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AIDS: serve a qualcosa la conta dei CD4?
Dall'articolo di Celia Farber (Revista de medicinas complementarias. Medicina Holistica) n.38 Spagna
di Gaetano Martino e Giorgio Brancaleoni - "Liberamente" nr. 27/28 Maggio-Giugno 2000

Un "senza tetto" seduto sul marciapiede sostiene un cartello nel quale c'è scritto: "Aiutatemi. Ho l'AIDS. Ho solo 190 T4". In una riunione di gruppo di auto-aiuto la discussione girava intorno alle cellule T, come spesso accade in questi ambiti. Le persone con HIV si attaccano al loro numero di cellule T come ad una prova del loro stato di salute (più sono i T4, maggiore è la speranza di vita, si suppone). Una persona, dopo altri dettagli, racconta la sua odissea delle cellule T, recitando una vertiginosa sequenza di numeri: "Il mio ultimo conteggio era di 267, il precedente era di 340 per cui si stanno veramente abbassando, però il bello è che mi sento più bene che mai".

Un altro, dall'aspetto chiaramente salutare, alza la mano e annuncia in maniera provocatoria: "Mi resta solo una cellula T. Ma questa orfanella è veramente in gamba!". Nella stanza scoppiano le risate; una specie di sollievo di fronte al non-senso della medicina; una stanza piena di gente normale che cerca di confrontarsi con un misterioso gergo immunologico.
"Si terrorizza la gente, con questi conteggi delle cellule T". Dice Michael Ellner, uno studioso dell'AIDS di New York con qualche poco ortodossa sull'AIDS, presidente di questo gruppo di auto-aiuto, HEAL (Health Education AIDS Liason).
"Lo dico a tutti quelli che non lo sanno. Non abbiamo nessuna idea certa di quello che significa, allora perché la gente si preoccupa tanto per questo?
La maggioranza di coloro che lavorano nel campo dell'AIDS saranno estremamente in disaccordo con Ellner. Da quando l'AIDS fu riconosciuta per la prima volta come una sindrome, nel 1981, la conta dei linfociti CD4 o usualmente chiamati cellule T4 (misurate in cellule per millimetro cubo), ha giocato un ruolo centrale nell'AIDS, non solo nello schematizzare la progressione della malattia, ma anche nel determinare tutto, a partire dalla ricerca sui farmaci per il trattamento, fino alla stessa definizione di AIDS - chi ce l'ha e chi no. A questo punto seguì l'osservazione, fatta nei primi anni dell'epidemia, per la quale le persone con AIDS sembravano ammalarsi di più nella misura in cui le proprie cellule T4 diminuivano.

Con un HIV tanto misterioso - nascondendosi nelle cellule, uccidendo cellule mediante qualsiasi tipo di meccanismo sconosciuto, mutando rapidamente -, la cellula CD4, solida e quantificabile, passò ad essere al suo posto un punto di riferimento alternativo.
La si può vedere, osservare, misurarla, e la speranza era che i farmaci ad alta tecnologia avrebbero potuto reimpiantarla e curare la malattia. Tuttavia, ora i ricercatori stanno cominciando a mettere in discussione il nesso assoluto tra CD4 e l'AIDS.
Anche la maggioranza degli esperti immunologi confessano che si trovano disorientati sul ruolo esatto che le cellule CD4 avrebbero sul sistema immunitario. La ricerca ha evidenziato che alcune persone sono rimaste in buona salute per anni con un numero di linfociti molto basso. Come pure vi sono persone che nonostante siano negative all'HIV hanno mostrato una conta di cellule T sufficientemente basse per essere definite malate di AIDS. Il colmo arrivò dalla conferenza internazionale sull'AIDS a Berlino nel 1994, dove si rivelarono i risultati dello studio Concorde. Lo studio, che trattava dell'uso a lungo termine dell'AZT su persone HIV positive ma asintomatiche, concluse che, anche se l'AZT era capace di aumentare il livello delle cellule T, coloro con più cellule T nona stavano certo meglio. Verso la fine della conferenza, dopo che per quasi dieci anni la conta dei CD4 ha rappresentato l'ico valido elemento di valutazione dello stato immunologico, questo metodo fu scartato con la promessa di rimpiazzarlo con un'analisi nuova e migliore.
Paradossalmente, il CDC (Center of Desease Control) revisionò la propria definizione di AIDS verso il gennaio del 1993, includendo la conta dei CD4. In accordo con la vecchia definizione, una persona non aveva l'AIDS fino alla sua prima malattia opportunistica. Ma, in base alla nuova definizione, chiunque HIV positivo con un numero di CD4 inferiori a 200 ha l'AIDS, indipendentemente dai sintomi. Un interlocutore del CDC National AIDS, riferendosi al rapporto medico generale, spiega la logica del CDC per avere cambiato la definizione: grazie ai farmaci antivirali e altre terapie, le persone hanno vissuto per più tempo senza sviluppare infezioni. Per cui, la definizione fu ampliata nell'intento di includere tutte le persone la cui salute era minacciata dal numero delle cellule T che erano abbassate sotto un certo livello, con o senza infezioni.
Sotto pressione su perché il numero fosse precisamente 200, il portavoce del CDC Tom Skinner, disse che rifletteva il consenso di varie associazioni mediche.

Il servizio di salute pubblica degli USA, ancora oggi raccomanda che il numero dei CD4 sia osservato ogni 3-6 mesi in tutte le persone HIV positive, e molti medici ancora pensano che sia buon indicatore del declino della salute, oltre che offrire parametri per le opzioni di trattamento. Nonostante questo molte persone HIV positive stanno cominciando a fregarsene dell'esame dei CD4 come indicatore cruciale.
"Personalmente, non lo farò mai più!", dice una donna HIV positiva alla riunione di HEAL quando il discorso ritorna alla conta delle cellule T.
"Non permetterò mai più che un numero mi minacci di morte". "Ti bombardano!", si lamenta un uomo con un grido di disperazione. "Cellule T basse, devi morire - anch'io lo sento. Devo fermarmi. Mi chiedo: come sto? Stupendamente - allora non ci penso più. ma altre persone con questo dilemma diventano pazze. E per questo che si lasciano andare, e che sia quel che sia". Anche se raramente lo si ammette, nella discussione si evidenza una reale confusione su tutta la ricerca sull'AIDS.
Che significato reale ha la conta dei T4? Che cosa li fa salire e scendere? Perché le persone non si sentono né meglio né peggio, nonostante il continuo variare delle cellule T, se ciò è un buon indicatore dell'evolversi della malattia? Uno alza la mano. "Domandai al mio medico: vi è una qualche relazione tra cellule T alte, cellule T basse, malattia e salute?. Rispose che veramente non lo sapeva".

La ragione per la quale e cellule T4 arrivarono a giocare un ruolo tanto importante nell'AIDS può essere ricercata nelle prime osservazioni che si fecero sulla sindrome. Nel 1981 i ricercatori cominciarono a notare che i primi pazienti di AIDS quasi non avevano cellule T4. Più tardi, quando si scoprì l'HIV e si notò che l'HIV infettava queste cellule, si concluse che l'AIDS era fondamentalmente una malattia da deficienza di T4 causata dall'HIV. Tuttavia, oggi, i ricercatori hanno rivisto radicalmente questa approssimazione, basandosi sull'osservazione realizzata per la prima volta nel 1987 dallo scettico dell'HIV: il Dr. Peter Duesberg, il quale sosteneva che l'HIV non uccideva un numero tale di cellule da provocare una caduta immunitaria.

(...) Danny, 36 anni, ha continuato ad essere sieropositivo con valori di cellule T che continuavano a scendere, senza per questo riscontare alcun sintomo nell'arco degli ultimi dieci anni. La sua storia evidenzia la confusione e la "montagna russa" emozionale della maggioranza delle persone che si trovano a confrontarsi con la diagnosi di AIDS. "Risultai positivo al test degli anticorpi nel 1985. Agli inizi del 1991 cominciai ad avere una serie di infezioni alla gola. Perciò mi testarono le cellule T. Erano a quota 532. Quattro mesi più tardi erano 304, due mesi dopo, 428". Le cellule T di Danny continuavano a scendere. Tuttavia dopo l'operazione di estrazione delle tonsille, si mantiene asintomatico. Oggi ha 59 cellule T. "Il fatto curioso - dice - è che l'unica volta che mi ammalai fu quando ebbi tutte queste infezioni alla gola, i miei T4 erano 496. Da allora non ho più avuto alcuna malattia seria. Certamente nessuna infezione opportunistica. Le mie cellule T8, d'altra parte, sono salite fino a 2500. Se i suoi T8 salivano troppo, pensavano che era un segnale negativo, ora dicono che è positivo". Nel frattempo Danny continua a diffidare delle credenze prevalenti sulle cellule T4 basse e l'AIDS. "A causa di questo moto mass-mediatico sulle cellule T", dice, "ho qualche preoccupazione, però non credo che sia tanto importante cosa la gente possa pensare, comunque non mi importerebbe avere valori un po' più alti, semplicemente per stare dalla parte più sicura".

 
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