PFAS: inquinanti
ambientali persistenti e distruttori endocrini
Marcello Pamio –
www.disinformazione.it - 8 gennaio 2016
I composti
perfluoroalchilici (PFAS) sono molecole artificiali che non esistono in natura e
sono un sottogruppo dei composti fluorurati.
Appartengono a una più vasta categoria che comprende un numero enorme di
molecole accomunate dalla proprietà di contenere almeno un atomo di fluoro ma
dotate di numerose proprietà chimico-fisiche, spesso diverse fra di loro.
Nei PFAS tutti gli atomi d’idrogeno legati agli atomi di carbonio sono stati
sostituiti da atomi di fluoro. I membri più noti della famiglia dei PFAS sono il
PFOS e il PFOA.
Le principali caratteristiche chimico-fisiche di queste sostanze fluorurate sono
la oleo e idrorepellenza, cioè non assorbono acqua, olio o grassi, e sono queste
proprietà che li rendono ideali per impermeabilizzare qualsiasi materiale, dai
tessuti ai contenitori per alimenti.
I PFAS possiedono dei
legami Carbonio-Fluoro molto forti e stabili tali
da renderli particolarmente resistenti all’idrolisi, alla fotolisi e alla
degradazione microbica.
Questa
resistenza spiega alcune delle principali proprietà dei PFAS, tra le quali la
tendenza ad
accumularsi, a persistere nell’ambiente e la loro capacità di bioaccumularsi.
Per questo motivo che non è prevedibile una riduzione dell’entità
dell’esposizione umana ai PFAS nel prossimo futuro.
Ho chiesto lumi al dottor Vincenzo Cordiano, medico responsabile della sezione
di Oncoematologia dell’Ospedale di Valdagno (VI). Uno dei primi medici a
segnalare il gravissimo problema di queste sostanze, e oggi gestisce il portale
www.nopops.it dedicato a tale argomento.
Dove si trovano i PFAS
nei prodotti di largo consumo?
I PFAS -
assieme ai surfactanti, agli emulsionanti e ai polimeri per la cui sintesi
chimica sono essenziali - sono stati ampiamente utilizzati dagli anni ’50 in
numerosi prodotti e applicazioni industriali e commerciali: prodotti per la
pulizia di tappeti, pavimenti e detersivi in genere; trattamenti
impermeabilizzanti e/o coloranti di pelli e tessuti; come componenti inerti nei
pesticidi e insetticidi.
Ulteriori impieghi sono la produzione di contenitori di alimenti (ad esempio nei
fast food), pellicole fotografiche, shampoo, dentifrici, schiume antincendio,
scioline, ritardanti di fiamma in vernici e solventi, cromatura dei metalli e
come antidetonante nei carburanti.
I PFAS sono
quindi utilizzati per la produzione di un numero imprecisato di prodotti di
largo consumo, in virtù della stabilità chimica e termica, stabilità che,
associata alla sua duplice natura idrofobica e lipofolica, li rende molto utili
per la produzione di manufatti e merci particolarmente resistenti.
In particolare il PFOA è utilizzato come
composto intermedio per la produzione di politetrafluoroetilene (PTFE) o
Teflon®, molto noto per le sue proprietà antiaderenti e per la sua inerzia
chimica.
Un’altra
famosa applicazione è rappresentata dal Gore-Tex®, materiale resistente,
impermeabile, caratterizzato da elevata traspirabilità e biocompatibilità,
impiegato nella realizzazione di abbigliamento tecnico-sportivo e di articoli
medicali e sanitari, come protesi vascolari, valvole cardiache, fili di sutura e
in chirurgia estetica.
Il Gore-Tex® ha trovato ulteriori applicazioni nell’industria
aerospaziale (rivestimento delle tute degli astronauti), nella filtrazione
industriale (impianti di depurazione) come materiale isolante nella
componentistica elettronica, nelle otturazioni dentali e nel filo interdentale.
I PFAS possono
contaminare le falde acquifere o le acque superficiali utilizzate per
l'alimentazione umana provenendo da fonti diverse. Oltre che dai siti di
produzione (nel Nord Est è la sola Miteni di Trissino a produrli) e di utilizzo
(principalmente industrie tessili e conciarie), altre fonti di inquinamento
ambientale sono: gli impianti di trattamento dei rifiuti (domestici, urbani,
industriali) o quelli smaltimento delle acque di scolo stradali e piovane; le
schiume antincendio che rimangono nell’ambiente dopo l’uso; l'applicazione sul
suolo agricolo di ammendanti ricavati dal trattamento di reflui fognari urbani,
dal biodigestato delle centrali a biomasse o da rifiuti industriali
contaminati.
Dove si trovano i PFAS
nel sangue e nei tessuti animali e umani?
I PFAS sono
ormai onnipresenti nell’ambiente, nella flora e nella fauna selvatica e anche
negli esseri umani. Sono stati trovati in tutte le specie animali studiate,
anche negli orsi polari e nel sangue degli eschimesi.
I risultati pubblicati dimostrano l’assorbimento dei PFAS mediante una o più vie
(orale, respiratoria e dermica) sia nell’uomo che negli animali.
L’assorbimento richiede il trasporto attraverso l’intestino, i polmoni e la
cute. Negli esseri umani i PFAS si distribuiscono principalmente nel fegato e
nel sangue, ma sono stati anche identificati nel sangue del cordone ombelicale e
nel latte materno.
Pertanto i neonati nascono già con la loro dotazione di PFAS (e molte altre
sostanze chimiche cancerogene e tossiche), alle quali sono stati esposti fin dal
concepimento e prima di nascere.
Come siamo messi in
Veneto?
L’Istituto
Superiore di Sanità, con la nota 7 giugno 2013 n. 0022264 ("Ritrovamento di
sostanze perfluorate nelle acque superficiali e potrabili della provincia di
Vicenza. Nota del 7 giugno 2013 dell'ISS,” n.d.), pur affermando che allo stato
non si configura un rischio immediato per la popolazione esposta, in virtù del
principio di precauzione, ravvisò l’opportunità e l’urgenza di adottare misure
di mitigazione dei rischi per la salute umana, tra le quali:
a) nel breve periodo, l’adozione di approvvigionamenti alternativi o l’abbattimento delle concentrazioni degli analiti presenti;
b) nel medio-lungo periodo, la rimozione delle fonti di pressione e dell’origine della contaminazione.
Il 18 luglio 2013, la
Regione Veneto, protocollo 308045
(“Istituzione
Commissione per valutazione PFAS nelle acque potabili e nelle acque superficiali
della provincia di Vicenza e comuni limitrofi. DGR Veneto n.1490 12/8/2013,”
n.d.) comunicò di
aver avviato una serie di azioni concordate con altre istituzioni “..al fine di
garantire la riduzione nell’immediato del potenziale rischio per la
popolazione”, fra le quali l’applicazione di filtri a carbone attivo, la
chiusura dei pozzi maggiormente contaminati in numerosi comuni della provincia
di Vicenza, il ricorso a fonti di approvvigionamento idrico alternativo.
Le soluzioni finora attuate hanno consentito di ridurre, in qualche comune anche
significativamente, le concentrazioni di PFAS nelle acque fornite dagli
acquedotti, ma si sono dimostrate sostanzialmente inefficaci. Le rilevazioni
ARPAV dimostrano come, soprattutto nel caso dei PFAS a corta catena, le
concentrazioni stanno progressivamente aumentando sia perché queste piccole
molecole sono scarsamente trattenute dai filtri, sia perché la loro produzione e
immissione nell’ambiente è in continuo aumento. Infatti l’industria non ha
trovato finora alternative altrettanto valide ed economiche ai PFAS a lunga
catena che non siano PFAS di minori dimensioni che, tuttavia, sono dotati delle
stesse proprietà di persistenza nell’ambiente, della stessa capacità di
bioaccumulo nei tessuti animali e umani e nella flora e fauna selvatica nonché,
molto probabilmente della sessa tossicità.
Le autorità regionali non
hanno comunque adottato le stesse misure precauzionali attuate per esempio in
Germania in un caso di contaminazione delle falde acquifere e della catena
alimentare, per esempio il divieto di somministrare acqua potabile contenente
più di 500 nanogrammi per litro alle donne in età fertile e ai bambini sotto i
tre anni. Il nanogrammo corrisponde al milionesimo di grammo, ad attestare
l’estrema pericolosità di queste sostanze che sono tossiche anche in
concentrazioni infinitesimali.
Recentemente è stata documentata la presenza dei PFAS in pesci pescati a Creazzo
(VI) e in altri campioni di alimenti (carni animali) ortaggi prodotti nelle zone
venete contaminate, a dimostrazione dell’avvenuta contaminazione della catena
alimentare veneta. Il 15% circa dei campioni esaminati è risultato positivo per
i PFAS. Nei pesci e nelle uova di gallina esaminate sono state riscontrate
quantità elevatissime, di gran lunga superiori alla media europea.
I dati ARPAV evidenziano
come i PFAS siano presenti nelle falde acquifere di gran parte del territorio
Veneto, in tutte le tranne quella di Belluno. Vedi la mappa che ho preparato
https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=zhoc9nMR20HE.krBRIw4nOq-c
Cosa provocano alla
salute di uomini e bambini?
Queste sostanze
sono classificate come cancerogene di classe 2b e hanno attività di interferenti
endocrini. Cancerogeni di classe 2b significa che sono sicuramente cancerogeni
per gli animali e possibilmente per gli uomini. Possibilmente perché i dati
disponibili non sono sufficienti per i pochi studi condotti. Servono
urgengemente studi.
La regione veneto potrebbe condurre uno studio con scarso utilizzo di risorse
umane ed economiche, semplicemente pubblicando i dati relativi alla mortalità
per le malattie tumorali e per quelle non tumorali che si sospetta siano causate
dai PFAS e i dati sull’incidenza di tumori posseduti dal registro tumori del
veneto. Ma non cìè la volontà politica di pubblicare questi dati evidentemente.
Uno studio del genere è stato compiuto dalla sezione ISDE di Vicenza in collaborazione con esperti dell’istituto tumori di Milano e dell’ENEA. Semplicemente incrociando i dati relativi alla dichiarazione di morte secondo le schede ISTAT (che ogni medico deve compilare al momento del decesso di ogni suo assistito) con quelli dell’ARAPV relativi alle concentrazioni dei PFAS nelle acque potabili di 21 comuni del Veneto. Lo studio ha evidenziato un eccesso di mortalità negli anni 1980-2010 per diabete, infarto, linfomi ed altre malattie nei comuni con livelli di PFAS superiori a 500 ng/L (Montagnana, Bagnolo di Po, Bonavigo, Bevilacqua, Albaredo D'Adige, Cologna Veneta, Minerbe, Agugliaro, Sarego, Lonigo, Pojana Maggiore, Cartigliano, Casale sul Sile) rispetto a quelli con PFAS uguali a zero. Casualmente, ma non troppo, quasi tutti questi comuni sono compresi nella lista, recentemente pubblicata con delibera 1517 del 29 ottobre dalla regione veneto, dei comuni nelle cui acque potabili le concentrazioni di PFAS permangono oltre i limiti permessi nonostante i provvedimenti adottati.
Per quanto riguarda le conseguenze sulla salute gli effetti tossici più frequentemente osservati sono: la restrizione della crescita fetale (o basso peso alla nascita) che è stata concordemente dimostrata sia negli animali che nell’uomo; alcuni tumori (cancro del rene, della prostata, della mammella, della vescica, linfomi e leucemie); diabete; aumento del colesterolo e sue conseguenze (ictus cerebrale, infarto cardiaco), ipertensione arteriosa, aumento dell’acido urico, colite ulcerosa, malattie della tiroide; riduzione degli spermatozoi nel maschio, infertilità maschile e femminile Per altre malattie come demenza di Alzheimer, morbo di Parkinson i dati sono molto scarsi, ma nello studio di ISDE Vicenza di cui sopra è stato osservato un aumento anche di tali malattie. Un dato molto interessante (e preoccupante se fosse confermato) è il notevole aumento dell’incidenza del cancro della mammella nei maschi, a conferma dell’attività di interferenza endocrina dei pFAS. Il cancro mammario maschile è molto raro ma i tre casi osservati nei comuni ad alta contaminazione di pfas contro nessuno dei comuni non contaminati induce a riflettere sulle possibili disastrose conseguenze derivanti dall’esposizione continua ai PFAS.
Anche per questo invito
tutti a partecipare all’indagine epidemiologica on line e a rispondere alle
domande del sondaggio
http://www.nopops.it/indagine-epidemiologica-on-line-sulle-malattia-da-inquinanti-ambientali-persistenti/
Per farsi un’idea delle
domande che vengono poste si può visionare il video
https://youtu.be/aomAD8eUHvM
Sarebbe molto
gradito anche un contributo finanziario vedi
http://buonacausa.org/cause/indagine-epidemiologica-sulle-malattie-da-inquinantin