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- Opec, vittima degli effetti collaterali della guerra
«Il margine di manovra
dell'Opec è drammaticamente ridotto.
Washington controlla le decisioni in materia petrolifera di Kuwait e Arabia
Saudita.
Ora prenderà direttamente quelle dell'Iraq...»
Victor Poleo, economista, massimo esperto di Caracas dell'Opec
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Che
succederebbe se l’OPEC passasse all’Euro?
di Paul
Harris, da Soberania.info - Traduzione di Tito Pulcinelli
tratto da www.informationguerrilla.org
L'idea
ossessiva di Bush su Bagdad si basa su molte ragioni. In altri articoli che ho
scritto per YellowTimes.org, feci allusione non tanto alle ovvietà delle
ragioni addotte contro l'Iraq, bensì alla guerra di Bush contro l'Europa. Io
credo che questa sia la ragione principale della fissazione con l'Iarq.
Quando un paese va in guerra, si preparano piani su chi sarà vittorioso e su
chi perderà; nessuno scatena una guerra sperando di essere sconfitto, però non
sempre l'obiettivo manifesto dell'aggressione é l'obiettivo vero della guerra.
A volte non si tratta di quel che speri di ottenere con la guerra, bensì di
quello che gli altri perderanno; e non deve per forza essere un tuo nemico
dichiarato quello che ti aspetti che soffrirà le conseguenze maggiori della
guerra.
In questo caso, Bush spera che la vittima sia l'economia europea, che é robusta
e probabilmente sarà ancor più forte in un futuro vicino. L'ingresso della
Gran Bretagna nell'Unione Europea é inevitabile; la Scandinavia lo fará in
tempi ravvicinati. A maggio del 2004, entreranno dieci nuovi paesi e questo fará
aumentare il PIL dell'UE a circa 9,6 trilioni di dollari e 280 milioni di
persone, di fronte ai 10,5 trilioni di dollari e 280 milioni di persone degli
USA. Questo, per i nord-americani, é un formidabile blocco concorrente; ma la
situazione é molto più complessa di quel che indicano queste cifre. E molto
dipende dalla piega che prenderanno gli avvenimenti in Iraq.
Come tanti altri, ho scritto che questa guerra che é alle porte si combatterà
per il petrolio. Sicuramente vi sono altre ragioni, però il petrolio é la
causa scatenante. Ma non per le ragioni che comunemente si adducono.
Non é per le enormi riserve ancora vergini che si ritiene esistano in Iraq, che
non sarebbero state sfruttate a causa delle sue antiquate tecnologie; non é per
le brame del governo USA di mettere le zanne su questo petrolio. E' piuttosto
per le zanne che i nord-americani vogliono mantenere lontano da lì.
La causa di tutto questo non é l'11 di settembre, né l'improvvisa
illuminazione che Saddam continuava ad essere un tipo ripugnante, né il cambio
di governo negli Stati Uniti. Quel che ha accelerato le cose é stata la
decisione presa dall'Iraq il 6 di novembre del 2000: sostituire il dollaro con
l'euro nel suo commercio petrolifero. Allora, questo cambio sembrò uno stupido
capriccio, perché l'Iraq stava perdendo una gran quantità di utili a causa di
una dichiarazione politica di principio.
Però prese questa decisione, e il deprezzamento continuo del dollaro nei
confronti dell'euro, sta a significare che l'Iraq fece un buon affare cambiando
riserve monetarie e divise per il commercio del proprio petrolio. Da quel
momento, l'euro si é rivalutato del 17% sul dollaro, cosa che si deve applicare
pure ai 10 bilioni di dollari del fondo di riserva dell'ONU "petrolio per
cibo".
Sorge una domanda che, probabilmente, si é posto anche Bush: che succederebbe
se l'OPEC passasse all'euro?
Alla fine della seconda guerra mondiale, nella conferenza di Bretton Woods venne
firmato un accordo che fissava il valore dell'oro a 35 dollari l'oncia e con
questo divenne lo standard internazionale con il quale si misuravano le monete.
Però nel 1971, Nixon cancellò tutto questo, e il dollaro divenne lo strumento
monetario principale, e solo gli USA possono produrlo. Il dollaro oggi é una
moneta priva di copertura, sopravalutato, nonostante il record del deficit di
bilancio e lo status di paese più indebitato del mondo. Il 4 di aprile del
2002, il debito era di 6021 trilioni di dollari a fronte di un PIL di 9 trilioni
di dollari.
Il commercio internazionale é diventato un meccanismo grazie al quale gli USA
producono dollari e il resto del mondo produce quel che i dollari possono
comprare. Le nazioni non commerciano più per ottenere "vantaggi
comparativi", ma solo per ramazzare dollari da destinare al pagamento del
debito estero, che é fissato in dollari. E per accumulare dollari nelle riserve
monetarie con la finalità di preservare il valore delle monete nazionali. Le
banche centrali delle nazioni, per prevenire attacchi speculativi alle proprie
monete, sono costrette a comprare o trattenere dollari, in una misura
equivalente all'ammontare del proprio circolante.
Tutto ciò crea il meccanismo del dollaro forte che, a sua volta, obbliga le
banche centrali ad immagazzinare dollari, cosa che rende ancor più forte il
dollaro. Questo fenomeno é conosciuto come "egemonia del dollaro" e
fa sì che le merci strategiche -soprattutto il petrolio- siano quotate in
dollari. Tutti accettano i dollari perché con essi si può comprare il
petrolio.
Dal 1945, la forza del dollaro consiste nell'essere la divisa internazionale per
gli interscambi petroliferi globali (petro-dollari). Gli USA stampano centinaia
di migliaia di miliardi di dollari senza nessun tipo di copertura:
"petro-dollari" che sono usati dalle nazioni per pagare la fattura
degli energetici agli esportatori dell'OPEC. Ad eccezione dell'Iraq e,
parzialmente, del Venezuela.
Questi petro-dollari sono poi riciclati nuovamente dall'OPEC negli USA, sotto
forma di lettere del tesoro o altri titoli con denominazione in dollari: azioni,
beni immobiliari ecc. Il riciclaggio dei petro-dollari rappresenta il beneficio
che, dal 1973, gli USA ricevono dai paesi produttori di petrolio per
"tollerare" l'esistenza dell'OPEC.
Le riserve di dollari debbono essere investite nel mercato nord-americano, cosa
che, a sua volta, produce utili per l'economia USA. L'anno scorso, nonostante un
mercato in netto ribasso, l'ammontare delle riserve USA é cresciuto del 25%.
L'eccedente nei conti dei capitali finanzia il deficit commerciale.
Dato che gli USA creano "petro-dollari", loro controllano il flusso
del petrolio. Siccome il petrolio si paga in dollari e questa é l'unica moneta
accettata in questi scambi, si arriva alla conclusione che gli USA possiedono il
petrolio del mondo gratis.
Di nuovo: che succederebbe se l'OPEC decidesse di seguire l'esempio dell'Iraq e
cominciasse a vendere il petrolio in euro? Una esplosione economica. Le nazioni
importatrici di petrolio dovrebbe mettere in uscita i dollari dalle rispettive
riserve delle banche centrali, e rimpiazzarli con gli euro. Il valore del
dollaro precipiterebbe, e le conseguenze sarebbero quelle di un qualsiasi
collasso di una moneta: inflazione alle stelle (vedi Argentina), i fondi
stranieri in fuga dal mercato dei valori nord-americano e ritiro dei fondi dalle
banche come nel 1930 ecc.
Tutto questo non avverrebbe solo negli USA. Il Giappone ne uscirebbe severamente
castigato, data la sua totale dipendenza dal petrolio straniero e l'incredibile
sudditanza al dollaro. Se crollasse l'economia giapponese, crollerebbero quelle
di molti paesi -non escluso gli USA- in un effetto domino.
Questi sarebbero gli effetti potenziali di un "improvviso" passaggio
all'euro. Un cambio più graduale sarebbe più gestibile, ma altererebbe
ugualmente l'equilibrio finanziario e politico del mondo. Vista la vastità del
mercato europeo, la sua popolazione e la sua necessità di petrolio (ne importa
più degli USA), l'euro potrebbe rapidamente diventare -di fatto- la moneta
standard per il mondo.
Esistono buone ragioni perché l'OPEC -come gruppo-segua l'esempio dell'Iraq e
adotti l'euro. Non vi é dubbio (dopo tanti anni di umiliazioni subite dagli
USA) che potrebbero approfittare delle circostanze per emettere una
dichiarazione politica di principi. Ma esistono anche solide ragioni economiche.
Il poderoso dollaro ha regnato incontrastato dal 1945 e negli ultimi anni ha
guadagnato ancor più terreno con il dominio economico USA. Alla fine degli anni
‘90, più dei quattro quinti delle transazioni monetarie e la metà delle
esportazioni mondiali, sono avvenute in dollari. L'obiettivo della guerra di
Bush contro l'Iraq, naturalmente, é assicurarsi il controllo di quei giacimenti
e porli sotto il segno del dollaro; successivamente passerà ad incrementare
esponenzialmente la produzione e forzare i prezzi al ribasso. Alla fin fine,
l'obiettivo di Bush é scongiurare con minacce di ricorrere alle vie di fatto,
che qualsiasi paese produttore passi all'euro.
A lungo termine, il vero obiettivo non é Saddam, é l'euro e l'Europa. Gli USA
non se ne staranno con le mani in mano ad assistere allo spettacolo di questi
"ultimi arrivati" degli europei che tengono in pugno le redini del
loro destino. E men che mai, che assumano il controllo della finanza
internazionale. Naturalmente, tutto dipende dal folle piano di Bush e,
soprattutto, che non scateni la terza guerra mondiale.