alimento ma quello che un pubblicitario
ha creato per noi.
Nespresso non vende caffè ma un’esperienza; la Ferrari non vende auto, ma sogni;
Danone non vende yogurt ma prodotti “sani” per il corpo; Apple non vende
telefoni ma innovazione, ecc.
Generalizzando, negli scaffali dei supermercati non troviamo alimenti, ma
prodotti tecnologici in grado di persuaderci e ingannarci. L’immagine che
veicolano, con un bel colore verde, la scritta “Naturale al 100%”, ecc. creano
l’idea che siano sani quando invece sono chimica allo stato puro.
Made in China
Il Paese della
Grande Muraglia è diventato l’esportatore numero uno al mondo per svariati
prodotti “alimentari”, per esempio aglio, miele e non solo. Il caso del miele è
illuminante.
La Cina esporta ogni anno 300.000 tonnellate di nettare delle api, e purtroppo
frodare su questo derivato è assai semplice. All’inizio hanno cominciato a
tagliare il miele con l’acqua. Siccome il miele è un antibiotico naturale può
contenere fino al 18% di acqua senza alterarsi troppo. Qualche produttore si è
fatto prendere la mano aumentando la percentuale, così alcune partite hanno
iniziato a fermentare durante il lungo trasporto. La soluzione è stata di
aggiungere una bella dose di antibiotici di sintesi che stabilizzano il prodotto
e sono gradevoli al palato dell’ignaro e inconsapevole consumatore.
Ma le sorprese nel paese di Mao non finiscono mai.
Il miele è zucchero naturale, e per la precisione fruttosio (circa il 40%) e
glucosio (30% circa). Gli amici cinesi aggiungono con discrezione “zuccheri
esogeni” come lo sciroppo di glucosio (prodotto da mais e frumento), il quale è
molto economico.
Purtroppo l’eccesso di glucosio fa cristallizzare troppo il miele, per tanto i
cinesi sono corsi al riparo aggiungendo fruttosio liquido derivato da cereali.
Alla fine milioni di persone stanno mangiano qualcosa che non ha nulla a che
vedere col miele, ma una mistura di zuccheri artificiali (sciroppo di glucosio e
fruttosio) colorati col caramello e aromatizzati.
Attenzione, come detto prima, i consumatori di questo pseudo-miele non hanno gli
occhi a mandorla ma sono occidentali, Italia compresa. Vedremo a breve come si
possano eludere i controlli ed entrare nel mercato europeo senza tanti problemi
fiscali e soprattutto sanitari…
Simsalabim:
la dogana non c’è più
La regola
dell’inganno è questa: più frontiere si passano, più ci sono soggetti coinvolti
e documenti diversi in varie lingue più è difficile per le dogane o i servizi
sanitari seguire tutto e capire bene cosa succede.
Diversi paesi a livello di controlli sono molto più lassisti di altri. Di solito
per fare entrare in Europa e sdoganare dei container di prodotti si usano
“porti” come Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Vengono importate in Europa grandissime quantità di prodotti diversi che devono
pagare dazi doganali al loro ingresso.
L’esempio delle nocciole e dello zafferano può far capire il meccanismo usato
sempre più spesso.
La Turchia è il primo produttore mondiale di nocciole, che finiscono nelle creme
spalmabili, nel cioccolato, ecc. Le nocciole turche sono ampiamente
sovvenzionate dallo stato e vengono irrorate senza pudore da grandi quantità di
pesticidi vietati in Europa.
Per evitare di far pagare le tasse doganali e per sfuggire ai controlli sanitari
le nocciole turche vengono spedite per nave in Dubai (dove le nocciole non
pagano dazi) e poi subito spedite in Europa. Sono le stesse nocciole, salvo che
non sono più turche ma sono diventate greche. Il tutto con documenti di
accompagnamento ufficiali e quindi esonerate dai dazi doganali e senza l’obbligo
dei certificati sanitari.
Ecco il meccanismo diabolico che fa entrare nel mercato italiano milioni di
prodotti pregni di pesticidi cancerogeni e magari venduti come «prodotto
italiano»…
L’Iran è il produttore numero uno di zafferano. La Spagna compra lo zafferano
dall’ex Persia e lo esporta negli USA. Così gli americani bypassano l’embargo
comprando zafferano iraniano sotto bandiera spagnola.
Pesticidi come se piovesse
Il tè venduto nel
mondo è quasi tutto pregno di pesticidi. Solo dalla Cina escono migliaia di
tonnellate di foglie tossiche che circolano ovunque.
Se venissero fatte sistematicamente le ricerche e le analisi complete di
pesticidi su verdura, frutta, ecc. che arrivano dai maggiori paesi produttori i
risultati sarebbero inquietanti. Almeno il cento per cento dei prodotti contiene
insetticidi, fungicidi, erbicidi, ecc., e non solo un tipo, ma almeno tre o
quattro tipi diversi. Ma sappiamo che questi controlli non vengono fatti …
I lavoratori sfruttati nei paesi in cui la chimica fa da padrone sono i nuovi
schiavi.
Un lavoratore non qualificato nei paesi del Maghreb (Tunisia, Algeria, Marocco)
prende 4 euro all’ora, nei paesi dell’Europa centrale e orientale circa 8 euro
all’ora, in Cina e Vietnam 2 euro. Mentre in Francia sono 20 euro al giorno.
Ecco spiegato il motivo per cui le industrie delocalizzano in questi paesi:
sfruttano la manodopera a prezzi stracciati, l’iniquità fiscale ma soprattutto
l’assenza di controlli e di leggi sanitarie.
Marmellata di fragole
senza fragole
Venghino
signori, venghino….
Siamo abituati a
pensare che il vasetto di marmellata di fragola che troviamo sullo scaffale sia
composto appunto da marmellata. Ma è proprio così?
La nonna faceva bollire fragole con zucchero per poi versare il tutto dentro dei
vasetti di vetro precedentemente bolliti.
L’industria ha evoluto questo processo a tal punto che non servono più le
fragole…
Ecco la ricetta: sciroppo di fruttosio e glucosio (zuccheri normalmente presenti
nelle fragole e quindi indispensabili per ingannare le analisi), acqua, succo
concentrato di frutti di bosco per dare il colore, acheni di fragola (i semini
delle fragole) come marcatore visivo per conferire autenticità, pectina e
ovviamente aroma di fragola. Ecco a voi una marmellata di fragola senza fragole
che al palato, spalmata magari su una fetta di pane caldo, ricorda perfettamente
il dolcissimo e rosso frutto primaverile.
La differenza è sostanziale, perché mentre la marmellata della nonna era buona e
faceva bene, la marmellata dell’industria mi predisporrà al diabete e alle altre
malattie dismetaboliche. Il motivo è semplicissimo e ben risaputo: il fruttosio
usato industrialmente (che non ha nulla da spartire col fruttosio naturalmente
contenuto nella frutta e nel vero miele) favorisce la produzione di un ormone
che stimola l’appetito. Quindi più ingurgitiamo fruttosio e più mangeremo. Non
solo, ma come ha dettagliatamente spiegato uno studio pubblicato dalla Mayo
Foundation for Medical Education and Research: «il fruttosio è il
principale motore del diabete».
Mea culpa
In conclusione va
sottolineata una cosa importante. Alle industrie e alle catene di distribuzione
interessano solo una cosa: i soldi! Non importa la qualità dei prodotti, la
salute e il benessere dei consumatori, ma solo i soldi.
Questa realtà oggettiva ci mette davanti allo specchio. La responsabilità
dell’attuale situazione è nostra, perché siamo noi che continuiamo a pagare,
finanziare e sostenere l’industrializzazione mortifera della vita, che sta
portando alla rovina non solo la salute pubblica ma anche quella animale e
dell’intero pianeta. Se compriamo cibi morti, raffinati, pastorizzati, pregni di
chimica, ecc. le industrie ce li faranno trovare gentilmente sugli scaffali. E’
una legge commerciale spietata ma precisa.
Il punto è che se cambiamo noi, cambiano per forza anche loro. Se prediligiamo
prodotti biologici e biodinamici diamo un segnale politico, economico ed
industriale forte e preciso.
Idem se compriamo cibo locale evitando il più possibile “roba” che arriva da un
altro continente di cui non conosciamo nulla e non sapremo mai nulla.
Purtroppo anche nel mondo del biologico il meccanismo distributivo è molto
similare.
Il monopolio della distribuzione è al lavoro anche in questo mondo, con gli
stessi risvolti negativi della GDO: sempre più alimenti infatti (semi, legumi,
cereali, ecc.) vengono acquistati dai paesi che abbiamo appena visto, il tutto
per abbattere il prezzo (di acquisto e non certo quello per il consumatore).
Così facendo però stiamo portando al patibolo e a morte certa moltissime
attività agricole locali e nazionali. Perché si deve comprare il riso bio dalla
Cina quando si può coltivare qua? Quali sono le garanzie per i consumatori che
il riso o i fagioli bio (cinesi, vietnamiti, ecc.) sono coltivati in modo
ottimale? Un’azienda locale è possibile visitarla per vedere l’ambiente interno
e come lavora, una cinese nello Xinjang (tra Mongolia e Kazakistan, sede della
produzione mondiale del pomodoro e del concentrato) diventa impossibile.
Per fortuna i GAS, Gruppi di Acquisto Solidali sono in crescita esponenziale e
rappresentano una alternativa validissima e sicura a tutto quello che abbiamo
visto.
A noi la scelta: continuare a mangiare schifezze inenarrabili - però molto
economiche - che predisporranno il terreno organico verso qualsiasi malattia
moderna, oppure decidere di cambiare rotta dando i nostri soldi a coloro che
lavorano bene e che rispettano sia l’uomo che la Terra.
Ricordando sempre che la Vita è ciclica: quello che apparentemente pensiamo di
risparmiare pagando poco gli alimenti prima o poi lo pagheremo sotto forma di
malattie, esami, tempo per visite dal medico o in ospedale, ecc.
Tratto dal libro "Siete pazzi a mangiarlo", ed. Piemme