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L’ombra del KGB
Tratto da “Ultima missione” del Gladiatore G-71 Antonino Arconte
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"Chi dava gli ordini al comandante di Gladio era Aldo Moro, ed è stato ammazzato, ma pochi mesi prima di farlo hanno destituito il nostro generale Miceli. Solo una coincidenza? E a noi, una volta entrati in possesso dei nostri codici, proprio in quel periodo ci mandavano in giro in missioni senza senso, solo per farci ammazzare, per eliminarci. Hanno detto che le Brigate Rosse sono state manovrate dalla Cia che non voleva il compromesso storico, tutte cazzate. Aldo Moro sì era già messo d'accordo con Enrico Berlinguer, brava persona, che ho votato più volte perché era più liberale degli altri. Ora, è risaputo che il giorno del rapimento, Moro avrebbe annunciato in Parlamento il nuovo governo con l'appoggio dei comunisti, ma a sua volta Berlinguer avrebbe dovuto annunciare lo strappo dall'Unione Sovietica e dal comunismo internazionale. 

Questi erano gli accordi che noi sapevamo e che conoscevano anche gli americani. Altro che infiltrate dalla Cia. Le Brigate Rosse erano composte sì da studenti esaltati che sinceramente credevano nella rivoluzione attraverso la lotta armata, ma nella loro struttura composta di cellule a immagine del modello sovietico, ecco, in ognuna di queste cellule c'era un referente direttamente in contatto con il Kgb, all'insaputa degli altri. Noi questo lo sapevamo.
Da Mosca hanno voluto interrompere l'accordo Moro-Berlinguer, ma quest'ultimo, che da buon Sardo aveva la testa dura, quando ha capito come stavano cercando di fermarlo è andato avanti lo stesso e con più convinzione".

 Modulo Kennedy

“Nel maggio scorso 'suicidano' la guardia svizzera del Papa, Alois Estermann. Chi era Esterinann? Una spia della Stasi, i servizi segreti della Germania Est. La notizia è stata riportata dai giornali, ma quello che non vedono è quello che noi conosciamo subito, il cosiddetto "Modulo Kennedy", come lo chiamavano nelle scuole militari. Era una tecnica usata da sempre dal Kgb sovietico e che prese il nome proprio dal modo in cui uccisero il povero presidente americano. E' un sistema perfezionato da Beria, il capo dei Kgb al tempi di Stalin. Funziona in questo modo: la prima regola è che i morti non parlano, ora, se devo ammazzare qualcuno prima devo cercare un colpevole, me lo costruisco, lo preparo e poi lo ammazzo insieme a chi volevo morto".

Secondo lei quindi il caporale Tornay sta a Estermann come Oswald sta a Kennedy?
“Esattamente, entrambi ammazzati per non risalire ai veri mandanti."
Ma perché adesso, nel 1998, si deve voler morto un ufficiale delle guardie del Papa, anche se questo era stato al servizio della Stasi?
“Come perché? Adesso è stata riaperta l'inchiesta sull'attentato al Papa. Alì Agca era la stessa cosa, "Modulo Kennedy" per coprire i mandanti sovietici. Doveva morire Agca, già in Piazza S. Pietro. Invece si è salvato e poi è stato bravo, ha fatto il matto. Ora Estermann era lì quel giorno, si vede proprio nella foto durante l'attentato. Si vede che sapeva troppo sui mandanti, dato che lavorava per loro".

Ma anche se fosse provato che l'ordine arrivò da Mosca, adesso l'Unione Sovietica non esiste più, insomma chi compierebbe oggi questi omicidi?
“E' ovvio che la Russia di adesso non c'entri niente. Viva Yeltsin, ma è chiaro che quando crolla un regime durato settanta anni, quanto è durato quello sovietico, all'interno dell'apparato statale rimangono quelli che lo hanno servito”
Chi è implicato con l'attentato al Papa non è necessariamente scomparso, magari qualcuno dì loro oggi fa il liberale. Attentare al Papa non era un'azione di guerra, ma un crimine. Chi lo ha compiuto ha interesse a coprirlo per sempre".
Torniamo alla sua storia, dal suo racconto voi gladiatori venivate impiegati fuori dall'Italia. Insomma una storia diversa da quella che invece si sospettava al momento della scoperta dell'esistenza di Gladio...

"Mai avuto a che fare con cose interne, sempre missioni all'estero. Sono stato in tutto il Nord Africa, in Sud Africa, in Russia e altri Paesi oltre cortina, in Viet Nam. Per tutte queste missioni, che per i particolari rinvio al sito internet, usavo la copertura di ufficiale di Marina mercantile. Venivo imbarcato su navi dirette ai porti dove poi svolgevo le missioni. Si trattava per lo più di addestrare milizie di combattenti, ribelli che si opponevano ai regimi filo sovietici, di dare e recuperare informazioni, di aiutare alla fuga i dissidenti.

"Così ho fatto in Angola durante e dopo la rivoluzione dei garofani, quando alla caduta delle ultime colonie portoghesi quel Paese diventò facile preda dei cubani mandati da Mosca. Oppure in Sud Africa, quando fui mandato per portare via Steven Biko, del quale voleva sbarazzarsi non solo il regime dell'apartheid, ma anche i sovietici perché lui voleva far tagliare all'Anc i rapporti con Mosca, dal momento che questa flirtava con il governo razzista sudafricano. Purtroppo Biko non volle fuggire. Morì pochi giorni dopo che avevo tentato inutilmente di portarlo con me".

Ma chi decideva queste operazioni? “Il comando".
Cioè Vito Miceli?
“Fino a quando Miceli è stato il numero uno, poi c'è stato Gian Adelio Maletti che poi è stato condannato a 14 anni e ora vive in Sud Africa. Loro rispondevano al governo italiano. Miceli a Moro, Maletti a chi venne dopo di lui. Il nostro era un servizio svolto all'interno della Nato durante la Guerra Fredda. Dei risvolti interni, della strategia della tensioni, di tutte queste cose io non sapevo nulla.
"Quando leggevo certe cose nei giornali pensavo che scherzassero, poi quando sono arrivati gli arresti allora ho capito che facevano sul serio. Ma io non ho mai operato in Italia. Noi eravamo militari e anche fanatici, nel senso che per noi l'Italia rappresentava un feticcio, non avremmo mai potuto fare stragi contro la nostra gente, contro nessuna popolazione civile perché noi eravamo militari, non terroristi e ubbidivamo ad un codice d'onore. Sono stati altri a fare certe cose. Come ad Ustica e alla stazione di Bologna".

 L’operazione Maltese
Un’estate bollente

“L’11 giugno inizia la mattanza degli esuli libici presenti in Italia. Il 27 giugno viene abbattuto sul cielo di Ustica il DC9 Itavia, partito da Bologna per Palermo con due ore di ritardo, mentre è seguito ad una distanza pari a meno di dieci minuti di volo da un Boeing 707 della Air Malta (volo KM153). Il 10 luglio vengono sequestrati dalla Libia due pescherecci italiani con 19 marinai a bordo (verranno rilasciati due anni dopo). Il 18 luglio viene ritrovato un Mig 23 libico sui monti della Sila, era stato abbattuto il 27 giugno da due gladiatori delle Frecce Tricolori, Mario Naldini e Ivo Nutarelli (I Centuria Aquile), poi morti nel 1988 durante una esibizione in Germania, a Ramstein, in un incidente che causò la morte di oltre 80 persone.

Il 2 agosto prende posizione, sui banchi di Medina, la nave da ricerche petrolifere dell'Eni Saipem, a dimostrazione, soprattutto ad uso interno maltese,della giustezza della politica filo-italiana di Mintoff contro l'area politica filo libica molto forte nell'isola. Sempre il 2 agosto l'on. Zamberletti per conto del governo italiano firma il protocollo d'intesa relativo al trattato che esclude la Libia dal controllo dell'isola. Lo stesso giorno salta la stazione di Bologna. Il 6 agosto  una parte dell'esercito libico si ribella e tenta un colpo di stato contro Gheddafi. I congiurati saranno sconfitti dall'intervento di unità militari della Germania Orientale (guidate dagli uomini del Kgb), che salvano il colonnello Gheddafi. Di questo colpo di stato Gheddafi accuserà l'Italia, arrestando tre imprenditori italiani ritenuti fiancheggiatori degli insorti (III Centuria –“Colombe”, verranno rilasciati dopo sei anni). Il 24 agosto una nave da guerra libica intima, con la minaccia di prenderla a cannonate, alla nave italiana Saipem-2 di interrompere le ricerche petrolifere sui banchi di Medina ed andarsene. Si sfiora la battaglia fra le navi italiane intervenute a difesa della Saipem e le navi libiche. Gli aerei F104 di Trapani Birgi pattugliano il cielo di Malta. Il 2 settembre l'Italia si impegna a garantire l'integrità territoriale di Malta e il giorno dopo il premier maltese vola a Roma per approfondire l'intesa.

Il 9 settembre si ratifica l'accordo fra Italia e Malta, che prevede fra l'altro L’esclusione delle  navi americane e sovietiche dai porti dell"isola".
Dopo aver elencato questi episodi, Arconte ci mostra una e-mail da lui ricevuta in tedesco e poi tradotta in inglese, del 23 marzo 1998, che recita: «Mi chiamo Alexej Pavlov, ex colonnello del Kgb. Ero di base alla stazione radar di Tripoli negli anni Ottanta. Ho letto 'The Real History of Gladio'... so che è tutto vero, soprattutto l'Affare Maltese. Dovrei dire chi mi ha ordinato di accusare gli Stati di quel l'abbattimento, ma adesso non posso, mi sento in pericolo. Potrò parlare solo se riuscirò ad ottenere asilo politico negli Usa. Spero che anche tu riesca a salvarti la vita. Buona fortuna, mio ex nemico. Alexej Pavlov».
La pista libica per la strage di Ustica è stata sicuramente battuta, il mig libico trovato nella Sila non può essere ignorato. Ma è possibile che anche dietro la strage di Bologna ci sia stato Gheddafi? E se voi di Gladio lo sospettavate, perché il governo italiano non ha reagito?

"Nessuno voleva la guerra con la Libia. E poi, come ho detto, in Italia c'era e c’è una forte lobby pro Libia che lavorò e lavora a favore della normalizzazione dei rapporti. Quelli che sono finiti in carcere per la strage di Bologna, i neofascisti Fioravanti e Mambro, non c'entravano nulla, sono stati soltanto un comodo capro espiatorio".
Non sappiamo quanto forte sia la supposta lobby libica" in Italia di cui parla Arconte, vale però la pena di ricordare che proprio due settimane fa il governo Prodi ha ulteriormente avvicinato l'Italia alla normalizzazione dei rapporti con la Libia , firmando un documento d'intesa che rompe in Occidente la cortina di isolamento costruita intorno al regime di Gheddafi.
I fatti dell'estate del 1980 portano G71 a formulare un teorema: dietro la strage di Bologna potrebbe esserci la mano del dittatore di Tripoli. Il governo italiano, così come la magistratura inquirente, hanno mai considerato lo stesso teorema? Hanno mai esplorato la pista indicata nell’”Affare Maltese"? E se non lo hanno fatto, perché? Esisterebbero ancora, a distanza di quasi vent'anni, gli elementi per aprire una indagine verso questa direzione?

Alla fine della sua storia a G71, alias Antonino Arconte nato a Oristano, chiediamo: ammettendo che l'Italia sia veramente in mano al 'nemico' come dice lei, tornando in Sardegna non ha paura per l'incolumità sua e della sua famiglia?
«Ho rivelato tutto quello che sapevo. Adesso uccidermi non avrebbe senso, significherebbe dimostrare che quel che ho denunciato è vero. Dal 1993 ho smesso di subire attentati. lo ho compiuto la mia ultima missione. Ho vinto la mia battaglia»  

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