Cancro: la rivoluzione
scientifica e il cambio di paradigma
Marcello Pamio – 16
settembre 2016
A
livello globale sta succedendo qualcosa di molto particolare: le più importanti
riviste scientifiche accreditate (quelle col più alto Impact Factor, fattore
d’impatto), stanno pubblicando studi e ricerche che minano alla base l’attuale
paradigma.
La verità come si sa è figlia del tempo e stiamo assistendo ad un grande,
strutturale e dirompente cambiamento scientifico. Il vecchio verrà spazzato via
dal nuovo, che ci piaccia o no.
Gli accanimenti vergognosi che si stanno scatenando su tutti quei medici che in
Scienza e Coscienza seguono le volontà dei propri assistiti e tralasciano i
diktat delle industrie del farmaco vengono sistematicamente tacciati di
ciarlataneria e pesantemente minacciati; gli attacchi mediatici dei media
mainstream sulle persone che decidono di intraprendere altre strade aldilà della
mortiferia chemio indicano esattamente questo.
Le persone stanno prendendo sempre più coscienza su vari fronti: i rischi delle
vaccinazioni pediatriche, i grossissimi pericoli di chemio e radio, l’importanza
di uno stile di vita sano in primis l’alimentazione, e questo sta facendo
tremare il terreno sotto i piedi dell’Industria della malattia, che non guadagna
se le persone rimangono sane!
Ricordiamo sempre che il pericolo più grande per il Sistema è il risveglio delle
coscienze.
Gli studi qui sotto elencati rappresentano solo una piccolissima parte della mole di lavoro che è stata pubblicata ufficialmente.
Contributo della
chemioterapia alla sopravvivenza a 5 anni
Clinical
Oncology, dicembre 2004
Nel 2004 una
delle più prestigiose riviste di oncologia del mondo, Clinical Oncology pubblica
a firma di Grame Morgan (professore di radiologia al Royal North Shore Hospital
di Sidney), Robyn Ward (professore oncologo dell’University of New South Wales)
e Michael Barton (radiologo e membro del Collaboration for Cancer Outcome
Research and Evaluation del Liverpool Health Service d Sidney), un imponente
studio osservazionale della durata di ben 14 anni su 227.874 pazienti (72.903
australiani e 154.971 americani) sui 22 tipi di tumori più diffusi.
Il titolo è il “Contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza
a 5 anni dei tumori in adulti”.
Quando i dati erano incerti gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso
i benefici della chemioterapia. Nonostante questo lo studio ha concluso che la
chemioterapia non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza (Australia 2,3%,
Stati Uniti 2,1%).
“Molti
medici continuano a pensare ottimisticamente che la chemioterapia citotossica
possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro”,
scrivono
nell’introduzione gli autori.
“In realtà
-
continua il professor Grame Morgan - malgrado l’uso di nuove e costosissime
combinazioni di cocktails chimici… non c’è stato alcun beneficio nell’uso di
nuovi protocolli”.
La
domanda che sorgere spontanea è: se la chemioterapia citotossica contribuisce
nella sopravvivenza a 5 anni per un misero 2%, cos’è accaduto al rimanente 98%
delle persone? Sono morti prematuramente? Sono morti per cancro o per la chemio?
Stimare la
sovradiagnosi di tumore al seno negli screening
British Medical
Journal, 9 luglio 2009
Il BJM pubblica
una revisione sistematica a firma di Peter Gøtzsche il direttore del Cochrane
Center di Copenhagen sullo screening mammografico.
Lo scopo era quello di stimare l’entità delle diagnosi di tumori innocui (in
situ) che non provocano non solo la morte del paziente ma che non danno alcun
sintomo, nei programmi di screening di massa.
La meta-analisi che ha revisionato i dati di Regno Unito, Canada, Australia,
Svezia e Norvegia, ha stimato una sovradiagnosi del 52%.
Quindi la conclusione dei ricercatori è che “l'aumento di incidenza di cancro
al seno è strettamente connessa con l'introduzione degli screening”.
Della serie: più screening facciamo e più tumori trovano.
Ma di quali tumori stiamo parlando? Piccoli tumori in situ che non creano nessun
problema alla salute, possono rimanere nel seno per tutta la vita o addirittura
venir riassorbiti, oppure si tratta di un cancro pericoloso? La diagnosi precoce
non fa alcuna distinzione.
Per fortuna “1 su 3 dei tumori al seno rilevati è sovradiagnosi”, cioè
non rappresenta un problema per la salute…
I
trattamenti chemioterapici nel cancro alla prostata inducono chemio-resistenza
Nature, 5 agosto 2012
La rivista con uno dei più alti Impact Factor (Fattore di impatto) al mondo
pubblica uno studio dal titolo: “Treatment-induced damage to the tumor
microenvironment promotes prostate cancer therapy resistance through WNT16B”
.
Questo studio evidenzia che la chemioterapia usata per combattere il cancro in
realtà può stimolare nelle cellule sane circostanti la secrezione di una
proteina (WNT16B) che sostiene la crescita e rende 'immune' il tumore a
ulteriori trattamenti.
Analizzando gli effetti di un tipo di chemioterapia su tessuti raccolti da
pazienti affetti da tumore alla prostata, sono state scoperte "evidenti danni
nel Dna" nelle cellule sane intorno all'area colpita dal cancro. Queste ultime
producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la
sopravvivenza delle cellule tumorali.
La scoperta che "l'aumento della WNT16B...interagisce con le vicine cellule
tumorali facendole crescere, propagare e, più importante di tutto, resistere ai
successivi trattamenti anti-tumorali...era del tutto inattesa", ha spiegato
il co-autore della ricerca Peter Nelson del Fred Hutchinson Cancer Research
Center di Seattle nello stato di Washington.
"I nostri risultati - hanno spiegato i ricercatori - indicano che il
danno nelle cellule benigne può direttamente contribuire a rafforzare la
crescita 'cinetica' del cancro", e questo ha trovato conferma anche nei
tumori al seno e alle ovaie.
In pratica questo studio dimostra che la chemioterapia è in grado di “rafforzare
la crescita del cancro”.
La mammografia non
salva la vita
British Medical
Journal, 11 febbraio 2014
Il BJM pubblica
uno studio canadese eseguito su 90.000 donne durato 25 anni per verificare se la
mammografia è in grado di salvare vite umane.
Questo studio afferma innanzitutto che “la mammografia non salva la vita”,
e che “almeno per 1 paziente su 5 la diagnosi di tumore è sbagliata”.
La diagnosi precoce, cioè la mammografia, al contrario di quello che si
aspettavano i medici, al confronto della semplice palpazione, non riduce la
mortalità, anzi porterebbe a sovrastimare e quindi a sovradiagnosticare
spingendo a cure invasive e tossiche assolutamente non necessarie.
Metà della ricerca
medica è falsa!
The Lancet, 11
aprile 2015
"Gran parte
della letteratura scientifica, forse la metà, potrebbe essere semplicemente
falsa. Le problematiche sono molteplici: studi con campioni di piccole
dimensioni, effetti molto piccoli, analisi esplorative non valide e palesi
conflitti di interesse, insieme a un'ossessione per il perseguimento di tendenze
(mode) di dubbia importanza. La scienza ha preso una piega verso il buio”.
Così scrive Richard Horton, caporedattore del Lancet.
Il dottor Horton ha recentemente dichiarato che moltissime delle ricerche
pubblicate sono, nella migliore delle ipotesi, inaffidabili, se non
completamente false.
Quindi le cosiddette riviste mediche credibili stanno sempre più perdendo
credibilità agli occhi degli esperti, e perfino dei collaboratori delle riviste
stesse.
La colpa è di molti attori in gioco: da una parte i redattori delle riviste che
aiutano ed incoraggiano i peggiori comportamenti, dall’altra c’è una enorme
quantità di ricerca spazzatura che fa comodo alle lobbies per sostenere le
teorie ufficiali e andare contro al nuovo che si sta facendo breccia nella
scienza.
Errori medici la
terza causa di morte negli Stati Uniti d’America
Medical
Journal, 16 maggio 2016
Un recentissimo
studio pubblicato dal British Medical Journal ha dell’incredibile: l’errore
medico non è incluso nei certificati medici e nelle statistiche riguardanti le
cause di morte.
Un report del 2004 riguardante i decessi di pazienti ricoverati negli ospedali
riferita alla popolazione con assistenza sanitaria stimò che 575.000 decessi
sono stati causati da errori medici tra il 2000 e il 2002.
Se tale media venisse applicata a tutte le ammissioni registrate negli ospedali
statunitensi nel 2013 il numero delle morti diventerebbe più di 400.000
all’anno!
Questo studio dimostra che le morti per cause iatrogene sono molto sottostimate
e quindi gli errori medici sono una delle prime tre cause di morte (le altre
sono cancro, malattie cardiovascolari) a livello mondiale.
Dal 50 al 90% dei
tumori alla tiroide sono sovradiagnosi
New England Journal of Medicine, 18 agosto 2016
Una ricerca sul
cancro alla tiroide arriva dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro
(Iarc) di Lione e dall’Istituto Nazionale Tumori CRO di Aviano.
Lo studio - assai poco pubblicizzato - è stato pubblicato sul NEJM.
La diagnosi di tumori alla tiroide negli ultimi 20 anni ha visto una impennata
del 200%, ma - precisano gli esperti che hanno firmato lo studio – non si tratta
di una epidemia.
I casi sono in crescita ma si tratta di sovradiagnosi.
Una quota elevatissima che varia tra il 50 e il 90% è infatti sovradiagnosi!
Si tratta di carcinomi in situ del tutto innocui che non creano nessun problema
alla salute e soprattutto non vanno assolutamente curati, non necessitano di
alcun trattamento.
Gli studiosi hanno usato nella loro analisi i dati dei registri tumori di 12
Paesi: Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia, Francia, Italia, Giappone,
Norvegia, Corea, Scozia, Svezia e Stati Uniti. «Paesi come Usa, Italia e
Francia hanno tassi maggiori di sovradiagnosi dovuti all’introduzione e
all’ampia diffusione, dagli anni Ottanta in poi, dell’ecografia - spiega
Salvatore Vaccarella, autore principale dello studio. E lo stesso è avvenuto
recentemente nella Repubblica Coreana, dove il carcinoma tiroideo è diventato il
cancro più frequente nel sesso femminile, ma nel 90% dei casi identificati tra
il 2003 e il 2007 si tratta di sovradiagnosi».
Questo studio dimostra inequivocabilmente che più esami diagnostici si eseguono
e più aumenta il numero delle diagnosi di tumore. Questo discorso non è valido
solo per la tiroide ma per qualsiasi altro organo: seno, prostata, intestino,
polmone, ecc.
Sapere questo è di vitale importanza perché la stragrande maggioranza dei casi
di diagnosi di tumore si tratta di sovradiagnosi, cioè di situazioni innocue per
la salute, ma il paziente e il medico ovviamente non lo sanno. Cosa fare allora?
La chemio uccide
oltre il 50% dei paziente entro un mese dalla cura
Lancet
Oncology, settembre 2016
Il famoso
Lancet Oncology se ne esce con uno studio estremamente interessante che lancia
un allarme sulla nocività della chemio.
Il trattamento principe del cancro è imputato di uccidere oltre il 50% dei
pazienti entro il primo mese dall’inizio della cura.
Lo studio ha preso in considerazione 23.000 donne e 10.000 uomini con carcinoma
polmonare. Di questi 9.634 sono stati sottoposti a chemio nel 2014 ed entro 30
giorni ne sono morti 1.383
L'indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti con cancro
del polmone e il 2,4% di quelli con tumore al seno sono deceduti entro un mese
dall’avvio del trattamento. Ma in alcuni ospedali il tasso di mortalità per
chemioterapia contro il carcinoma polmonare è risultato addirittura del 50,9%.
Se un
paziente muore nelle prime settimane dall’inizio della cura non è stato certo il
cancro ad ucciderlo, e se quindi non è stata la malattia è stata la “cura”…
Fine del paradigma
Secondo lo
storico e filosofo della scienza Thomas Samuel Kuhn le rivoluzioni scientifiche
segnano i diversi momenti della storia della scienza.
La prevalenza di un dato paradigma segna una fase di “scienza normale” e in
questa fase il paradigma dominante non viene mai messo in discussione.
In questa fase i protocolli e le cure ufficiali non si toccano.
Quando invece sorgono quelle che lui chiamava “anomalie” (noi le possiamo
identificarle con studi ufficiali che vanno in direzione contraria a quella
della visione odierna, e anche con l’aumento delle persone che prendono
coscienza in ambito salutistico e terapeutico) si formano delle situazioni di
crisi.
L’accumulo di queste ‘anomalie’ sfociano in una vera e propria “rivoluzione
scientifica” contraddistinta dall’adozione di un nuovo paradigma.
Tale adozione di fatto istituisce una nuova comunità scientifica, ed è forse
quello che stiamo vedendo accadere nella nostra società…