|
La sorpresa dell'otto per mille
opere di bene, ma non solo
di Giancarlo Mola e Mario Reggio da "La Repubblica" del 27 maggio 2003
ROMA
- Il
piatto vale ben oltre un miliardo di euro. La partita si gioca a sette, ogni
anno, quando arriva il momento di presentare la dichiarazione dei redditi,
quando gli italiani decidono a chi destinare l'otto per mille del loro
imponibile: alla Chiesa cattolica? Alle altre cinque confessioni di minoranza
ammesse alla spartizione? O allo Stato? Un dubbio che non tocca la stragrande
maggioranza degli italiani, che hanno inequivocabilmente deciso di premiare la
Santa Sede. Ma che si ripropone quando si fanno i conti finali, per vedere come
e dove sono stati spesi i soldi dei contribuenti.
I numeri parlano chiaro e dicono che la Chiesa cattolica non ha rivali.
Quest'anno per la prima volta ha superato il miliardo di euro di incasso è ha
stabilito il record di preferenze: 87,17 per cento delle scelte contro l'86,58
del 2002 (anno nel quale lo Stato ha ottenuto l'11,04 per cento dei consensi e
gli altri le briciole rimanenti). «I cittadini - dice Paolo Moscarino,
direttore dell'ufficio promozione sostegno economico della Conferenza episcopale
italiana - hanno capito che non si tratta solo di una firma ma della
partecipazione consapevole alla missione della Chiesa».
La Cei ha illustrato nei giorni passati l'utilizzo della sua quota di otto per
mille, a tredici anni dall'introduzione. Analizzando le cifre si scopre così
che gli introiti, dal 1990 al 2003, si sono praticamente quintuplicati. Ma la
distribuzione nei tre compiti istituzionalmente fissati dalla legge non si è
mossa in modo omogeneo. È cresciuta notevolmente la voce «esigenze di culto e
pastorale», che va dalla catechesi nelle parrocchie all'edilizia di culto: il
fondo è passato da 38 a oltre 420 milioni di euro. Più modesto l'aumento delle
somme spese per gli interventi caritativi (da 27 a 185 milioni di euro) e di
quelle usate per il sostentamento del clero: (da 145 a 330 milioni di euro). «Sì,
solo il 18 per cento del totale finisce direttamente in progetti umanitari»,
spiega ancora Moscarino. «Attenti però a non fare semplificazioni: la carità
cammina sulle gambe degli uomini, che la Chiesa deve formare e sostenere, anche
economicamente».
Ma è il meccanismo di attribuzione a far discutere. Soprattutto per quel che
riguarda l'otto per mille di chi hanno scelto di non scegliere, lasciando in
bianco la casella della dichiarazione dei redditi. Si tratta della maggioranza
delle persone che pagano le tasse. In cifre: 22 milioni su 36 milioni di
contribuenti del '99 (che hanno determinato la spartizione dell'anno scorso).
Ebbene, il loro otto per mille è stato diviso tra tutti i pretendenti (salvo
quelli che, come i Valdesi, hanno espressamente rinunciato a questa seconda
divisione) in proporzione delle preferenze ottenute. In altre parole: l'87
per cento dell'otto per mille di chi non ha preso alcuna decisione è andato
comunque alla Chiesa cattolica, il dieci allo Stato. E così via. «Il
sistema non ci piace», dice Ignazio Barbuscia, tesoriere dell'unione delle
chiese avventiste del settimo giorno. «Avevamo proposto che quei soldi
andassero allo Stato, ma evidentemente hanno prevalso altre logiche».
Già,
lo Stato. Anche sulla gestione del suo otto per mille non mancano le polemiche.
Nel 2001 i tre quarti dei cento milioni di euro di sua competenza sono stati
distolti, con un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati. E sono stati
impiegati per finanziare la missione in Albania (con i risvolti militari che ne
conseguono). Nello stesso anno, appena 500 euro sono andati a progetti per
combattere la fame nel mondo. La denuncia arriva dai consumatori dell'Aduc, che
contro l'attuale sistema dell'otto per mille hanno lanciato una campagna che va
avanti da anni. «Non solo lo Stato costringe i cittadini a finanziare le
religioni altrui. Ma si rende protagonista di una vera beffa», spiega il
presidente Vincenzo Donvito. «Se si va a vedere infatti il dettaglio delle
spese dello Stato si scopre che, per esempio, nel 2002 un terzo dei cento
milioni di euro che i cittadini hanno dato allo Stato sono serviti per
ristrutturare beni culturali di proprietà, guarda caso, della Chiesa cattolica».