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11
settembre: attori contro la versione ufficiale
Maurizio
Blondet - 30/03/2006 - tratto da www.effedieffe.com
All’ultimo momento,
la CC
ha cancellato la puntata del suo talk-show di successo, chiamato «Showbiz
Tonight».
Ed Asner, un vecchio attore, oggi regista e
produttore, Sanders Hicks, scrittore ed editore avrebbero dovuto
dibattere su «quel che è
veramente successo» l’11 settembre 2001, con un senatore
della Commissione d’inchiesta sull’11 settembre.
L’anonimo senatore ha rifiutato all’ultimo minuto.
Perché Asner ed Hicks contestano apertamente la
versione ufficiale sull’attentato «islamico»; e il senatore
riteneva che «già solo replicare»
a quei due significava «dare
credito alle loro asserzioni».
Ragione del dibattito: discutere le recenti dichiarazioni
del noto attore Charlie Sheen.
Il quale, il 19 marzo scorso, intervistato dalla GCN Radio Network, ha
detto: «mi pare che la vera
teoria della cospirazione sia credere che 19 dilettanti terroristi
armati di taglierini abbiano dirottato quattro aerei e raggiunto il 75%
dei loro obbiettivi. Questo solleva un sacco di domande».
Ed ha chiesto una nuova inchiesta, veramente indipendente, su quel che
è successo l’11 settembre.
Sharon Stone |
Charlie Sheen |
Tutti i media hanno urlato contro Charlie Sheen,
gli hanno dato del complottista e del visionario, gli hanno intimato il
silenzio.
Tutto come al solito.
Ma non è facile, in USA, silenziare gli attori,
come silenziare i giornalisti.
Il 27 marzo, proprio sulla CNN, Sharon Stone ha preso le
difese di Charlie Sheen: in base al Primo Emendamento, ha detto
l’attrice, Charlie ha diritto di parlare liberamente.
Ha aggiunto che il collega si è comportato «con
coraggio», e che è essenziale, nell’attuale situazione
in USA, non farsi intimidire dalle autorità.
Sharon Stone e Charlie Sheen non sono i primi né i soli a contestare la
«verità ufficiale».
L'attore James Woods la contestò dai microfoni della Fox News già nel
2002, il 14 febbraio.
James Woods |
Susan Sarandon |
Dean Haglund (star di X-Files) ha fatto pubbliche
dichiarazioni alla radio GCN nel 2004 sostenendo che la verità sulle
Twin Towers era stata manipolata dal governo.
Susan Sarandon e Michael Moore sono apertamente critici
della versione ufficiale sul grande attentato.
L'attore Ed Begley jr. ha fatto il presentatore del DVD «Confronting
the evidence», il video finanziato da Jimmy Walter che mostra, in
immagini incontrovertibili, che i due aerei che furono lanciati contro
le Twin Tower avevano sotto la pancia un oggetto oblungo (forse
l’apparato di teleguida), e non avevano finestrini, né insegne degli
aerei-passeggeri; quanto all’aereo sul Pentagono, sul prato
antistante, a pochi minuti dall’attentato, non vi è traccia di
rottami.
Ed Begley jr |
Dean Haglund |
E, come abbiamo ricordato su questo sito,
pochi giorni fa, in un telefilm a episodi («Boston Legal»), un attore,
che impersona l’avvocato Alan Shore, ha pronunciato un'arringa di
questo tenore: «Quando la storia
delle armi di distruzione di massa risultò falsa, mi aspettavo che il
popolo americano insorgesse. Non l’ha fatto. Quando la faccenda di Abu
Ghraib saltò fuori e risultò che il nostro governo cattura delle
persone e le consegna a Paesi dove si tortura, ero sicuro che il popolo
americano si sarebbe fatto sentire. E’ rimasto muto».
«Poi è arrivata la
notizia che noi teniamo in carcere migliaia di cosiddetti sospetti
terroristi, senza processo e senza nemmeno che possano replicare ai loro
accusatori. Certo, non avremmo sopportato questo. L’abbiamo
sopportato…Torture, perquisizioni senza mandato, intercettazioni
illegali, incarcerazioni senza processo, guerra sotto falsi pretesti:
noi cittadini sopportiamo tutto questo…».
Un atto di coraggio civile che non ha eguali nella società
americana.
Perché gli attori e i registi parlano a voce alta contro la versione
ufficiale dell’11 settembre, e gli altri tacciono?
In USA, gli attori sono ricchi ed anche
economicamente autonomi, al contrario degli altri americani che, anche se sono
benestanti, sono assillati dai debiti.
E dunque tengono la testa bassa, lavorano 14 ore al giorno, e non
esprimono critiche anticonformiste che possano danneggiarli nella
carriera.
In USA, gli attori vivono in un ambiente dove l'anticonformismo - così
totalmente represso nel resto della società USA - è invece promosso.
Ma c’è di più: gli attori americani sono colti.
Più della popolazione in generale.
Non si può essere attore o attrice, in America, semplicemente avendo un
bell’aspetto.
Né si passa dal Calendario Pirelli (o dalle foto di
Playboy) e dall’analfabetismo al cinema, o almeno al grande cinema.
Non si può essere attori, là, senza aver letto, gustato e studiato
Shakespeare.
Uno dei motivi per cui il cinema anglo-americano è superiore agli altri
è appunto che nel suo tessuto profondo c’è Shakespeare, un’idea di
teatro alta, animata da «impegno» nel più alto senso politico ed
artistico; come esercizio di responsabilità civile.
Anche i docenti universitari godono in parte della
stessa autonomia economica (non possono essere licenziati con facilità),
anticonformismo, e cultura che - per quanto improbabile - li apparenta
al mondo più consapevole di Hollywood.
Non è un caso che siano due docenti della Kennedy School
di Harvard, John Mearsheimer e Stephen Walt, ad avere avuto il coraggio
di pubblicare uno studio dal titolo «La
lobby israeliana nella politica estera USA», che sta
mettendo a rumore - e rompendo il muro del silenzio - sul potere occulto
della lobby ebraica sopra il governo americano e i media.
Speriamo di poter offrire presto una traduzione di questo studio
assolutamente dirompente: sono 84 pagine, richiede tempo.
Le altre categorie sociali in America non hanno gli stessi
mezzi né la stessa autonomia: devono chinare il capo e tacere.
Per questo dobbiamo rendere omaggio ai rarissimi che osano alzare la
voce senza essere né attori né docenti.
Come il comandante Eric Haney: militare tutto d’un pezzo, è stato il
creatore della Delta Force, la celebre unità di commando
anti-terrorismo.
Tutt’altro che un pacifista.
Ecco perché si è ritirato immediatamente dopo. Siamo noi
a fomentare la guerra civile in Iraq…
La nostra credibilità è assolutamente zero, ed io dico ‘nostra’
perché noi americani, come popolo, abbiamo prestato bordone a tutto
questo».
E' da vedere fino a che punto queste voci coraggiose
potranno, infine, cambiare l'atteggiamento dell'opinione pubblica
americana, ciecamente prona alla versione ufficiale.
Per diretta esperienza so che in USA i professori universitari hanno
pochissima influenza sul vasto pubblico, confinati come sono nelle
felici bolle dei loro campus; ed anche là, come da noi, gli attori non
sono facilmente seguiti come «maitres
à penser».
Tuttavia, nel muro della menzogna si aprono delle crepe.
Maurizio
Blondet