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Il lato oscuro
della GEA
di Marco Liguori - Salvatore Napolitano da "Il Manifesto"
E' l'accolita dei "figli di papà", controlla 150 assistiti tra giocatori e allenatori di serie A e B e può contare su un socio occulto che ha suscitato l'interesse di deputati e senatori. Un'inchiesta sull'ingarbugliato conflitto d'interessi della più nota società di procuratori del calcio italiano
C'è
anche un socio occulto ad aggravare l'impenetrabile mistero della Gea
World, la più nota e vorace società di procuratori del calcio italiano,
comunemente definita come l'accolita dei «figli di papà». Il socio che si
ammanta di mistero e che no ha alcuna intenzione di uscire allo scoperto, si
protegge dietro una fiduciaria della Banca di Roma: la Romafides. E' un socio
importante, che fa parte della Gea dall'origine, datata ottobre 2001. E'
una circostanza ben strana per chi vive di cura dell'immagine e di consulenza
nell'ipertelevisivo mondo del pallone. E quale può essere questo inconfessabile
segreto da tenere celato, quando ciascuno degli altri soci della Gea si
mostra senza problemi, nonostante gli intrecci evidenti con i genitori famosi e
impegnati ai vertici del calcio? Si parla di Alessandro Moggi, figlio di
Luciano, direttore generale della Juventus. Di Andrea Cragnotti, figlio di
Sergio, ex presidente della Lazio. Di Chiara Geronzi, primogenita di Cesare,
numero uno di Capitalia, il gruppo bancario che tiene forzosamente in piedi la
Lazio e che ha importanti rapporti anche con Perugia, Parma e Roma. Di Francesca
Tanzi, figlia di Calisto, numero uno di Parmalat e Parma, nonché membro del
consiglio di amministrazione della stessa Capitalia. E di Riccardo Calleri,
figlio di Gian Marco, ex presidente di Lazio e Torino. E allora perché un socio
protetto? La domanda ha travalicato ormai i salotti ovattati del calcio e
interessa la politica. E' dal 13 novembre 2002 che attende risposta
l'interpellanza presentata dai due senatori leghisti Piergiorgio Stiffoni e
Francesco Tirelli ai ministri dei Beni e attività culturali, Giuliano Urbani, e
dell'Economia e finanze, Giulio Tremonti. Nell'incartamento, che giace sommerso
dalla polvere negli archivi del Senato, si chiede se i ministri «non ritengano
che una società come la Gea World abbia, volendo, la possibilità di
interferire sulle partite del calcio professionistico». Nell'interrogazione si
ricorda il lungo elenco dei figli famosi che controllano la Gea, e si
aggiunge che vi lavorano anche Giuseppe De Mita, figlio dell'ex segretario Dc,
Ciriaco, ed ex addetto stampa della Lazio, e Davide Lippi, figlio di Marcello,
allenatore della Juventus. Ma si avanza altresì il dubbio che la Gea
abbia «probabilmente avuto quale fondatore anche il figlio del presidente della
Federcalcio», Franco Carraro: è proprio il mistero di Romafides. Se ci sia
davvero suo figlio Luigi dietro la fiduciaria non è dato saperlo. Scorrendone
la composizione, rilevabile dai documenti depositati presso la Camera di
Commercio, salta evidente all'occhio il socio occulto. Gli azionisti della Gea
sono tre: le due società Football Management e General Athletic, ciascuna al
45%, e Riccardo Calleri al 10%. A sua volta, la Football Management è
controllata al 60% da Alessandro Moggi. Della General Athletic, Andrea Cragnotti,
Francesca Tanzi e Chiara Geronzi detengono ciascuno il 20%.
Il restante 40% è in mano a Romafides. Insomma, il segreto resta ben tenuto
nelle stanze dell'istituto capitolino. Ma l'acuirsi delle preoccupazioni per i
tanti intrecci calcistici, finanziari e familiari della Gea non ha scosso
i piani alti della Federcalcio. Il problema del conflitto di interessi dei suoi
uomini è stato rapidamente risolto con un semplice stratagemma: basta che
l'atleta firmi un modulo nel quale sostiene di esserne a conoscenza. Non sarebbe
un problema di poco conto: infatti, nonostante la lista completa dei calciatori
e degli allenatori dei quali la Gea detiene la procura sia tenuta
gelosamente nascosta, in barba alla trasparenza, si parla di circa 150 assistiti
tra calciatori e allenatori di serie A e B. Ma i tentacoli si stanno rapidamente
allungando anche nei campionati minori e nei settori giovanili. Circa
l'estemporanea soluzione, è utile ricordare che Franco Carraro, oltre a essere
il presidente federale, è anche il numero uno di MCC, banca d'affari posseduta
dal gruppo Capitalia. C'è un particolare aggiuntivo che ha probabilmente
consigliato a Urbani e Tremonti di glissare sulla questione. Dallo scorso
dicembre, Capitalia ha ceduto il 20,1% di MCC a diversi grandi gruppi: il 3% è
detenuto adesso dalla Fininvest. Un garbuglio simile è difficile a vedersi:
nella stessa barca navigano Berlusconi, Carraro, Geronzi, Moggi, Tanzi e i loro
uomini. Anche un gruppo di 39 deputati del centro-sinistra ha presentato, il 2
luglio scorso, un'interpellanza al ministro Urbani sui vari conflitti di
interesse del mondo del calcio: da Carraro a Galliani, includendo la Gea.
Doveva essere discussa ieri alla Camera, ma è stata rinviata alla prossima
settimana. In caso di risposte insoddisfacenti dell'esecutivo c'è già
l'intenzione di ricorrere alle Autorità garanti della concorrenza.
«Papà, me lo
dai l'appartamento?». E' una frase ricorrente in molte famiglie
benestanti. Se il rampollo ha bisogno, un piccolo aiuto non gli si può
negare. Nel nostro caso, la famiglia in questione è composta da un
padre e da una figlia, i cui nomi sono molto noti e influenti: l'uno
è Cesare Geronzi, presidente del gruppo Capitalia, a cui fa capo
anche la Banca di Roma. L'altra è la primogenita Chiara, giornalista
del Tg5. L'appartamento si trova in una zona centralissima della
Capitale: è infatti al secondo piano del numero 35 di vicolo
Barberini. E' davvero molto spazioso: circa 180 metri quadrati,
suddivisi tra salone pranzo, due camere, cucina e doppi servizi.
L'episodio risale alla metà di gennaio del 2001. La Gea World sarebbe
nata soltanto qualche mese dopo, ad ottobre, ma erano già operative
le due società che le avrebbero dato vita: la Football Management di
Alessandro Moggi, figlio di Luciano, direttore generale della Juventus,
nata nel 1994, e la General Athletic, fondata nell'ottobre 2000,
controllata al 20% ciascuno da Andrea Cragnotti (figlio di Sergio),
Francesca Tanzi (figlia di Calisto) e Chiara Geronzi, e al 40% dalla
fiduciaria del gruppo Capitalia, Romafides, schermo per il socio
occulto che è da tempo oggetto di curiosità anche in Parlamento. La
General Athletic era alla ricerca di una sede sociale per cominciare
la propria attività: l'appartamento di vicolo Barberini sembrava
perfetto. Anche perché il suo proprietario era la Banca di Roma. Ma
non sarebbe stato elegante un passaggio diretto tra padre e figlia: a
quel tempo, infatti, Chiara Geronzi era presidente del consiglio di
amministrazione della General Athletic. Meglio cancellare qualche
traccia: la soluzione fu rapidamente trovata. A dare in affitto
l'abitazione fu la Cornice Immobiliare, mandataria dell'istituto
presieduto da Cesare Geronzi. A firmare il contratto come conduttore
fu Tommaso Cellini, all'epoca fresco ex-direttore marketing della
Lazio, che aveva ricevuto un mandato speciale dalla stessa Chiara
Geronzi per concludere l'affare. Ma il colpo di genio fu nel concedere
i locali per uso abitativo: un modo per fissare un canone più
vantaggioso per l'affittuario. Non solo, ma nell'articolo 3 del
contratto di affitto è stato reso esplicito il «divieto al
conduttore di qualsiasi diversa destinazione anche parziale o
temporanea dell'unità immobiliare locata».
Dunque, un bell'affare per la General Athletic, molto di meno per la
Banca di Roma, che ha affittato un immobile di prestigio ad un canone
annuo di poco più di 43 milioni e mezzo di vecchie lire: appena
20.355 mensili al metro quadro. Non c'è che dire: davanti ai bisogni
della figlia, gli interessi degli azionisti passano in second'ordine.
Anche in questa operazione c'è la conferma del nodo inestricabile che
lega insieme Banca di Roma, Parmalat, Lazio e Juventus.
Quell'appartamento, ben lungi dall'aver ospitato la famiglia Cellini,
è diventato la sede della General Athletic. E adesso lo è della Gea.
A proposito della quale c'è da osservare che sono in corso manovre
farraginose per far scomparire il convitato di pietra, ossia Romafides,
la fiduciaria dietro la quale si cela dall'origine il socio
misterioso. Il presidente della Gea Alessandro Moggi ha detto con
sicurezza che «non esiste nessuna fiduciaria». Ma la pratica con la
quale la società avrebbe annunciato il cambio dell'assetto
proprietario è stata formalmente sospesa. C'è infatti un documento
di troppo. In uno l'elenco dei soci è rimasto invariato, nell'altro
è scomparsa Romafides. Insomma, trattandosi di Gea, si potrebbe
parlare a ragion veduta di un conflitto di interessi tra documenti.
Non si sa bene come finirà questa sorta di gioco delle tre tavolette:
tra le ipotesi più verosimili ci sono l'ingresso di Giuseppe De Mita,
figlio di Ciriaco e attuale direttore generale, che diventerebbe anche
socio a tutti gli effetti.